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Come bambini perduti

Può esistere un videogioco di ruolo single player virtualmente infinito? Forse sì

PROVATO di Simone Tagliaferri   —   21/05/2014

Malevolence: The Sword of Ahkranox, gioco di ruolo in prima persona stile Dungeon Master con elementi rogue-like, inizia in una radura. Davanti a te c'è una figura incappucciata che, dopo aver pronunciato parole di senso oscuro, ti fa scegliere la classe (guerriero, paladino, mago, mercante o semplice viandante senza bonus) e ti mette di fronte a una decisione spiazzante: vuoi proseguire l'avventura partendo da dove ti trovi, magari dirigendoti verso una città a sud, o vuoi essere teletrasportato in un luogo casuale della mappa e cavartela per conto tuo? Opti per il luogo casuale per vedere l'effetto che fa e ti trovi completamente perso e senza una meta da raggiungere.

Come bambini perduti

Non che prima ti fosse chiara la missione per cui sei nato in questo mondo (qui si va sul filosofico), ma ora non hai più alcun punto di riferimento. Cominci a esplorare e trovi il primo dungeon con una certa facilità. Cosa ti aspetterà là sotto? Ma, soprattutto, perché scenderci? Vabbé, basta con le domande impegnative e datti da fare. Giri un po' e trovi un tavolino poggiato contro un muro. Lo spacchi con il coltello arrugginito che hai in dotazione. Sembra che qui non ci sia nulla, ma esaminando meglio l'area trovi un passaggio segreto. Accedi a un'altra area poco caratterizzata (qualche colonna di pietra, muri sporchi di sangue e poco altro a dargli un'identità fuori dal modulo "generic dungeon 2.0") e finalmente incontri il primo nemico. Un simpatico gargoyle! Sicuramente sarà debole e indifeso, visto che sei ancora vergine di combattimenti e... ok, ricomincia la partita. La creatura ti ha letteralmente fatto a pezzi. Il sistema di combattimento è molto semplice: basta cliccare sul nemico per usare l'arma impugnata. Volendo si può lanciare una magia, ovviamente dopo averla appresa da un libro, e si può accedere all'inventario per bere pozioni e usare gli oggi trovati. Tornato di fronte alla figura incappucciata (che rivedrai spesso, vista la difficoltà del gioco), scegli di dirigerti verso la città che ti viene consigliata di visitare. Unica indicazione per raggiungerla: si trova a sud. Come già detto, l'esplorazione viene condotta in classico stile Eye of the Beholder, con però la possibilità di orientare lo sguardo con il mouse, in modo da osservare i dintorni in ogni momento a 360 gradi. Tra gli strumenti più utili a tua disposizione nell'inventario ci sono le torce, necessarie per vedere quando scende la notte, una mappa con tre livelli di zoom, utile per segnarsi i luoghi scoperti e poterci tornare in un secondo momento.

Una nuova meta

Arrivi in città dopo un viaggio nemmeno troppo lungo e la esplori un poco alla ricerca di informazioni e missioni da compiere. Trovi gente di vario tipo, animata malissimo, che ti dice di essere a posto e che sembra quasi offesa dalle tue richieste di lavoro.

Come bambini perduti

I dialoghi si svolgono per argomenti: cliccando su un personaggio se ne può selezionare uno da un menù in altro. Ben presto scopri che parlare con la maggior parte degli indigeni è assolutamente inutile perché, a parte qualche direzione, hanno davvero poco da dirti. Anche le indicazioni servono a poco, visto che la città in cui ti trovi è così piccola che la si esplora in pochi minuti, strade e negozi compresi. Con i pochi soldi guadagnati vendendo alcuni degli oggetti che ti porti dietro decidi di comprare una corazza dal fabbro, memore delle disavventure che ti sono capitate in precedenza. In realtà il prezzo era eccessivo per le tue tasche, ma contrattando sei riuscito a farlo scendere. Di missioni da svolgere nemmeno l'ombra, purtroppo. È qui che però scopri il mitico, leggendario, stratosferico, imperdibile chiosco delle missioni cittadine! Ehi tu, eroe, ammazza qualche goblin. Oppure: ehi tu, eroe, ammazza qualche animale selvatico. Oppure: ehi tu, eroe, trova quattro erbette di campo per l'insalata. O ancora: ehi tu, idio... eroe, libera dal male la fattoria qui vicino. Insomma, tu pensavi di ritrovarci a vivere avventure epiche come ai bei vecchi tempi, ma dal punto di vista degli obiettivi da raggiungere sei finito dentro a una specie di World of Warcraft con movimenti a scacchiera. Lo sviluppatore ha promesso più quest per la versione finale, ma intanto nella beta bisogna andarsene a raccogliere oggetti e ammazzare mostri a mucchi come se non ci fosse un domani. Ovviamente anche qui niente indicazioni. Bisogna esplorare, esplorare ed esplorare, imparare a memoria la mappa e muoversi di conseguenza, magari seguendo le tracce dei nostri colleghi avventurieri (ne parleremo tra poco).

