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Lo sparatutto multigiocatore che vorremmo

Lo sparatutto multiplayer ideale è un'evoluzione di quanto presente sul mercato o un ritorno alle origini del genere?

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   17/02/2014
Unreal Tournament 2004, capolavoro del genere degli sparatutto online
Unreal Tournament 2004, capolavoro del genere degli sparatutto online

Gli sparatutto in prima persona multiplayer nascono con il genere stesso. Anzi, volendo essere più precisi nascono prima degli sparatutto in prima persona single player. Maze War, sviluppato negli anni 70 e mai arrivato al grande pubblico, metteva a confronto due giocatori dentro labirinti minimali inquadrati in prima persona. Ovviamente non possiamo prendere quell'epoca come punto di riferimento per il nostro sparatutto multiplayer ideale, ma l'informazione che tra i primi videogiochi figurava un FPS per due giocatori dovrebbe farvi capire che gli anni '90 non hanno inventato molto, nonostante le credenze popolari. Insomma, il desiderio di creare competizioni virtuali vissute in soggettiva è innato al medium videoludico e non è una scoperta successiva o tardiva, come alcuni sono portati a credere. Certo, tra il desiderare e il realizzare qualcosa di accettabile passeranno degli anni, anni che porteranno a uno sviluppo tecnologico incredibile che permetterà la realizzazione di mondi tridimensionali più dettagliati e, soprattutto alla diffusione di connessioni più stabili, veloci e affidabili (in Italia non siamo ancora in questa fase, ma ci arriveremo, non disperate). Insomma, compiendo il classico salto mortale in avanti arriviamo a Doom. Anzi, ignoriamolo completamente e giungiamo a due dei titoli cardine del genere degli sparatutto multiplayer: Unreal Tournament di Epic Games e Quake III Arena di id Software.

Come vorremmo che fosse uno sparatutto multiplayer ideale? Novità a tutti i costi o ritorno al passato?

La via classica

Ovviamente sappiamo che Doom, Quake e altri sparatutto in prima persona prima di loro consentivano di giocare in multiplayer, ma furono questi i primi due titoli a tagliare del tutto (o quasi) il single player, concentrandosi completamente sulle modalità online.

Quake III Arena
Quake III Arena

Vale la pena esaminare e tenere presente quella che era la filosofia di fondo di entrambi. Nonostante le differenze, Quake III e Unreal Tournament conoscevano bene il loro pubblico ideale, formato da giocatori in cerca di competizione, capaci di viaggiare per chilometri insieme al loro PC per partecipare a qualche LAN party. Fu all'epoca che nacque il concetto di "skill", ossia l'abilità complessiva del giocatore, determinata da una serie di fattori in stretta correlazione tra loro (reattività, mira, conoscenza delle mappe, padronanza dei controlli, delle armi e così via). Non c'erano livelli da guadagnare, armi extra da sbloccare o altre caratteristiche "moderne", di cui discuteremo tra un po'. Ogni meccanica era pensata per permettere di approfondire la propria capacità, dando strumenti semplici ma efficaci per strutturare un proprio stile di gioco. Per dire, in Unreal Tournamet c'era lo scatto laterale che si eseguiva premendo due volte rapidamente uno dei tasti di strafe, mentre una doppia pressione della barra spaziatrice consentiva di eseguire un doppio salto. Sembrano due azioni semplici, ma unitele alla velocità complessiva del gameplay, alle mappe dal design fluido e senza punti morti (Face in questo senso era un capolavoro assoluto nella sua semplicità) e alla varietà dell'arsenale (rigorosamente da recuperare sulle mappe) e capirete che per fare qualche punto bisognava essere davvero bravi. Bisognava cioè anticipare le mosse dell'avversario studiandone i movimenti e cercare di attirarlo in punti della mappa a noi più favorevoli, tutto in lassi di tempi molto brevi. Ovviamente i sistemi di gioco basati sulla skill partivano da un presupposto pedagogicamente molto diverso da quello degli sparatutto moderni: dati a tutti gli stessi mezzi, l'unico modo per prevalere e ottenere qualche risultato è l'allenamento. Non era concepibile entrare in un server e pensare di accumulare punteggi stratosferici alla prima partita. Paradossalmente, pur essendo assenti punti esperienza e oggetti sbloccabili, c'era una crescita molto più forte dell'individuo come videogiocatore, perché costantemente messo alla prova e motivato a migliorare la sua tecnica. Era un po' una "Tana delle Tigri" da cui emergevano solo i migliori e i più costanti. Presto fu chiaro che il genere non poteva prosperare su un'impostazione così spietata. Sin da subito si comprese che giochi come i due citati, ma anche la prima versione di Counter Strike, respingevano l'ingresso di nuovi giocatori: un neofita che si trovava in un server pieno di persone molto allenate veniva letteralmente divorato, digerito e risputato fuori malconcio e con poca voglia di rientrare, soprattutto se non particolarmente motivato. Voler entrare in un gioco multiplayer già attivo da qualche mese significava dover faticare il triplo prima di vedere qualche risultato. Per questo con gli anni si è sviluppato un genere molto diverso di sparatutto esclusivamente online (o con un online predominante), che con i primi rappresentanti del genere ha in comune solo il punto di vista dell'azione.

