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Barriere (non) videoludiche

Nessuno ci pensa mai, ma com'è la vita di un giocatore disabile? Ed esistono soluzioni di sviluppo efficaci per aiutare questi utenti in difficoltà?

SPECIALE di Giordana Moroni   —   08/06/2016

Uncharted 4 ha raccolto come da copione una serie lunghissima di voti eccezionali, riuscendo ancora una volta a distinguersi tra il resto delle produzioni videoludiche contemporanee. Il vero risultato dell'ultimo titolo di Naughty Dog non è, come potrebbero pensare molti, la qualità del gameplay o lo storytelling cinematografico; o meglio, ci sono anche quegli aspetti ma sono del tutto opinabili. Il vero dato di fatto, l'elemento oggettivo che rende Uncharted 4 superiore alla concorrenza sono le sue opzioni di accessibilità... perché la maggior parte di noi giudica il titolo nel pieno di capacità fisiche e motorie "standard", ma avete mai pensato com'è videogiocare quando si è disabili?

La regola d'oro dell'accessibilità di un gioco: l'esempio di Uncharted 4

L'accessibilità di Uncharted 4

Per farcene un'idea basta dare un'occhiata al video sul canale YouTube di PlayStation in cui viene spiegato qual è stato il processo che ha portato gli sviluppatori ad includere le opzioni di accessibilità nel gioco. Tutto parte da Josh Straub, editor in chief di D.A.G.E.R., sito che si occupa di recensire videogiochi sotto il profilo dell'accessibilità, fornendo utili informazioni al pubblico disabile.

Barriere (non) videoludiche

Josh contatta Alexandria Neonakis, User Interface (UI) Designer di Naughty Dog, chiedendole di incontrarsi: il ragazzo confessa che dopo aver speso 60$ per acquistare Uncharted 2, non è stato in grado di finire da solo il gioco ed ha avuto bisogno dell'aiuto di una persona non disabile per potersi godere il filmato finale del secondo capitolo della saga. A causa della sua disabilità Josh non riusciva a completare con successo alcuni quick time event che prevedevano la pressione ripetuta di certi tasti. Il racconto ha spinto gli sviluppatori ad andare oltre e rendere questo quarto capitolo godibile da chiunque e per questo motivo sono state implementate le funzioni di accessibilità. Alcune di queste prevedono ad esempio la pressione continua di un tasto anche nel caso in cui ne venga richiesta una intermittente (come il sollevare una porta o sferrare una serie di pugni ripetuti durante un corpo a corpo), una panoramica automatica della visuale in fase di copertura e un lock automatico dei nemici per limitare il più possibile l'uso dell'analogico destro ed infine il cambio del colori dei team multiplayer passando da squadra rossa e squadra verde a squadra rossa e squadra blu per aiutare le persone affette da daltonismo. Rispetto a tutti gli altri giochi, quindi, Uncharted si "lascia giocare" di più rispetto agli altri ed è francamente triste che nel 2016 il problema della disabilità sia ancora presente nell'ambito più tecnologico dell'intrattenimento.

Dettagli che fanno la differenza

A pensarci bene il menù di opzione in un gioco è una cosa che molti di noi danno per scontata: luminosità, contrasto, sottotitoli, vibrazione sono tutte cose che talvolta non andiamo nemmeno a toccare mentre per persone come Josh fanno la differenza. A livello di progettazione le strade sono essenzialmente due: creare un prodotto accessibile per tutti da zero o adattare alcune componenti successivamente. Ogni casa di sviluppo in questo senso fa delle scelte e ad esempio, guardando la diretta concorrenza di Uncharted, Rise of the Tomb Raider è un gioco che eccelle e delude contemporaneamente. Un grande aiuto è stato dato a chi soffre di handicap visivi e uditivi direttamente dall'interfaccia di gioco senza aggiungere nessun opzione extra:

