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Psychonauts - Che fine hanno fatto?

Un viaggio nella psiche della gente, fra ironia, follia e tanto divertimento nel tipico stile di Tim Schafer

RUBRICA di Massimo Reina   —   29/12/2014

Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.

Tim Schafer è giustamente considerato da molti appassionati di videogiochi come un autentico genio del settore. D'altronde il suo curriculum parla chiaro, e gettando uno sguardo ad alcune delle migliori avventure punta e clicca della storia, come The Secret of Monkey Island, di cui il nostro scrisse gran parte dei testi insieme a Dave Grossman, Full Throttle o lo splendido Grim Fandango, non si può non rimanere letteralmente abbagliati dal suo talento.

Psychonauts - Che fine hanno fatto?

Peccato solo che un certo tipo di pubblico, forse troppo preso dai giochi d'azione, ad un certo punto non abbia saputo forse più capirne, e quindi apprezzarne fino in fondo, le qualità, non rendendogli il giusto tributo anche in termini di acquisto-vendite dei suoi prodotti. Ad ogni modo, uno dei massimi successi di Schafer è stato nel 2005 Psychonauts, un platform avventuroso dallo stile particolare e dal gameplay variegato e profondo, che però per tutta una serie di vicissitudini, soprattutto economiche, non ha mai trovato un seguito. Il boss di Double Fine Productions, infatti, pare abbia da tempo in mente come impostare un secondo episodio, e avrebbe quindi più volte proposto in questi anni ai publisher un eventuale Psychonauts 2, senza avere mai trovato interlocutori interessati a produrlo. Un vero peccato, perché anche se si tratterebbe sicuramente di un lavoro dispendioso in termini di sviluppo, tempo e risorse, a nostro parere il ritorno economico per i soggetti coinvolti con ogni probabilità ci sarebbe, viste le potenzialità del franchise e la richiesta di un nuovo capitolo da parte dei fan. Nel frattempo il geniale Tim ne ha recuperato il pieno controllo, e quindi i proventi e i diritti legati al videogioco, quindi speriamo che prima o poi qualcuno si decida a finanziare un progetto legato a questo marchio. Noi, nel frattempo, vediamo di ripercorrerne la storia.

Che fine ha fatto Psychonauts, uno dei più interessanti giochi sviluppati da Tim Schafer?

Curiosità

Sulla scelta del nome del protagonista del gioco c'è un simpatico aneddoto. Pare che Schafer lo avesse scelto perché gli piaceva in nomignolo, Raz, appunto, dell'animatore Razmig Mavlian di LucasArts, con cui aveva lavorato in passato. Quando però quest'ultimo iniziò a collaborare con Double Fine e con il progetto Psychonauts, si generò un po' di confusione all'interno degli studi del team quando si nominavano il personaggio o l'animatore. Così il produttore associato, Camilla Fossen, suggerì di cambiare il nome del primo in Rasputin, successivamente modificato in Razputin, in modo da risolvere la faccenda e poterne registrare il marchio anche in vista di eventuali future operazioni di marketing.

Allucinazione perversa

Come talvolta è capitato per altre opere di intrattenimento, non solo quindi quelle di stampo videoludico, l'idea alla base del progetto nacque un po' per caso, un po'per un'intuizione geniale dell'autore, in questo caso Tim Schafer. Mentre lo sviluppatore era al lavoro su un altro gioco, vale a dire Full Throttle per LucasArts, il game designer si ritrovò a visionare una sequenza che vedeva il protagonista di questa produzione, Ben Throttlem, vivere una vera e propria esperienza psichedelica dopo aver ingerito un peyote, una pianta nota per le sue proprietà psicoattive. Schafer ne rimase così divertito che pensò di estrapolarne l'idea e metterla da parte per qualche futuro lavoro. Così, quando LucasArts decise di chiudere con le avventure punta e clicca subito dopo l'uscita di Escape from Monkey Island, Tim e i suoi collaboratori più stretti lasciarono l'azienda e ne fondarono una loro, chiamandola Double Fine Productions. E il primo progetto della software house intitolato Psychonauts, fu proprio legato concettualmente a quell'idea maturata ai tempi di Full Throttle. Il gioco, il cui sviluppo iniziò nel 2001, doveva essere tra l'altro uno dei titoli esclusivi per l'allora imminente Xbox (rilasciata in nord America il 15 novembre del 2001), grazie alla precisa volontà di Ed Fries, vice presidente di Microsoft Game Studios e capo della divisione sviluppo software first party della console di casa Redmond. Il dirigente, infatti, puntava molto su progetti come quello di Double Fine Productions per impreziosire il portfolio della "sua" piattaforma. D'altronde con un budget di 13 milioni di dollari a disposizione e tutto il talento di Schafer e dei suoi collaboratori, come il programmatore David Dixon, l'artista Peter Chan, il fumettista Scott Campbell o il compositore Peter McConnell, che avevano lavorato con lui in LucasArts, il successo della produzione sembrava garantito. Il protagonista di Psychonauts, Razputin "Raz" Aquato, venne inizialmente immaginato come uno struzzo squilibrato e dalla personalità multiple, ma l'idea fu quasi subito scartata.

Psychonauts - Che fine hanno fatto?

