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Dentro la voce dei videogiochi

Intervista a Leonardo Gajo, direttore storico del doppiaggio italiano dei videogame

INTERVISTA di Marco Salemi   —   23/08/2015

Nei giorni scorsi abbiamo avuto il piacere di intervistare Leonardo Gajo, project manager e direttore del doppiaggio di Synthesis, società leader nel campo della localizzazione di videogiochi con sedi in tutto il mondo. Per Synthesis, ha curato la versione italiana di molti titoli di serie famose, come Mafia, Bioshock, Call of Duty, Assassin's Creed e tutti i brand Blizzard. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come si svolge il suo lavoro e un po' di aneddoti sulla realizzazione dei doppiaggi.

Alla scoperta delle varie fasi del doppiaggio dei videogiochi

Innanzitutto, una domanda su di te come attore: tu hai iniziato in teatro, passando poi alla televisione e al cinema dove, tra gli altri, hai avuto modo di lavorare con Salvatores in Tournée, Puerto Escondido e Nirvana; come sei arrivato al doppiaggio dei videogiochi?

Dentro la voce dei videogiochi

Mi sono sempre piaciuti i videogiochi, prima quelli da bar poi quelli da casa, con sistemi che adesso sembrano appartenere alla preistoria. Ti dico solo che ho giocato su monitor a fosfori verdi... Poi, alla fine dell'università, lavorando come attore tra Roma e Milano mi sono ritrovato ad avere sì discreti guadagni, ma anche molto tempo libero; così ho iniziato a collaborare con riviste di videogiochi in veste di traduttore di recensioni o addirittura di redattore. Lì ho conosciuto i fondatori di Synthesis, che mi hanno dato l'opportunità di essere tra i pionieri dell'adattamento e del doppiaggio di videogiochi in Italia: eravamo ragazzi con passione ed esperienza in questo campo e siamo partiti, se non da un garage come qualcuno più famoso di noi, da un seminterrato.

I primi doppiaggi che si ricordano, però, erano quasi inascoltabili...
Probabilmente, anche se sono convinto che non tutto fosse da buttare. Il fatto è che non c'era gusto: i videogiochi venivano doppiati alla stregua dei cartoni animati, come se fossero prodotti destinati ai bambini. Non c'era tradizione: gli attori rimanevano spiazzati dal fatto di dover doppiare senza vedere niente, come se incidessero dei radiodrammi, ma nemmeno i direttori conoscevano bene il prodotto e il suo specifico. E soprattutto non c'erano soldi: i budget erano risicati e il numero di voci tragicamente limitato e limitante. C'è anche da dire che, trattandosi di una novità, il pubblico era di bocca buona.

Ricordi quale fu il tuo primo doppiaggio?
Il primo fu NOX della Westwood. Quando iniziammo ad occuparci di audio non avevamo studi di registrazione nostri, per cui ci appoggiavamo a studi esterni, ma l'entità del materiale audio era comunque esigua. Quando arrivò NOX, il primo gioco in cui c'era molto materiale da doppiare, decisi di seguire le registrazioni come responsabile del progetto e mi accorsi che il direttore del doppiaggio dello studio dava agli attori le stesse indicazioni che avevo visto dare in teatro per anni; solo che gliele dava sbagliate! E io lì, fastidioso, a correggerlo. Lui diceva cose del tipo: "Allora, questo è un conjurer, un congiurato" e io "No, scusa, un conjurer è un evocatore!" Oppure ricordo che cercava di spiegare al doppiatore, che interpretava un mago circondato da tre guardie, di comunicare spavento e io puntualizzavo che, essendo un mago potentissimo, di queste tre guardie non gliene poteva fregar di meno! Risultato: il secondo giorno il direttore non si presenta, lasciando detto che se proprio volevo dirigere io, lui se ne lavava le mani.

Dentro la voce dei videogiochi

Allora, mi dissi: "Be', questo lo so fare. Ho un mio gusto della recitazione, dizione e fonetica le ho studiate per anni; in più, ho tradotto il testo: ci penso io! " E così è iniziata. Di lì a poco ci sono stati Rainbow Six, Mafia, Vietcong, Vampire: The Masquerade... tutti titoli che mi stimolavano, presentavano nuove sfide. Mi appassionavano. Al di là dell'aspetto lavorativo, mi piaceva proprio giocare un titolo sapendo di aver collaborato alla sua riuscita. Mi piace ancora adesso.

Non hai mai smesso di giocare?
Assolutamente no, sono un eterno Peter Pan e non credo che smetterò mai! Il gioco fa parte della mia vita. Per citare un grande filosofo catodico "La vita è un gioco, o i giochi aiutano a vivere?"

