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Vita, morte e miracoli di... Call of Duty

Dall'incertezza degli esordi allo straordinario successo degli ultimi anni, ecco la storia di Call of Duty

RUBRICA di Tommaso Pugliese   —   23/07/2013

Forse non tutti lo ricordano, ma Call of Duty non è nato su console, bensì su PC; e le sue origini sono legate a doppio filo a un altro celebre sparatutto in prima persona: Medal of Honor. Prodotto da Electronic Arts, MOH aveva stabilito nuovi standard per il genere, offrendo un'esperienza entusiasmante e spettacolare, specie con l'episodio uscito nel 2002, Allied Assault.

Vita, morte e miracoli di... Call of Duty

Accolto in modo molto favorevole dalla critica (con un Metascore di 91), il gioco viene sviluppato da un team chiamato 2015, i cui membri fondatori sono Vince Zampella e Grant Collier. Zampella e Collier, insieme a Jason West e a tutti e ventidue i componenti di 2015, decidono di mettere insieme una squadra tutta nuova per lavorare sotto l'egida di Activision a un titolo destinato, a suo modo, a cambiare l'industria videoludica. Il nome scelto per il team è Infinity Ward, e il resto della storia è noto. Activision acquista subito il 30% dell'azienda per consentirgli di lavorare in tranquillità al primo episodio di Call of Duty, la cui uscita viene fissata a ottobre 2003 (novembre in Europa) su PC. L'obiettivo di Zampella e della sua squadra è semplice: prendere la straordinaria esperienza degli sviluppatori che hanno lavorato a Medal of Honor: Allied Assault e impiegarla per la realizzazione di uno sparatutto ancora migliore, che possa dare un senso di immersione inedito per i giocatori e riprodurre alcuni momenti chiave della seconda guerra mondiale come mai fatto prima. Per raggiungere tale proposito, i ragazzi di Infinity Ward lavorano duramente all'intelligenza artificiale, creando dinamiche oggi ben note che portano i compagni di quadra del nostro personaggio a guidarci in battaglia, supportandone le azioni e rivelandosi fondamentali per sopravvivere durante i numerosi scontri a fuoco. Il punto è raccontare una storia forte e coinvolgente, composta da tre trame che si intrecciano, collocandola in uno scenario plausibile. I soldati e i veicoli sullo schermo si moltiplicano, sfruttando le migliori tecnologie dell'epoca (nello specifico una versione pesantemente modificata del motore grafico id Tech 3) per conferire a Call of Duty un impatto visivo straordinario. Le tre campagne che costituiscono la modalità single player vengono coadiuvate da un multiplayer online veloce e frenetico, con sei differenti modalità e ben sedici mappe, disegnando il quadro di un prodotto non solo divertente e spettacolare, ma anche corposo e longevo, tanto che Activision decide di espanderlo tramite il rilascio del pacchetto Call of Duty: United Offensive, la cui realizzazione viene affidata a Gray Matter Interactive.

Il debutto su console

Sono necessari due anni a Infinity Ward per mettere a punto il secondo episodio di Call of Duty, ma chiaramente Activision non può permettersi di aspettare tutto questo tempo per dare in pasto agli utenti console un capitolo della serie. È per questo che lo sviluppo dello spin-off Call of Duty: Finest Hour (novembre-dicembre 2004) viene affidato a Spark Unlimited, il team autore dei mediocri Turning Point: Fall of Liberty e Legendary, attualmente al lavoro su Lost Planet 3 e Yaiba: Ninja Gaiden Z.

