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La rivoluzione di Deep Silver

Sta per arrivare Homefront: The Revolution, ma sarà valso cinque anni di attesa?

PROVATO di Lorenzo Fantoni   —   26/01/2016

La resistenza non è solo un concetto legato alla guerra e alla politica internazionale: il paragone potrà sembrare banalizzante e impietoso e non vuole in alcun modo accostarsi ai concetti bellici, ma anche resistere per portare avanti il proprio progetto può essere un impegno ricco di sacrificio e sofferenza. La storia di Homefront: The Revolution non è infatti una vicenda molto serena. Il gioco a cui si ispira non ha ricevuto votazioni particolarmente lusinghiere, ma ciò nonostante THQ decise di farne un seguito, poi il publisher fu trasformato in sushi e venduto al miglior offerente. Il gioco passò dunque in mano a Crytek, in coproduzione con Deep Silver e iniziò a prendere la forma che ha oggi: uno sparatutto open world ambientato a Philadelphia, due anni dopo gli eventi del primo capitolo. Poi anche Crytek iniziò a navigare in pessime acque, chiuse molti dei sui progetti e vendette Homefront: The Revolution a Koch Media, che già era legata a Deep Silver. La storia è durata circa cinque anni, in cui gli sviluppatori non hanno certo potuto lavorare con totale serenità al progetto né dedicarci il 100% di questo periodo, un fattore di cui bisogna ovviamente tenere conto nel processo di valutazione di questa prova che abbiamo potuto fare a Londra in una location decisamente suggestiva e post industriale, con tanto di carro armato, ribelli e graffitari, che puntava a farci vivere l'atmosfera del gioco.

Abbiamo provato Homefront: The Revolution, a che punto siamo dopo 5 anni di sviluppo?

Le strade di Philadelphia

Come già detto, Homefront: The Revolution si svolge due anni dopo i fatti del titolo precedente, ma invece di concentrarsi su una sperduta cittadina del Colorado ha come scenario la ben più iconica città di Philadelphia, uno dei luoghi più importanti per la storia dell'indipendenza americana. Fu infatti qua che furono firmate sia la Costituzione che la Dichiarazione d'indipendenza. Purtroppo nel 2029 d'indipendenza ce n'è ben poca, perché GKR, ovvero l'armata della Grande Repubblica di Corea, ha invaso buona parte degli Stati Uniti, riducendoli a una colonia semidistrutta da sfruttare.

La rivoluzione di Deep Silver

Ovviamente questa cosa non va a genio alla popolazione locale, che ha organizzato un esercito di resistenza di cui anche noi faremo parte e che dovremo aiutare con ogni mezzo necessario. Il gioco è composto da una campagna single player, ancora sconosciuta, e una modalità cooperativa per quattro giocatori sulla falsariga di Left 4 Dead, entrambe con architettura open world in cui potremo muoverci liberamente per svolgere determinate missioni che vanno dalla scorta di convogli al recupero di informazioni. Le due parti sono del tutto separate, quindi è possibile giocare tutto il single player senza mai neppure andare online e non si è costretti a terminare la campagna per sbloccare determinati oggetti in multiplayer. Gli sviluppatori hanno deciso di non inserire una modalità competitiva per concentrarsi unicamente sull'esperienza di guerriglia urbana e sulla cooperazione tra soldati numericamente e tecnologicamente inferiori, che devono trovare un modo per cooperare tra di loro per battere un nemico dotato di una potenza di fuoco soverchiante. Il gioco vuol essere infatti un titolo particolarmente difficile e impegnativo in cui i giocatori più sprovveduti o incauti hanno vita breve. La Resistenza è piena di eroi, ma pochi Rambo.

La rivoluzione non è un pranzo di gala

A differenza di altri titolo cooperativi, in Homefront: The Revolution non impersoneremo una classe o un ruolo predefinito, ma saremo noi a plasmare il nostro guerrigliero. Prima ancora di iniziare dovremo deciderne il sesso e il background, che influenzerà le sue abilità di partenza. Ad esempio, un programmatore sarà più efficiente nell'hacking, un ballerino sarà dotato di riflessi migliori, un ex poliziotto potrà usare le armi a una mano con maggiore precisione e così via.

La rivoluzione di Deep Silver

Ogni missione ci darà invece una manciata di punti esperienza e dei soldi che potremo utilizzare per acquistare delle casse di rifornimenti in cui trovare armi, modifiche, potenziamenti di vario tipo, equipaggiamento e oggetti decorativi con cui personalizzare e potenziare la nostra dotazione e aumentare le chance di sopravvivenza. Ovviamente questi rifornimenti potranno essere acquistati sia con la valuta del gioco sia utilizzando denaro reale, perché di certo la rivoluzione non è un processo a buon mercato. Per quanto riguarda invece l'esperienza, questa ci servirà per migliorare le abilità del nostro personaggio, che sono raggruppate in base ad alcune macro categorie legate alle abilità atletiche, all'uso delle armi, all'hacking e alle capacità di sopravvivenza. Potremo dunque usare i nostri sudati punti per correre più a lungo, utilizzare i materiali recuperati per creare ordigni direttamente in missione, subire meno il rinculo dell'arma, ricaricare più velocemente, curare i compagni più rapidamente, sbloccare uno slot aggiuntivi per l'arma primaria e così via. L'idea è quella di farci iniziare come dei pivelli, gli ultimi arrivati nelle fila della Resistenza e farci diventare col tempo dei veri e propri fari della rivolta, delle figure iconiche che aiutino e ispirino i proprio compagni.