Abbiamo visto come Martin Sheen, ad esempio, abbia dato la voce all'uomo misterioso di Mass Effect 2 o, recentemente, come Sean Bean si sia prestato ad essere la voce narrante di Kholat. Per portare esempi italiani, abbiamo sentito Pino Insegno in Mists of Pandaria e Claudio Moneta e Pietro Ubaldi in Diablo III (per citare tre doppiatori molto noti). Quanto influisce sulla qualità del prodotto la presenza di una voce nota del mondo del cinema?
A essere sinceri [ride], se il gioco è bello puoi fare la localizzazione più brutta del mondo e tutti diranno che è doppiato benissimo! E viceversa... Al di là di questo, non credo che la presenza del singolo attore influisca più di tanto sulla qualità complessiva; un videogioco è spesso un'opera corale in cui ogni voce conta. Io ho la fortuna di lavorare con professionisti bravissimi, veri talenti del settore, in grado di coprire ogni sorta di ruolo: gli esempi che mi hai citato sono dei grandi, ma non sono certo i soli. Ovvio, il solista è importante, ma è la sua bravura a fare la differenza, non la sua notorietà. A Moneta ho affidato molti protagonisti di rilievo, da Christoff di Vampire: The Masquerade a Tom di Mafia a Haytham di Assassin's Creed III, perché è un attore propositivo, capace di interpretare qualunque ruolo con grande efficacia, dall'eroe...

...a Spongebob!

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Esatto! E Ubaldi è una colonna portante dei cartoni animati, oltre che uno straordinario Barbossa ne I Pirati dei Caraibi; ha una tale flessibilità che puoi affidargli qualunque ruolo. C'è gente che ci è cresciuta con la sua voce. Anche la presenza di una voce istituzionale come quella di Pino Insegno è un valore aggiunto per un gioco. Però, ribadisco, non aumenti la qualità usando una voce famosa, ma usando la voce più aderente al dato personaggio. Al contrario, se scegli attori che con i personaggi che doppiano non c'entrano nulla, spariscono: vuol dire che non hai fatto un buon lavoro.

Quanto è importante per un publisher e una software house la qualità del doppiaggio?
Credo sia importante nella misura in cui soddisfa il pubblico dei territori a cui è destinata. Solo che ci sono publisher che ti mettono nelle condizioni di poter ottenere questa qualità e altri che forse non conoscono bene i processi richiesti dalla localizzazione, e che quindi si limitano a passarti il materiale alla rinfusa. Ricordo una volta che chiesi informazioni sui personaggi di un copione che stavo traducendo: sesso, età, professione, personalità, caratteristiche. Mi mandarono le immagini dei volti. O un'altra volta che ci passarono un copione con le battute non in sequenza per paura che rivelassimo in giro la trama. Tipo che il "Come stai?" stava a duecento righe di distanza dal "Bene, grazie." Come fai a pretendere la qualità a quel punto? È già un miracolo sei esce una cosa dignitosa! Altre software house, invece, sono attentissime alla localizzazione, organizzano incontri in cui spiegano per filo e per segno la trama, i personaggi, ti forniscono materiale audiovisivo fin dalle primissime fasi della produzione. E quello ti facilita enormemente il lavoro, permettendoti di lavorare sulla qualità anziché sprecare tempo a colmare le loro lacune.

Esattamente, in cosa consiste il tuo lavoro quando ricevi l'incarico di doppiaggio di un videogioco? Come si articola l'adattamento?
Parte tutto da un copione, di solito un foglio di calcolo che come minimo riporta le battute da doppiare, chi le dice e il nome dei file. Se sei fortunato, il copione è una vera e propria sceneggiatura, che elenca sequenza per sequenza come si svolge la trama, con indicazioni precise su ambienti, rapporti fra personaggi, intenzioni... per cui il primo compito è leggerselo con calma, come faresti con un libro. E lì ti vengono le prime idee su chi sono i personaggi, chi sarebbe adatto a interpretarli o come vorresti rendere un determinato dialogo. Quando mi occupo personalmente della traduzione, inizio già a farmi un glossario dei termini più importanti o più ostici. È una fase molto creativa e disordinata, in cui mi avvicino alla storia sulla quale magari passerò i prossimi sei mesi della mia vita cercando di capirla, di assorbirla, per trovare una mia idea di regia che funzioni anche senza essere un calco dell'originale. Perciò mentre il copione è in traduzione, inizio a lavorare sulla distribuzione dei ruoli confrontando le mie idee sulle voci con il cast originale. Quando abbiamo finalizzato la traduzione, abbiamo i file di riferimento inglesi e abbiamo scelto i nostri attori, iniziamo le registrazioni. Ogni file viene registrato, tagliato, denominato, riascoltato, ripulito e poi mandato al cliente, sperando che lo implementi presto così da poter vedere il risultato prima dell'uscita del gioco ed eventualmente apportare correzioni. E io seguo ogni passo di questa lavorazione del prodotto, pregustandomi il momento in cui potrò giocarmelo in pace!

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Parliamo di libertà di adattamento. Quanto rimani fedele alle voci del prodotto originale?
Diciamo che sono tendenzialmente fedele, ma ogni tanto mi prendo qualche scappatella. Voglio dire, mi è capitato spesso di scegliere voci diverse da quelle originali perché le ritenevo più adatte ai personaggi o perché pur avendo una pasta vocale diversa dall'inglese, l'attore italiano era comunque convincente in un determinato ruolo. Penso per esempio a Leonardo da Vinci o Cesare Borgia di Assassin's Creed, a Malthael di Reaper of Souls, alla Tenenbaum o alle piccole mietitrici di BioShock.