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Il gioco esce su PlayStation 2, Xbox e GameCube, riutilizzando l'espediente dalla campagna in single player ambientata su più fronti: quello russo, quello britannico e quello americano. Per la prima volta nella serie vestiamo i panni di una ragazza, Tanya Pavelovna, ma ciò chiaramente non basta agli sviluppatori per rendere l'esperienza originale e, soprattutto, all'altezza delle aspettative dei possessori di console, che speravano di poter mettere mano su di un prodotto simile a quello che aveva segnato il debutto del franchise su PC, e si trovano invece di fronte a un gioco che si muove fra alti e bassi, sia per quanto concerne il gameplay che il comparto tecnico. Le recensioni internazionali sono contrastanti e confermano di fatto una situazione non proprio idilliaca, ma ci troviamo alla fine di una generazione di console e il futuro promette grandi cose. L'uscita di Call of Duty 2, nel novembre del 2005, avviene infatti su PC e Xbox 360, la neonata home console Microsoft, segnando l'inizio della collaborazione fra Activision e la casa di Redmond, collaborazione che ancora oggi determina l'uscita anticipata dei DLC su Xbox LIVE. Si tratta di un battesimo del fuoco per Infinity Ward, che si trova a lavorare per la prima volta con un nuovo hardware e decide di introdurre elementi che verranno poi adottati anche da altri FPS, come ad esempio l'energia vitale che si rigenera automaticamente, oppure i nemici colpiti che cercano di spararci da terra con la loro pistola (cosa che ha ispirato successivamente la creazione del perk "Last Stand"), o ancora la presenza di nemici virtualmente infiniti in determinati punti, fattore che richiede il raggiungimento di un nuovo checkpoint perché lo script prosegua. Anche nel caso di Call of Duty 2 la campagna in single player ci vede vestire i panni di personaggi differenti: il soldato russo Vasili IVanovich Koslov, il sergente inglese John Davis e il caporale americano Bill Taylor, che si trovano a combattere nella battaglia di Stalingrado, a El Alamein e nel mezzo del drammatico sbarco in Normandia. Fra i punti di forza del gioco spicca senza dubbio il comparto tecnico, di nuova generazione rispetto al primo episodio grazie all'uso dell'engine IW 2.0, nuova elaborazione dell'id Tech 3 che consente a Infinity Ward di implementare effetti come il normal mapping, il bloom, la gestione unificata delle ombre e una resa del fumo molto più convincente rispetto al passato, feature che ben si sposa con la possibilità di lanciare granate. Sul fronte del multiplayer, il gioco conferma le straordinarie potenzialità accennate dal primo episodio, soprattutto in ambito console, catturando l'attenzione dei possessori di Xbox 360 per qualcosa come due anni.

Arriva Treyarch

Archiviata l'esperienza con Spark Unlimited, Activision desidera supportare ancora le console appartenenti alla vecchia generazione, approfittando della loro abbondante base installata. Decide così di commissionare la realizzazione di un secondo spin-off a Grey Matter Interactive, il team autore dell'espansione United Offensive per l'originale Call of Duty. Quello stesso anno, poco prima della chiusura dei lavori, gli sviluppatori di Grey Matter vengono assorbiti da Treyarch, un team di proprietà del publisher.

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L'acquisizione non intralcia lo sviluppo di Call of Duty 2: Big Red One, che arriva nei negozi praticamente in contemporanea con Call of Duty 2 ma si distingue ancora oggi come l'unico capitolo della saga a non utilizzare l'espediente dei personaggi multipli, mettendoci bensì al comando di un unico soldato, l'americano Roland Roger, impegnato nelle campagne in Africa ed Europa. La convinzione che Big Red One fosse la riduzione per piattaforme "old gen" dell'episodio per PC e Xbox 360, così come la contemporaneità nelle uscite, contribuisce senz'altro a creare aspettative che difficilmente potevano essere soddisfatte; e così anche questo secondo spin-off, pur di buona qualità, riceve recensioni contrastanti. Ciò però non ferma la corsa di Treyarch, che di fatto porta avanti due progetti paralleli: Call of Duty 2: Big Red One e Call of Duty 3, quest'ultimo appartenente alla serie "regolare" e dunque un importante banco di prova per il team. L'uscita del gioco avviene nel novembre del 2006 su piattaforme di vecchia e nuova generazione: PlayStation 2, Xbox, PlayStation 3, Xbox 360 e Wii, con quest'ultima versione che introduce per la prima volta i comandi a rilevazione di movimento in un first person shooter grazie al connubio Wii-mote / Nunchuk. L'ambientazione è sempre quella della seconda guerra mondiale e torna la campagna organizzata su fronti multipli: americano, britannico, canadese e polacco. È però il comparto online a introdurre le novità più interessanti, in primis l'aumento del numero di partecipanti a ben ventiquattro giocatori, in secondo luogo la presenza di classi che caratterizzano il nostro equipaggiamento in battaglia: una feature tanto indovinata che verrà mantenuta negli episodi successivi.

