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Final Fantasy 16: cosa vorremmo nel nuovo JRPG Square Enix

Riflettiamo sulle nuove strade che potrebbe percorrere Square Enix in vista di Final Fantasy 16 e dei nuovi capitoli della famosa serie JRPG.

SPECIALE di Christian Colli   —   03/12/2016

L'uscita di Final Fantasy 16 è ancora molto lontana. Ma dopo quanto visto in Final Fantasy XV, cosa vorremmo nel nuovo JRPG Square Enix? Che cosa ci è piaciuto tanto da rivolerlo e che cosa, invece, dovrebbe proprio cambiare? Final Fantasy è infatti una serie che tenta regolarmente di rinnovarsi, specie da quando è diventata mainstream anche in Occidente, e col quindicesimo capitolo Square Enix ne ha cambiato drasticamente la forma nel tentativo di fare presa non solo sui veterani, ma anche e soprattutto sulle nuove generazioni cresciute a pane, open world e action game. Lasciando stare tutta la debacle sullo sviluppo tormentato del quindicesimo episodio - originariamente spin-off del tredicesimo, prima di passare dalle mani di Tetsuya Nomura a quelle di Hajime Tabata - bisogna constatare che, rispetto ai predecessori, Final Fantasy XV è un titolo profondamente diverso, se non nello spirito sicuramente nell'esecuzione.

Fino a qualche anno fa, l'uscita di ogni nuovo Final Fantasy era una grande festa. I giocatori davano per scontato che ogni nuovo episodio della saga targata Square Enix fosse un piccolo capolavoro e nessuno si stupiva per i voti altisonanti assegnati dalla critica. Oggi Final Fantasy è trattato alla stregua del Call of Duty di turno. Mentre sorseggiavamo un bicchiere di champagne nella limousine gentilmente offertaci dal publisher per la recensione di Final Fantasy XV, stavamo pensando a quello che il futuro riserva al franchise, perché se i giocatori oggi hanno qualche dubbio un po' è anche colpa di Square Enix che negli ultimi anni non l'ha esattamente gestito con delicatezza. Cerchiamo di immaginare, quindi, cosa potrebbe fare per invertire questa tendenza.

Final Fantasy 16: cosa vorremmo nel nuovo JRPG Square Enix

Il sistema di combattimento

Andiamo dritti al sodo, anche perché abbiamo avuto la forte sensazione che sia stato soprattutto il sistema di combattimento a lasciare perplessi molti giocatori. In un certo senso è comprensibile perché la serie madre, dal primo Final Fantasy del 1987 al tredicesimo del 2009, ha sempre mantenuto un'impostazione sostanzialmente a turni anche sotto forma di Active Time Battle System. I primi passi verso il tempo reale e l'azione vera e propria si sono mossi con l'undicesimo capitolo, ma quello era un MMORPG e per amor di coerenza lo escluderemo dal nostro ragionamento insieme al quattordicesimo, passando direttamente al dodicesimo in cui, se ricordate, il giocatore controllava direttamente un membro del party, affidando gli altri all'intelligenza artificiale attraverso il sistema comportamentale dei Gambit. Final Fantasy XIII (specialmente il terzo episodio, Lightning Returns) è stato quello più "action oriented", ma pur sempre di turni si trattava. Final Fantasy XV è completamente action e ricorda più un Kingdom Hearts che un Final Fantasy tradizionale. Nonostante ciò, ha poco senso sostenere che Square Enix lo abbia snaturato non ricorrendo al classico sistema di combattimento a turni, poiché l'Active Time Battle System si è palesemente evoluto negli anni in questa direzione.

Bisogna anche considerare che oggi è più difficile proporre al pubblico una struttura classica e tradizionale come quella a turni. Se lo può permettere Atlus, forse, perché si rivolge da sempre a una nicchia di estimatori del genere JRPG, ma Square Enix deve pensare più in grande per semplici ragioni di marketing. Seriamente, provate a immaginare un JRPG tecnologicamente sofisticato come Final Fantasy XV in cui i personaggi restano immobili sul posto, in fila, ad aspettare il loro turno per attaccare i nemici, in fila pure loro, all'altro capo del campo di battaglia. Sarebbe surreale. Può funzionare in un JRPG caricaturale come Bravely Default o World of Final Fantasy, ma non nel contesto di un Final Fantasy XV. E poi è difficile spiegare quanto sia fresco e divertente il sistema di combattimento del quindicesimo Final Fantasy: intuitivo e al contempo stratificato, verte tutto sulla creatività e sulla libertà del giocatore senza mancare di un pizzico di strategia che non guasta. Insomma, in Final Fantasy XVI vorremmo proprio qualcosa di simile, magari con una modalità tattica un pelo più curata, in stile Dragon Age o Mass Effect, e la possibilità di controllare indirettamente i membri del party attraverso una serie di opzioni simili ai Gambit di Final Fantasy XII. Una cosa che dovrebbe cambiare, però, è il sistema delle magie: per quanto interessante, quello di Final Fantasy XV non ci ha entusiasmato, essendo troppo macchinoso e limitante. Meglio quello vecchio, con le magie che dipendono dai Job e che si possono lanciare finché non si finiscono i PM. Perché, ovviamente, in Final Fantasy XVI rivogliamo i Job.