Cosa pensi di quei giocatori che non ne vogliono saperne a priori della lingua italiana nei videogame?
Io credo che siamo tutti adulti in un mondo libero, quindi se vogliono giocare in inglese ne hanno tutto il diritto.

Ti porto l'esempio della traduzione in italiano di World of Warcraft che ha diviso la community: può forse dipendere dal fatto che sia stato localizzato dopo sette anni?
Oh, [ride] mamma mia, ancora con 'sta storia dei nomi italianizzati! Guarda, se i titoli vengono pubblicati in tutte le lingue, la stragrande maggioranza delle persone non si sogna nemmeno di giocare in inglese e quindi se, ad esempio, Roccavento avesse sempre avuto questo nome, non ci sarebbero stati problemi; se invece il pubblico è abituato per sette anni a chiamarla Stormwind, è normale che incontri resistenza. Ci sarà sempre qualcuno a dirti "Il Signore degli Anelli si può leggere solo in inglese", eppure in Italia abbiamo una versione tradotta in maniera sublime. Non sarà la stessa cosa, certo, i nomi non sono gli stessi ma cosa vogliamo fare? Allora, l'Odissea te la puoi leggere solo in greco! In World of Warcraft c'è una terra che non è inglese o anglofona, è fantasy, quindi non c'è nemmeno quel motivo che potrebbe far optare per l'inglese; ben altra cosa è StarCraft 2: i Terran hanno una forte connotazione americana, vengono da astronavi carcerarie provenienti da una Terra del futuro in cui la lingua inglese è diventata l'unica esistente, quindi i nomi dei mezzi sono stati lasciati in originale, non avrebbe avuto senso fare altrimenti.

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Ma in un mondo fantasy non ce n'è motivo. E questo, ad esempio, ha fatto sì che da noi Sanctuarium, che è il mondo di Diablo III, abbia un nome latino: non si capisce perché avrebbe dovuto avere un nome inglese. Concludo dicendo che capisco i giocatori che sostengono che l'inglese sia più bello dell'italiano, ma non ne farei una verità assoluta, anzi, ci sono casi in cui il doppiaggio italiano supera l'originale. In altri casi posso essere persino d'accordo: il gioco è pensato e sviluppato in inglese, mentre il nostro è pur sempre un adattamento con tempi ridotti. Altra cosa sono quelli che dicono che l'italiano fa schifo, come direbbe Totò, "a prescindere". Con quelli non son d'accordo: "schifo" vuol dire magari che una cosa di questo prodotto non ti è piaciuta, ma non si può non riconoscere il lavoro svolto. Per criticare così l'italiano bisognerebbe ascoltare la versione francese, spagnola, e fare il confronto con quelle, non con l'originale.

Parliamo di te, sappiamo che sei la voce del troll maschio in World of Wacraft e la voce di Zyxx in League of Legend. C'è un ruolo al quale sei rimasto più legato?
Faccio sempre parti molto piccole, in quanto c'è gente più brava di me. Tuttavia, c'è un ruolo (non scelto da me, ma da un direttore di Activision) in Call of Duty Zombie che porto avanti da anni, forse da sei o sette, è il Dottor Richtofan, un medico nazista, pazzo e omosessuale. Questo doppiaggio è ormai diventato un appuntamento annuale, per me divertentissimo e stimolante: l'attore inglese è geniale, ha dei colpi di bravura assurdi e io faccio di tutto per stargli dietro. Penso sia piaciuto, visto che ci sono collezioni su youtube.

Per chiudere, vorremmo sapere qualcosa sui costi di doppiaggio di un videogioco.

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Negli ultimi quindici anni il panorama dei videogiochi è completamente cambiato: da una situazione in cui le case di produzione avevano un solo progetto medio\grande e molti progetti medio\piccoli in catalogo si è passati a tre\quattro titoli in catalogo ma generalmente di grandissime dimensioni e con budget estremamente alti. Di conseguenza, mentre un tempo si valutava titolo per titolo se procedere o meno con la localizzazione audio di un progetto, ormai quasi tutti i titoli tripla A vengono praticamente sempre localizzati integralmente, in quanto la produzione alloca un budget di sviluppo e localizzazione ormai pari a quelli di un film. I colossi degli ultimi tempi hanno spesso script con parecchie centinaia di migliaia di parole, una cifra sconvolgente se pensate che un film da due ore come può essere Schindler's List o Spider-Man in genere hanno meno di 20.000 parole di audio. Il budget maggiore e le dimensioni delle singole parti permette generalmente di utilizzare una vasta gamma di doppiatori, aumentando la qualità generale del progetto.

Grazie Leonardo del tempo dedicato a quest'intervista e un saluto da tutta la redazione di Multiplayer.it!
Grazie a voi.