Barriere (non) videoludiche
Barriere (non) videoludiche

l'istinto di Lara ad esempio permette di evidenziare sia oggetti importanti che fonti sonore, i file di testo vengono letti da voci narranti e tutte le scritte che compaiono a schermo hanno una proporzione adeguata per essere letti senza problemi. Di contro il gioco risulta "ingiocabile" da coloro che soffrono di handicap motori perché non vi è nessun tipo di personalizzazione dell'interfaccia comandi e c'è bisogno dell'uso di entrambi i grilletti ed entrambi gli stick analogici contemporaneamente per mirare. Come dicevamo non si tratta sempre di pensare un gioco da zero che possa accontentare tutti, basterebbe semplicemente ripensare l'interfaccia agevolando alcuni tipi di azione ed opzioni. Una cosa banalissima sono ad esempio i sottotitoli, che tutti i videogiochi hanno: perché limitarsi a dei semplici sottotitoli quando a costo zero possono essere realizzati sottotitoli per non udenti (ovvero quelli che descrivono anche rumori ambientali)? Oltre alle varie feature aggiuntive, un altro fronte dove andrebbero abbattute le barriere architettoniche dei videogiochi in funzione di più accessibilità è il settore hardware. L'uso di un controller è parecchio ostico a chi soffre di handicap motori o menomazioni agli arti ed è importante che anche in questo senso i produttori di console progettino dei prodotti che rispettino un certo tipo di esigenze. Alcuni problemi, stando ad alcune review specializzate, sono stati risolti dal design dell'Elite controller di Xbox One, ma anche la vibrazione nei grilletti nel pad standard aggiunge un ulteriore feedback particolarmente utile. La soluzione migliore attualmente rimane investire in controller studiati appositamente per i portatori di handicap, ma sempre rimanendo in tema molto può essere fatto anche con la realtà virtuale: grazie all'uso di un caschetto infatti si elimina completamente dall'asse dei comandi la gestione della telecamera, liberando dei tasti sul controller e rendendo la navigazione più semplice. Da questo punto di vista gli sviluppatori potrebbero fare molto e ci auguriamo che l'uso della realtà virtuale non venga relegato esclusivamente a un trend nel panorama videoludico e possa portare dei benefici a coloro che ne hanno realmente bisogno.

Una questione morale

Se alcuni fattori possono essere tenuti sotto controllo con le dovute attenzioni l'accessibilità applicata ad ogni singolo videogioco può diventare una grande sfida, talvolta quasi impossibile e sfociare in un problema addirittura etico. Le difficoltà si presentano quando l'accessibilità cozza pesantemente con il concetto stesso del gioco, come potrebbe ad esempio una persona daltonica che non distingue il verde aggirarsi per la mappa di Far Cry Primal, così vasta e ricca di vegetazione? Si potrebbe risolvere applicando uno spettro cromatico personalizzato al gioco ma non è come aggirarsi all'interno di una fitta foresta. E come rendere accessibile a coloro che soffrono di handicap motori un gioco tecnico e frenetico come DOOM? Capite bene che la questione assume un risvolto etico nel momento in cui gli sviluppatori devono chiarire i loro intenti in fase di progettazione: "quanto conta per noi questa fetta di pubblico?" È più importante creare un gioco accessibile a tutti aggiungendo qualche opzione e sacrificando qualcosa oppure tagliare fuori completamente i giocatori disabili per perseguire un progetto artistico o garantire la massima esperienza di gioco a tutti gli altri? Da questo punto di vista non è solo una scelta di game design ma la decisione si carica ulteriormente di connotati morali.

Barriere (non) videoludiche

Un gioco come ad esempio Heavy Rain, nonostante sia ritenuto da molti uno dei tanti capolavori della passata generazione, è un gioco totalmente inaccessibile ai portatori di qualsiasi handicap: la palette di colori usata in tutte le scene è spenta e cupa, i sottotitoli sono minuscoli, non adattati per non udenti e le idee che frullano in testa ai personaggi compaiono a schermo in modo disordinato e poco visibile, per non parlare di tutti i quick time event così ostici da diventare fastidiosi persino per un giocatore senza handicap. Questo però era il progetto artistico di Cage e non c'è stato nulla che l'ha trattenuto dal realizzarlo, ovviamente nessuno sta insinuando che sia stato fatto con intenti deliberatamente maligni e discriminatori, ma è comunque dimostrazione di come spesso l'ideale artistico e progettuale prevalga sul concetto di accessibilità. Non vogliamo assolutamente ferire i sentimenti di nessuno con questa affermazione ma la realtà ci dimostra che i videogiochi sono in un certo senso un passatempo elitario e che nelle sue componenti tendente a discriminare i portatori di handicap. Ritornando però al video di apertura, Josh racconta che per una persona disabile la vita non è per niente facile e le possibilità di una vita normale sono assai limitate, anche per quanto riguarda l'intrattenimento quindi è importante che i designer prestino sempre più attenzione all'accessibilità, inoltre il videogioco non è solo un modo per sfuggire qualche ora alla propria disabilità ma è anche uno spazio sociale in cui una persona non subisce il giudizio delle apparenze e viene considerata solo in base alle sue scelte e da ciò che viene fatto all'interno del gioco. Quindi la domanda spontanea che viene da farsi è davvero in alcuni casi non si può fare proprio nulla? Quali sono reali difficoltà di sviluppo e quanta è invece la pigrizia di alcune case di sviluppo? Lungi dal volervi fare la solita predica buonista, tipo quella che da bambini ci veniva fatta dai nostri genitori ("abbi rispetto e non lasciare niente nel piatto che nel mondo ci sono bimbi che muoiono di fame") però in quanto giocatori parte della sensibilizzazione spetta a noi e quando ci capita di giocare ad un titolo che ci ha colpito particolarmente, forse dovremmo soffermarci e pensare se l'avremmo apprezzato così tanto anche affetti da qualche handicap.