Gli strumenti della rivolta

Non esistendo classi predefinite, saremo noi a decidere di volta in volta se vogliamo fare i cecchini, usare il bazooka o se preferiamo un fucile d'assalto che ci permetta di cavarcela più o meno in ogni situazione. Le armi a nostra disposizione sono inizialmente abbastanza semplici e prive di ottica, ma col tempo potremo sbloccare mitragliatori pesanti, lanciagranate e persino un lanciarazzi artigianale che spara fuochi pirotecnici bianchi, rossi e blu. A dirla tutta un'arma più patriottica che efficace.

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Per quanto riguarda invece i gadget, potremo contare sulle molotov (altrimenti che rivoluzione sarebbe?), ordigni improvvisati, automobili esplosive, orsetti - mine anti uomo e soprattutto dei dispositivi che permettono di "hackerare" temporaneamente i mezzi delle forze nemiche, una risorsa fondamentale per volgere a proprio favore una situazione impossibile da risolvere con la forza bruta. La maggior parte dei mezzi meccanizzati dell'esercito coreano sono infatti privi di pilota, quindi è possibile impossessarsene per qualche secondo e fare in modo che sparino sui soldati avversarsi invece che su di noi o semplicemente bloccarli e farli fuori con tutta calma, sparando ai punti deboli sul retro. Questi gadget vengono riforniti dopo ogni missione in base agli oggetti che troviamo saccheggiando i corpi e o assemblandoli sul posto e sono assolutamente essenziali per la buona riuscita di una missione, vista anche la cronica mancanza di munizioni e la grande disparità delle forze in campo. In questo senza dubbio il gioco è in grado di restituire una sensazione di guerriglia, la presenza di molti nemici e di mezzi corazzati ci costringeranno quasi sempre ad azioni mordi e fuggi in cui bisognerà cercare di aggirare l'avversario a fianchi per colpirlo rapidamente poi sparire, cercando di recuperare nel frattempo munizioni e componenti per il crafting. Gli scontri prolungati non gioveranno infatti alla nostra riserva di munizioni e si corre molto spesso il rischio di doversi avventurare tra i due schieramenti per raccogliere un po' di munizioni, col pericolo di finire a terra aspettando che qualcuno ci tiri su prima di morire dissanguati.

In una rivoluzione, se è vera, si vince o si muore

Per la nostra prova abbiamo potuto testare il gioco in tre situazioni differenti. Nella prima abbiamo dovuto "hackerare" alcuni terminali per ottenere informazioni sugli spostamenti delle forze nemiche, per poi guidare alcune moto da cross per raggiungere un posto di blocco ed eliminare tutti i presenti. Nella secondo abbiamo dovuto tenere duro per un determinato periodo di tempo per consentire la ritirata degli alleati. Nel terzo, infine, abbiamo assaltato una base e rubato alcuni camion per poi scortarli in un luogo sicuro.

La rivoluzione di Deep Silver

Tolta la prima missione, tutti gli altri incarichi si sono rivelati abbastanza tosti, tanto che non abbiamo potuto completare la terza missione neanche tentandola un paio di volte con un equipaggiamento più adeguato alla bisogna. Questo non vuol dire che l'intelligenza artificiale di Homefront: The Revolution sia sopraffina, anzi molti nemici tendono ad attaccarti a testa bassa o rimangono semplicemente fermi a sparare, spesso vincono semplicemente perché sono di più. Nella seconda missione ci è capitato di eliminare molti soldati in corpo a corpo semplicemente appostandoci vicino alla porta da cui ricomparivano a intervalli regolari. In generale il ritmo del gioco non ci è sembrato particolarmente veloce, anzi ci ha lasciato una sensazione di macchinosità, di lentezza, che in parte può essere giustificata dal fatto che vuol essere un gioco in cui la tattica di gruppo deve prevalere rispetto all'abilità del singolo. Anche dal punto di vista tecnico il prodotto non sembra brillare particolarmente: i circa cinque anni di incertezze ci restituiscono un gioco abbastanza povero graficamente, ricco di bug (ma per quelli c'è tempo) con scenari statici e animazioni essenziali senza alcun particolare spunto di originalità. Per il momento Homefront: The Revolution sembra un titolo che nasce forse un po' vecchiotto, in un panorama ricco di concorrenti che forse faticherà a trovare una sua dimensione, nonostante alcune trovate interessanti e una filosofia di gioco multiplayer che potrebbe ritagliarsi una sua nicchia di appassionati.

CERTEZZE

  • La sua difficoltà richiede un approccio ragionato
  • Un sacco di gadget interessanti

DUBBI

  • Tecnicamente povero e pieno di bug
  • Ritmo di gioco macchinoso
  • Il panorama dei titoli in cooperativa è abbastanza affollato
  • Intelligenza artificiale elementare