Guerra moderna

L'uscita del mediocre Call of Duty: Roads to Victory per PSP, a marzo 2007, segna il debutto della serie Activision sulle console portatili, non particolarmente fortunato per via dei limiti tecnici degli handheld, peraltro privi del doppio stick analogico e dunque forieri di layout strambi e sacrificati, in cui bisogna utilizzare la pulsantiera digitale per ovviare a tale mancanza. A novembre, però, Infinity Ward fa il proprio ritorno in grande stile con Call of Duty 4: Modern Warfare, che rappresenta una vera e propria rivoluzione per il franchise. Eliminata l'ambientazione della seconda guerra mondiale, ormai decisamente inflazionata, si passa a uno scenario moderno fantapolitico che vede la Russia, controllata da un gruppo di ultranazionalisti instauratosi dopo una sanguinosa guerra civile, muovere guerra agli Stati Uniti e al Regno Unito.

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Sono ben sei i personaggi che controlliamo in Modern Warfare, anche se spesso questa alternanza viene utilizzata per meri fini narrativi, come quando vestiamo i panni del presidente Yasir Al-Fulani negli istanti che precedono la sua esecuzione. Si tratta di un segno distintivo per il nuovo corso inaugurato da Infinity Ward, che interpreta in questo modo l'esigenza di mettere il giocatore spesso e volentieri in situazioni "scomode", di fargli vedere alcune sequenze con gli occhi della vittima di turno. Anche in questo episodio si punta forte sul comparto online, che acquista un'importanza sempre maggiore a discapito della campagna in single player, che di contro diventa molto più breve pur conservando un alto grado di spettacolarità e coinvolgimento. Le modalità multiplayer ripropongono una formula collaudata ma la arricchiscono di nuovi, interessanti elementi, come il sistema di crescita in stile RPG che ci consente di sbloccare man mano nuove armi e nuovi accessori, conferendo alle partite una valenza differente rispetto al passato e donando all'online una struttura straordinariamente corposa, anche grazie alla presenza di tre differenti categorie di perk da sperimentare. Il multiplayer di Call of Duty 4: Modern Warfare consacra il prodotto Activision nell'olimpo dei titoli più giocati online, in particolare su Xbox 360, ponendosi come una vera e propria killer application per l'acquisto degli abbonamenti LIVE Gold. Due anni dopo, nel novembre 2009, Call of Duty: Modern Warfare 2 regala agli appassionati di FPS l'ultimo contributo dei creatori della serie, l'Infinity Ward di Zampella e West, con un episodio che parte dalla solidissima base del primo MW e ne esaspera alcuni tratti, specie sul fronte narrativo. Ad esempio ha fatto discutere molto la presenza della missione "No Russian", in cui ci si trova a controllare un agente speciale sotto copertura che deve fingere di lavorare per un gruppo di terroristi e si trova dunque a sparare ai civili durante un assalto in aeroporto. La campagna in single player, breve anche se molto intensa, viene coadiuvata dalla modalità Spec Ops, con ventitré missioni affrontabili da soli o insieme a un compagno in co-op, e da un comparto multiplayer ulteriormente arricchito di perk e personalizzazioni.

Dagli esordi su PC al dominio su console, Call of Duty ha scritto la storia degli FPS bellici

Dalla guerra mondiale alle missioni segrete

Activision ormai ha deciso di alternare Infinity Ward e Treyarch nello sviluppo degli episodi di Call of Duty, e allo stesso modo arriva il momento di caratterizzare il franchise con delle "serie" parallele, come sono appunto Modern Warfare e Black Ops. Prima di arrivare a quel punto, però, i ragazzi di Treyarch decidono di cimentarsi un'ultima volta con la seconda guerra mondiale e realizzano Call of Duty: World at War (uscito a novembre 2008, fra il primo e il secondo MW).