Come bambini perduti

Ora, vi starete chiedendo pallidi e assorti, ma almeno la quest principale è bella? No. Nel senso che Malevolence non fa seguire una quest principale in senso tradizionale (in fondo è sempre un rogue-like), ma richiede che si svolgano attività più tradizionali, in linea con la struttura apertissima che lo caratterizza. Di fatto la prima missione è quella descritta (raggiungere la città) e serve solo ad acclimatarsi con l'interfaccia e il sistema di gioco, quindi si procede con le quest secondarie, oppure si va dove si vuole. Quando si hanno i prerequisiti necessari si può accedere a una qualche gilda (basta chiedere di entrare per sapere cosa bisogna fare). Tutto è stato studiato per permetterci di esplorare come vogliamo, scegliendo dove avventurarci, con un occhio alla comunicazione tra giocatori in stile Dark Souls.

Malevolence: il gioco di ruolo single player che non finisce mai

Non finisce mai

Il concept di Malevolence, affascinante e problematico allo stesso tempo, non è di giocare una partita lineare seguendo una storia, ma di perdersi nel suo mondo raccogliendo dati su di esso; farne quindi esperienza e comunicarla agli altri giocatori. Per questo motivo si trovano dungeon impegnativi anche nelle zone iniziali (in realtà il sistema di auto livellamento dei nemici non fa mai venire meno la sfida) e per questo è stata creata una mappa dell'estensione immensa (più di 1,7 milioni di luoghi unici solo nella versione accesso anticipato vi bastano?). Certo, vi sia chiaro che non stiamo parlando del GDR più dettagliato che sia mai stato realizzato.

Come bambini perduti

Come notavamo prima, tanta vastità si paga in termini di qualità delle interazioni e di presenza narrativa, ridotta davvero all'osso. Per apprezzare Malevolence: The Sword of Ahkranox bisogna apprezzare prima l'idea di vagabondare per territori sconfinati andando a caccia di avventure e tesori, con la grossa probabilità di finire uccisi in caso si commetta qualche errore di valutazione. Non per niente una delle più piacevoli attività da svolgere è proprio la condivisione con gli altri delle scoperte fatte. Lo sviluppatore è stato così radicale nelle scelte di design, che ha volutamente tagliato il tutorial e optato per uno stile grafico più vecchio stile possibile, con grafica molto sgranata (forse troppo) e artwork amatoriali (forse troppo). Ecco, la grafica è davvero brutta, con il sistema di illuminazione sballato e i modelli 3D davvero mal fatti e mal animati. Trattandosi però di una versione alpha, e avendo il team promesso molti miglioramenti per le release future, non ce la sentiamo di esprimere giudizi definitivi affossanti su questo aspetto. Come non ce la sentiamo di esprimerli per i numerosi crash di sistema e per la poca varietà di missioni disponibili, visto che anche in questi ambiti le promesse non mancano. Per ora vi consigliamo di dargli una possibilità, soprattutto se siete alla ricerca di un gioco di ruolo vecchio stile che vi impegni per settimane.

Conclusioni

Digital Delivery: Accesso anticipato di Steam
Prezzo: 14,99€
Multiplayer.it

Lettori (1)

5.4

Il tuo voto

PRO

  • Un mondo vastissimo, pieno di luoghi da esplorare
  • Un sistema di gioco radicale che piacerà ai puristi del genere
  • La comunità è davvero attiva e dà senso all'esplorazione

CONTRO

  • Graficamente è davvero brutto
  • La radicalità lo rende poco adatto al giocatore medio
  • La struttura aperta ha portato al sacrificio del lato narrativo