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Il party

Non ci avrebbe scommesso nessuno su quei quattro truzzi che ha per protagonisti, eppure il gruppo formato da Noctis, Ignis, Gladiolus e Prompto è uno dei più coinvolgenti in tutta la saga di Final Fantasy, spin-off compresi. Sono semplicemente "scritti" benissimo. Le loro interazioni e le dinamiche della squadra restituiscono l'idea genuina di un quartetto di amici per la pelle alle prese con un'avventura più grande di loro. Al netto di una miniserie a cartoni animati (Brotherhood) che potreste anche non guardare mai, i piccoli dettagli, i battibecchi e i commenti dei quattro "guerrieri della luce" riescono a caratterizzare meravigliosamente i protagonisti di Final Fantasy XV, facendoceli apprezzare di più a ogni dialogo o ad ogni combattimento, grazie anche al contesto "on the road" del loro viaggio in macchina. Sono i tocchi di classe come Noctis e Prompto che si scambiano le armi per un attacco incrociato, Gladiolus che prende Noctis a pesci in faccia ogni volta che si comporta da ragazzino o Ignis che cucina per tutti quando si accampano a rendere magica la loro compagnia. In Final Fantasy XVI rivorremmo una squadra forte come questa, ma non ci dispiacerebbero alcuni cambiamenti. L'impostazione va bene, ma i nuovi protagonisti dovrebbero essere più eterogenei. Servirebbe assolutamente una ragazza a movimentare le dinamiche, specialmente se Square Enix riuscisse a tirarne fuori un bel triangolo amoroso tipo quello tra Cecil, Kain e Rosa in Final Fantasy IV. A tutti piacciono le love story, no? E poi il gruppo dovrebbe essere composto da razze diverse, perché quella è sempre stata la caratteristica dei migliori Final Fantasy e già nel dodicesimo si sentiva fortemente la mancanza di un bel Bangaa nel party. Chi può aver dimenticato i pittoreschi protagonisti di Final Fantasy IX o di Final Fantasy VII, nel quale militavano un quadrupede e un pupazzo di pezza? Per qualche motivo, Square Enix ha cominciato a prediligere la sola razza umana già in Final Fantasy VIII e, se escludiamo il gruppo caricaturale del nono episodio e gli umanoidi Kimahri e Fran dei capitoli successivi, arriviamo ai protagonisti unicamente umani di Final Fantasy XIII e poi Final Fantasy XV. Che barba! Andrebbe già meglio una cosa come Final Fantasy XIV coi suoi Roegadyn e Lalafell, no?

L'open world

Ad essere del tutto onesti, non riusciamo a capire questa fissa dei giapponesi con l'open world. Prima i ragazzi di Monolith Soft con Xenoblade Chronicles X, poi Square Enix con Final Fantasy XV: è come se, dopo The Elder Scrolls V, The Witcher 3 e Grand Theft Auto V, l'unica via di un videogioco tecnologicamente all'avanguardia sia quella dell'open world. Essere liberi di andare dove si vuole fin dall'inizio è bello e avvincente ma, a nostro avviso, in certi contesti l'open world è più un male che un bene. Prendiamo proprio Xenoblade Chronicles X: ha uno degli open world più sofisticati di sempre, ma che cosa ha dovuto sacrificare Tetsuya Takahashi? Ecco, bravi, la sceneggiatura, perché la trama di Xenoblade Chronicles X non è mica male, ma non c'è paragone con quella di Xenoblade Chronicles, Xenogears o XenoSaga. La storia si è ripetuta con Final Fantasy XV, come se i nostri amici dagli occhi a mandorla non avessero imparato nulla. Il problema è anche un altro. Puoi farci l'open world più bello dell'universo, o sviluppatore giapponese random, ma se ce lo riempi di missioni secondarie tutte uguali non concluderai mai nulla.

