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Un'isola da paura

Vi accompagniamo nelle prime due ore di Far Cry 3

PROVATO di Umberto Moioli   —   10/10/2012

Cosa ci fa Jason Brody, ragazzotto americano t-shirt e jeans, su un'isola tropicale? Nella prima mezz'ora di Far Cry 3 si immerge tra i pesci con gli amici, salta da un aereo con il paracadute, prende il sole in spiaggia e poi viene rapito, incontra lo psicopatico Vaas, fugge dal campo dov'è tenuto prigioniero e vede il fratello morire sotto i suoi occhi con una pallottola piantata nel collo. L'inizio del gioco è positivo e setta il tono dell'opera: il classico filmato introduttivo lascia posto ad una prima scena lineare ottima come tutorial e ad introdurre la componente narrativa, insolitamente articolata per la serie e volutamente ricca di personaggi sui generis.

Un'isola da paura

Lo spunto dei (poco più che) teen-ager yankee in pericolo è talmente abusato e alcune situazioni così paradossali, che analizzando con puntiglio la trama verrebbe da pensare ad un b-movie di genere di quart'ordine, ma in realtà crea una buona amalgama con l'azione sfrenata e la libertà di movimento offerte dall'open world sviluppato da Ubisoft, diventando uno dei principali motivi d'interesse delle prime ore di gioco. Quelle testate durante un recente evento tenutosi a Milano.

In mezzo al mare

"L'isola è la protagonista". Una frase da bollare come inutilmente pretestuosa se asserita dal producer di un gioco ma che, in effetti, potrebbe rivelarsi quantomai veritiera. Dopo la prima mezz'ora interlocutoria, dopo aver imparato a salire sulle torri radio per svelare la parte di mappa sottostante e dopo aver preso confidenza con comandi e menu. Bene, dopo tutto questo Far Cry 3 lascia infatti deliziosamente liberi di far quel diavolo che ci pare. Sei lì che guidi verso la prossima missione principale, intenzionato a portare a termine qualche compito importante come ritrovare uno degli amici disperso chi lo sa dove o tenuto prigioniero, ed ecco che perdi mezz'ora a raccogliere piante e scuoiare animali per craftare medikit e oggetti vari. Cerchi un avamposto da assediare e conquistare per accrescere la tua influenza sul territorio e ti imbatti in qualche sfida, come quella che ci ha chiesto di uccidere con una pistola silenziata il maggior numero di nemici entro un dato tempo. Oppure ti diletti semplicemente nell'arte del volo planato, nella guida di un motoscafo o di una jeep per scoprire ogni segreto della frastagliata morfologia dell'arcipelago che è fin da subito visitabile senza alcun limite. Un territorio enorme e un gradito ritorno all'affascinante sfondo tropicale che a nostro avviso funziona meglio rispetto alla savana del precedente capitolo. Ci sono distributori di armi dove acquistare le nuove bocche da fuoco sbloccate, personaggi non giocanti in quantità da incontrare e una miriade di piccole icone che invogliano ad andare a indagare che misteri celano.

Un'isola da paura

La storia in tutto questo ha una funzione inattesa: di solito un buon sandbox pieno di cose da fare e uno scenario suggestivo sono sufficienti, la cornice perfetta per buttarci nella repubblica delle banane di turno o in un generico territorio di guerra. Ma quando uno scienziato appassionato di droghe ci invia in una grotta subacquea per raccogliere un fungo e nel tragitto sperimentiamo strane allucinazioni, percepiamo chiaramente l'intenzione di spingersi oltre. Alle volte in modo un po' bizzarro e stereotipato, ma oltre. Comunque le meccaniche sono solide a sufficienza da mettersi al servizio di un gameplay totalmente emergente fatto di imboscate per eliminare uno ad uno i nemici o furiose sparatorie degne del miglior Rambo. Ci sono piccole varianti sul tema come l'uso dei sassi per distrarre gli incauti - e tonti - guerriglieri, ma in generale il feeling non si discosta da quello imposto dai moderni military shooter e dobbiamo dire che funziona. Purtroppo non siamo riusciti ad ottenere arco e frecce, una moda che sta tornando e una piacevole introduzione dato che permettono un approccio ibrido tra stealth e forza bruta che si adatta meravigliosamente all'ambiente aperto di Far Cry 3.

Attento a quell'albero

Il crafting, che comporta la raccolta delle materie prime e invoglia l'esplorazione ponendo ad esempio faune diverse in diverse zone della mappa, non è l'unica componente ruolistica di Far Cry 3. La comune-villaggio che ci salva dalla furia di Vaas dopo l'apertura è infatti custode di un'antica cultura tribale che, per farla breve, tatua sul corpo di Jason simboli che donano poteri sempre maggiori. In sostanza ci sono punti esperienza da accumulare e tre alberi delle abilità sui quali investire il frutto di tanti sforzi.