Bimbo parade

Oggi, il ragazzino che acquista una copia dell'ultimo sparatutto ultra pubblicizzato e decide di giocarci anche online, non vuole imparare a giocare, ma vuole ottenere subito qualche risultato. Paradossalmente titoli come Call of Duty, o sparatutto free to play come Ghost Recon Online e Hawken (gli esempi sarebbero molti altri, ma vi bastino questi), fanno di tutto per penalizzare i giocatori capaci di usare le vecchie tattiche basate sulla velocità. Anzi, nonostante alcune pratiche un tempo considerate scorrette come il camping siano ancora oggi malviste, le meccaniche di gioco fanno di tutto per favorirle. Perché? Be', perché spesso sono l'unico modo per il ragazzino di cui sopra (non solo, ma speriamo lo si capisca) per fare qualche punto, quindi rappresentano una forma di soddisfazione immediata... e un ragazzino soddisfatto non abbandona il gioco.

Una pistola con il lock incorporato rende tutto più user friendly
Una pistola con il lock incorporato rende tutto più user friendly

Così ecco che alcuni titoli online hanno introdotto gli assalti aerei per fare punti facili, altri hanno messo nel mucchio poteri extra come l'invisibilità che avvantaggiano l'immobilismo, altri ancora offrono un sistema di punti esperienza che favorisce chi passa più tempo sui server, visto che l'esperienza si riceve a prescindere dai risultati, invece che per la qualità della prestazione. Ci sono anche fattori più subdoli usati per facilitare l'accumulo di uccisioni per i neofiti. Ad esempio infilare micro animazioni che di fatto tolgono il controllo dell'avatar al giocatore (quando ci si aggrappa a una sporgenza, tanto per fare un esempio), oppure rendere l'azione molto confusa in modo da favorire i giocatori subentranti. Scene come quelle viste in titoli del passato, con i giocatori più forti che potevano affrontare a viso aperto più avversari medi o deboli contemporaneamente, fanno parte dei ricordi (almeno nei titoli più commerciali). Basterebbe prendere in considerazione il recentissimo Titanfall per rendersi conto che l'obiettivo dei designer è diventato l'equilibrio verso il basso, raggiungibile solo andando a smussare quelle caratteristiche che permetterebbero di sviluppare una skill più pronunciata. Certo, le differenze tra giocatori molto bravi e molto deboli ci sono e si vedono, ma nella classifica finale anche alla mezza calzetta di turno spetta il suo osso e non è detto che con qualche tattica facile non riesca a collezionare un buon punteggio. Anzi, non è detto che i giocatori migliori siano quelli più "skillati": spesso sono semplicemente quelli che hanno capito più degli altri come sfruttare le lentezze introdotte (a ben vedere anche questa è una forma di skill). Non per niente in moltissimi sparatutto di nuova concezione il ruolo più gettonato è quello del cecchino, mentre gli scontri a viso aperto sono ampiamente sfavoriti.

Cosa vorremmo che non avremo mai più?

Finita l'analisi è arrivato il momento di tirare le somme. In realtà il mondo degli sparatutto online è talmente variegato che è difficile non trovare qualcosa di adatto ai propri gusti. Ci sono titoli validissimi in grado di regalare grosse soddisfazioni a chiunque, come Team Fortress 2 (la cui solidità nasce dalle sue radici), o Counter Strike: Global Offensive (guarda caso entrambi di Valve). Certo, l'approccio classico è attualmente quello più in decadimento, perché attira molto meno i nuovi giocatori. Questo è vero anche su PC, la patria del genere. Così titoli come Natural Selection 2 o Shootmania Storm arrancano nel trovare nuove leve e non riescono a fare che una frazione dei numeri di un Call of Duty a caso, o di un Battlefield, i cui ultimi due capitoli sono molto più amichevoli verso i nuovi giocatori rispetto ai primi.

Natural Selection 2 fatica a sopravvivere, nonostante le indubbie qualità
Natural Selection 2 fatica a sopravvivere, nonostante le indubbie qualità

Questo stato di crisi si riflette anche nel mondo dell'e-sport, dove gli sparatutto sono ormai stati scalzati dai MOBA. Quindi, qual è lo sparatutto online dei nostri sogni? Teoricamente uno impossibile da realizzare, pensato per premiare e sviluppare le abilità dei giocatori, spronandoli a fare sempre meglio, ma che allo stesso tempo non crei barriere d'ingresso troppo spesse per i neofiti. Uno in cui il design delle mappe ridiventi centrale sfavorendo gli appostamenti prolungati e ridando valore alla pulizia dell'azione e al confronto cavalleresco. Ci piacerebbe tornare a vedere scontri accesi nelle arene, duelli basati sulla classe dei giocatori, oppure sparatutto tattici in cui la tattica conti davvero qualcosa come avveniva nei primi Counter Strike. Vorremmo che tornasse a vincere non chi riesce ad arrivarti alle spalle, ma chi si suda ogni singolo frag. Insomma, vorremmo tornare a vedere un po' di netgaming di classe, di quello per cui il formarsi di clan per partecipare alle competizioni online era la naturale evoluzione del giocare. Vorremmo vedere meno pistole con la mira automatica, che fanno tanto "giocatore diversamente capace vieni qui che faccio 'fraggare' anche te così capisci l'effetto che fa". Insomma, ci piacerebbe un gioco che garantisca a tutti la possibilità di entrare, ma favorendo il miglioramento individuale di ognuno, non quello dell'avatar. Fa specie e mette tristezza entrare in certi giochi e trovarsi a combattere contro delle corazzate ambulanti che sono tali solo perché si sono pagate l'equipaggiamento migliore sulla piazza, mentre tu giri con una pistola a salve e semi-nudo, cosciente che la tua unica possibilità di sopravvivere è il tasto per comprare moneta virtuale e bardarti, in modo tale da non sentire il peso della carta di credito dell'avversario. Insomma, vorremmo tornare a emozionarci veramente per una partita online, per scontri in cui nessuno riesce a prevalere perché i giocatori in campo sono così abili da creare uno stallo virtuoso in cui emerge sì la capacità individuale, ma anche quella di fare gruppo.