Si pensò piuttosto di dargli una forma realmente umana, fino ad arrivare al modello definitivo, quello di un ragazzino un po' strambo, figlio di artisti di un circo, che fuggiva di casa per coronare il suo sogno di diventare un agente segreto del governo. Quando venne mostrato all'E3 del 2002, il gioco piacque così tanto alla critica da ricevere perfino il Game Critics Award per il Miglior Gioco Originale della manifestazione. Nonostante qualche rinvio e alcuni problemi durante le fasi di sviluppo, la lavorazione del gioco procedette abbastanza bene, ma quando Fries lasciò Microsoft Game Studios nel 2004, e il contratto di pubblicazione con l'azienda americana venne annullato, per un attimo sembrò che Psychonauts sarebbe stato di nuovo rimandato. Double Fine non si dette però per vinta, e cominciò a negoziare con altri publisher per la distribuzione del videogioco, trovando ad agosto del 2004 un accordo con Majesco per la release su Xbox e su computer con sistema Windows. Qualche mese dopo, Psychonauts venne annunciato anche per PlayStation 2, assieme alla notizia che del porting se ne sarebbe occupato Budcat Creations, una software house statunitense nata nel 2000 come filiale di Activision.

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Psychonauts esordì in nord America il 19 aprile del 2005 su Xbox e computer Windows, e nel giugno dello stesso anno su PlayStation 2, riscuotendo subito parecchi consensi di pubblico e di critica. L'impronta di Tim Schafer era immediatamente riconoscibile fin dalle prime battute, e non solo per il ricercato look dei personaggi e degli ambienti, o di una scelta stilistica che brillava di luce propria. Classificato come un normale platform, Psychonauts di normale non aveva proprio nulla o quasi. Il gioco era in realtà molto di più, con un background narrativo decisamente superiore a quello di altri prodotti del genere.

Psychonauts - Che fine hanno fatto?

Non è un caso che nel 2006 il gioco venne premiato in tal senso ai Game Developers Choice Awards e alla British Academy of Film and Television Arts (BAFTA). All'interno di un finto campo estivo per ragazzi dotati di poteri mentali, il Whispering Rock Psychic Summer Camp, i soggetti partecipanti venivano sottoposti ad un addestramento psichico. Imparate le discipline adatte, quindi, i giovani sarebbero stati in grado di entrare nelle menti delle persone per indagarne ogni anfratto, come dei veri e proprio astronauti del cervello. Tra di loro c'era anche il protagonista del videogioco, Razputin, che era fuggito di casa proprio perché desideroso di diventare uno psiconauta. Un giorno i cervelli dei suoi compagni cominciavano a scomparire misteriosamente, e da lì iniziava l'avventura. Partendo da queste basi, il prodotto metteva quindi a disposizione dell'utente una serie di mondi variegati da esplorare, ognuno incentrato sulla personalità del personaggio la cui mente ci si trovava a visitare, pertanto distorte e meravigliosamente fuori di testa. C'era così il "mondo" colorato e musicale della solare Milla, e quello più cupo e guerrafondaio del militaresco Coach Oleander. Il tutto al servizio di una giocabilità che non annoiava praticamente mai, e che consentiva di variare spesso approccio alla partita con meccaniche talvolta differenti da scenario a scenario: in un particolare livello, per esempio, Raz si ritrovava a vestire i panni di un mostro gigantesco impegnato a distruggere una città abitata da pesci antropomorfi, mentre in un altro aveva il compito di sconfiggere Napoleone Bonaparte in una sfida di strategia, e così via. Insomma, il titolo targato Double Fine sprizzava picchi di assoluto genio umoristico da ogni poro, dai dialoghi, alle sequenze, dal gameplay generale ai puzzle. Per risolvere questi ultimi erano indispensabili poi le abilità di Raz, quali la telecinesi, la pirocinesi, la lettura della mente o l'invisibilità, da apprendere e potenziare attraverso la classica raccolta di bonus sparsi nello scenario di gioco, che servivano a far salire di livello del protagonista.

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Nella mente di un pazzoide

Psychonauts appariva come una radicale evoluzione dinamica delle avventure di Schafer. Ma questo non vuol dire che l'aspetto interattivo-narrativo fosse stato trascurato. Richiamando il genere delle avventure grafiche, fuori dai cervelli da esplorare Psychonauts offriva al giocatore l'opportunità di parlare a piacimento con i personaggi non giocanti, di carpirne aspetti nascosti della propria personalità anche ascoltando a distanza le battute che si scambiavano magari gruppetti di persone.

Psychonauts - Che fine hanno fatto?

Tra l'altro le frasi cambiavano in base al progresso nell'avventura, ragion per cui l'utente era invogliato a dialogare più volte con gli altri. Insomma, alla luce di quanto vi abbiamo raccontato converrete con noi che Psychonauts sarebbe il classico titolo che per sua natura non sfigurerebbe nemmeno ai giorni nostri, e che un eventuale sequel potrebbe tranquillamente riscuotere un buon successo di critica e di pubblico come l'originale. In questo senso, qualche tempo fa, ad alimentare le speranze di chi lo sogna a occhi aperti, ci aveva pensato Markus "Notch" Persson, l'autore di Minecraft, che si era mostrato interessato a collaborare con Double Fine per la creazione di un seguito del celebre platform adventure. Purtroppo, però, circa un anno fa, Persson si ritirò, pare a causa degli alti costi di produzione. Anche se a onor del vero c'è da dire che a parte dei discorsi generici fatti via email con Schafer, non c'era nulla di realmente concreto su un eventuale progetto in comune. Ad ogni modo, come lo sviluppatore di Minecraft ebbe modo di dichiarare a Reddit, con Psychonauts 2 era certo che avrebbe facilmente recuperato i circa due milioni coi quali intendeva contribuire alla realizzazione del gioco, ma che in realtà quei soldi non sarebbero bastati, visto che ci volevano almeno 18 milioni di dollari per l'opera. Un investimento che probabilmente sarebbe stato rischioso da fare dal suo punto di vista. Un vero peccato, anche se noi vogliamo essere ottimisti e sperare che prima o poi qualche azienda o privato decida di investire di nuovo sul talento indiscusso di Tim Schafer, e su un titolo che ci piacerebbe davvero rivedere sui nostri schermi.