Un'isola da paura

E' un escamotage per dare un senso di progressione altrimenti assente oramai ben noto non solo agli amanti dei giochi di ruolo, una meccanica con dei pro e dei contro. Da una parte è gratificante veder crescere il proprio alter ego e, ad esempio, acquisire la capacità di scivolare a terra mentre si corre per sfuggire o cogliere di sorpresa un nemico aggiunge effettivamente qualcosa. Dall'altra parte spesso i bonus, soprattutto se sono meramente statistici come punti vita extra o una maggior velocità nella ricarica dell'arma, possono voler dire poco in un contesto frenetico e immediato come quello di uno shooter in prima persona. Soprattutto in single player. Ad ogni modo queste amenità impegnano per pochi secondi e non distraggono dalle sparatorie e dall'esplorazione, che restano i cardini dell'esperienza. Le missioni principali tentano di rimettere Far Cry 3 all'interno di binari più tradizionali, chiedendo di prendere d'assalto delle strutture o infiltrarsi su enormi relitti arrugginiti. L'idea di incanalarci all'interno di momenti guidati è corretta e permette di utilizzare script complessi, ma la scelta di caricare a parte le aree in cui questi momenti si svolgono non ci convince.

Un'isola da paura

In determinati casi non si può infatti uscire da una certa zona, pena l'obbligo di rincominciare l'obiettivo, e questo impedisce ad esempio di andare a cercare un mezzo specifico o prendere l'aliante per planare sul terreno sottostante in modo da evitare gli scontri a fuoco. E' una direzione che rompe l'idea di libertà assoluta percepita girovagando per la giungla. Spezza la sospensione del dubbio e non ci piace, per quanto siano tutto sommato comprensibili i motivi per cui sia stata presa. L'altro aspetto del gameplay che non convince fino in fondo è legato alla guida. Il modello è infatti arcade e l'idea di vagare senza meta, tentando evoluzioni improbabili, funziona sempre invogliando di fatto a perdere tempo guardandosi attorno. La scelta di utilizzare solamente la visuale interna è però un limite perché, seppur immersiva, ostacola la vista e rende a tratti frustrante uscire di strada. Un'opzione per cambiare telecamera sarebbe un'aggiunta gradita.

La giungla

E' presumibile che, volendo completare la linea di missioni principali e guardandosi attorno in cerca di compiti secondari, Far Cry 3 abbia abbastanza contenuti per intrattenere qualche decina di ore. Tanto potenziale dev'essere valorizzato da un contesto interessante e ricco, un aspetto sul quale ci sentiamo di rassicurare: per quanto l'idea dell'arcipelago tropicale ricoperto da una fitta giungla e ritagliato da spiagge e coste rocciose non sia certo nuova, sembra che Ubisoft si sia impegnata a disegnare un ambiente ricco di punti riconoscibili.

Un'isola da paura

Ci sono villaggi sul mare, costruzioni in cima ad alti scogli e segni che mostrano il passaggio di differenti umanità in diversi periodi storici. Guardare l'orizzonte dall'alto di una torre radio resta spettacolare e affascinante anche dopo la prima volta. Anche il dettaglio e la cura per i particolari non lascia indifferenti, soprattutto quando si entra in strutture o si raggiungono specifiche location scenario delle missioni principali. La versione PC provata, a parte alcuni bug che dovranno essere risolti nelle settimane di sviluppo restanti, girava utilizzando le DirectX 11 ed è apparsa nettamente superiore alle controparti console - anch'esse presenti all'evento - sia grazie ad una quantità di particolari superiore, soprattutto dalla media e lunga distanza, sia in virtù di un miglior rendering di elementi specifici, come l'acqua del mare.

Un'isola da paura

Nel complesso lo stacco tra PC e console è notevole e non si limita unicamente a risoluzione e fluidità. In compenso un uso eccessivo del blur risulta fastidioso e purtroppo, almeno ad oggi, non può essere regolato dalle opzioni. Ci sono anche set di animazioni imprecise, soprattutto quelle degli animali, mentre in generale quelle dei personaggi umani hanno un buon disegno e reagiscono discretamente alle interazioni. Complessivamente l'impressione di aver solo scalfito la superficie di Far Cry 3 riguarda sia aspetti specifici, come il fluire della storia e la progressione del personaggio, sia più generali come l'esplorazione della mappa. Si tratta di un gioco ambizioso e ricco di opzioni, sviluppato per essere fruito ponendo costantemente scelte e possibilità. Non mancano dubbi che chiederanno un'attenta riflessione ma per questo, come al solito, ci sarà spazio e tempo in sede di recensione. In arrivo il prossimo 29 novembre su PC, PlayStation 3 e Xbox 360.

CERTEZZE

  • Mappa enorme e ricca di contenuti
  • Libertà d'azione
  • Buon impatto visivo...

DUBBI

  • ... anche se non mancano problemi tecnici
  • Andrà verificata la profondità di certi aspetti del gameplay