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L'ambientazione stupisce un po' tutti, visto che sembrava una questione chiusa, ma il gioco riesce a introdurre alcuni elementi di grande interesse, su tutti la modalità Zombi, ovvero un survival cooperativo in cui il giocatore si trova in una casa assediata dai morti viventi e deve cercare di arginarne l'avanzata bloccando le finestre e utilizzando varie armi che può man mano sbloccare. Per la campagna in single player, World at War chiama in causa le truppe americane e quelle sovietiche, catapultandoci nelle isole di Makin, Peleliu e Okinawa per poi affrontare i nazisti soprattutto in Germania, nei panni rispettivamente dei soldati Miller e Petrenko. Si tratta probabilmente dell'episodio più sanguinolento della serie, in cui per la prima volta è possibile muoversi in acqua e giocare in co-op con altre tre persone. Vengono introdotti inoltre i cani, che funzionano tramite un perk nelle modalità multiplayer e possono essere lanciati contro gli avversari. La svolta per Treyarch arriva però con Call of Duty: Black Ops. Il gioco, uscito nel novembre 2010, presenta infatti un'ambientazione inedita, quella degli anni '60, della "guerra fredda" e del Vietnam, e ci mette nei panni di una serie di personaggi differenti, fra cui il misterioso Alex Mason. La storia procede a colpi di flashback, rivelando pian piano i suoi segreti e i suoi colpi di scena fino al poderoso finale. La qualità della campagna in single player e del comparto multiplayer (che introduce gli elementi del denaro e dei "contratti" per sbloccare nuove armi e accessori) costituiscono un vero e proprio salto di qualità per Treyarch, che finalmente vede riconosciuti i propri meriti rispetto al lavoro svolto da Infinity Ward. Il sequel, Call of Duty: Black Ops II, uscito lo scorso novembre, non si limita a riproporre la medesima location, bensì sposta lo scenario nel futuro e procede ancora una volta con vari flashback, spostando il focus da Alex Mason a suo figlio David, raccontando la storia di entrambi e del cattivo di turno, Raul Menendez (doppiato in italiano nientemeno che da Giancarlo Giannini), che riesce a impadronirsi di una tecnologia militare per utilizzare i droni dell'esercito americano contro le città degli Stati Uniti.

La fine e l'inizio

Nel marzo del 2010, i membri fondatori di Infinity Ward, Vince Zampella e Jason West, vengono licenziati da Activision per inadempienza contrattuale e insubordinazione. Ancora oggi non è perfettamente chiaro cosa sia successo, probabilmente sono esplosi definitivamente alcuni malumori nei confronti della dirigenza che hanno portato all'allontanamento coatto dei due. Un evento che ha avuto delle conseguenze precise, visto che nei mesi successivi quasi cinquanta sviluppatori del team abbandonano per seguire Zampella e West nel nuovo progetto di Respawn Entertainment, che come abbiamo visto si sta occupando della realizzazione di Titanfall per Electronic Arts.

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Infinity Ward viene così "rifondata" e messa al lavoro su Call of Duty: Modern Warfare 3 insieme ad altri due team di sviluppo: Sledgehammer Games e Raven Software. Il gioco viene pubblicato nel novembre del 2011 e riprende alcuni dei più celebri personaggi della saga, come il capitano Price e John "Soap" MacTavish, insieme a nuovi innesti. Il risultato finale va ben oltre quelle che erano le aspettative: evidentemente la struttura produttiva di Call of Duty è ormai così ben radicata che anche un improvviso cambio al vertice non risulta traumatico, anzi può essere foriero di interessanti novità. E le novità in MW3 sono tante, sia dal punto di vista della campagna in single player che da quello del comparto multiplayer, mai così ricco e coinvolgente. La rifondazione di Infinity Ward, ormai completata, avviene in concomitanza con l'arrivo delle console next gen, e così il team, ora orfano anche di Robert Bowling, decide di abbandonare la serie Modern Warfare e di realizzare qualcosa di completamente nuovo, ovvero Call of Duty: Ghosts. In uscita il prossimo novembre, il nuovo capitolo del franchise promette un alto grado di innovazione, con il coinvolgimento dei cani nell'azione e tante ulteriori sfaccettature. Ci troveremo di fronte a un balzo qualitativo come quello di Call of Duty 2 nel 2005? Difficile dirlo, anche perché nel frattempo il principale competitor, Battlefield 4, sembra aver imboccato una netta corsia di sorpasso grazie non solo a un engine ancora più potente, capace di rappresentare la distruzione ambientale in modo incredibilmente realistico, ma anche all'adozione dei tanto bramati sessanta frame al secondo, che dunque smettono di essere una prerogativa del solo Call of Duty. Certo, quello che avverrà a novembre potrebbe essere solo il primo round di una battaglia che Activision potrebbe continuare a dominare, sul fronte delle vendite, visto che non è dato sapere a cosa stiano lavorando attualmente i ragazzi di Treyarch...