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La storia

Nella nostra recensione di Final Fantasy XV abbiamo scritto che "la storia poteva essere raccontata meglio". Apriti cielo! Molti lettori, basiti, hanno ritenuto a dir poco eretico che un Final Fantasy avesse una brutta trama, peccato che noi non abbiamo mai scritto che fosse brutta, solo che... poteva essere raccontata meglio. E lo sottoscriviamo. A dirla tutta, la storia di Final Fantasy XV è una delle migliori di tutta la saga perché è epica, è coinvolgente e, soprattutto, è semplice. Non ci sono paroloni da memorizzare, mitologie complicate sulle quali scervellarsi, assurdità soprannaturali e sottotesti filosofici che lasciano il tempo che trovano. Noctis è un principe che deve riconquistare il suo regno e salvare la sua futura sposa, ma prima deve imparare il significato di essere un re. Semplice, chiaro, ma avvincente e appassionante al tempo stesso. Solo che non sappiamo come altro spiegare che... Tabata e soci potevano raccontarla meglio.

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I problemi della sceneggiatura di Final Fantasy XV, a nostro avviso, sono principalmente due. In primo luogo, la dinamica open world nella prima parte del gioco che permette al giocatore di temporeggiare e cozza col senso di urgenza stabilito nelle premesse. Noctis deve riprendersi il trono il prima possibile, ma il gioco gli permette di andarsene a zonzo per giorni a caccia di mostri e ingredienti. Nella seconda parte del gioco la situazione cambia quando la struttura diventa più lineare e guadagna maggior pathos, ma la soluzione ibrida pensata per accontentare tutti non ci ha convinto completamente. Il secondo problema riguarda semplicemente le tempistiche: è chiaro che Hajime Tabata avrebbe avuto bisogno di più tempo per sciogliere tutti i nodi narrativi e probabilmente ha dovuto barcamenarsi con la sceneggiatura scritta precedentemente da Tetsuya Nomura che magari non si sposava bene con le nuove dinamiche di gioco, fatto sta che si avverte la netta sensazione che qualcosa sia rimasto fuori dai giochi come le sottotrame di alcuni personaggi. I più maliziosi pensano già ai DLC annunciati ufficialmente e non, ma vero oppure no che sia è qualcosa che in Final Fantasy XVI non vorremmo assolutamente. Ci piace pensare che il tormentato sviluppo di Final Fantasy XV sia un caso unico che non si ripeterà, e che chiunque lavori al prossimo episodio avrà tutto il tempo per scrivere meglio la storia e caratterizzare ogni personaggio senza sacrificare nulla. Poi se i DLC sono validi, ben vengano, ma non a scapito di una storyline coerente e priva di buchi narrativi da riempire a pagamento. In definitiva, in Final Fantasy XVI vorremmo una trama semplice e chiara come quella del quindicesimo episodio, ma più completa e sceneggiata con la stessa cura dall'inizio alla fine. Perché quella di Noctis è proprio une bella storia, solo che... si poteva raccontare meglio!

Certo, non tutti gli RPG possono avere missioni secondarie complesse e stratificate come quelle di The Witcher 3, ma nel 2016 non puoi mandare un principe a fare da corriere da un campo di fagioli a un mercato agricolo. Ben venga l'open world, in Final Fantasy XVI, ma a due condizioni. In primo luogo, le missioni secondarie devono essere tante e devono contribuire a caratterizzare il mondo del gioco in quello che i nostri amici yankee chiamano "world building". Completare una missione deve servire a comprendere i personaggi che ce l'hanno affidata e a conoscere meglio l'ambientazione. Mandaci pure a raccogliere i fagioli, mercante, ma facci esplorare un luogo significativo piuttosto che un orto nel mezzo del nulla. In seconda istanza, l'open world non deve entrare in contrasto con la storia. Lì è questione di sceneggiatura, in quanto bisogna saperla diluire e ritmare in modo che gli eventi non si accavallino. La soluzione ibrida di Final Fantasy XV non è una cattiva idea, ma piuttosto che spaccare in due parti la struttura del gioco, sarebbe più logico alternare un capitolo in cui si può girellare per il mondo a uno in cui siamo obbligati a seguire la storia, magari affrontando i nemici tra una cinematica e l'esplorazione di uno scenario. Completata la missione principale, si torna all'open world in un momento di quiete che precede lo sviluppo della storia, liberi di cacciare mostri e raccogliere fagioli.

Le evocazioni

Per finire, vogliamo spendere due parole sulle evocazioni, visto che molti lettori sembrano averle a cuore. Premettiamo che abbiamo adorato le evocazioni di Final Fantasy XV, nonostante sia raro invocare il potere dei Siderei in battaglia: per chi non lo sapesse, sono le sei divinità che proteggono il mondo di Eos a decidere di aiutare Noctis. Il principe di Insomnia non può impiegare i loro poteri devastanti a piacimento, ma solo sperare che si decidano a manifestarsi durante le battaglie. A quel punto basta premere il tasto indicato sullo schermo per innescare una cinematica incredibilmente spettacolare, seminando morte e distruzione.

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È un meccanismo limitato, ma rende perfettamente l'idea di queste divinità capricciose e irascibili che non si piegano semplicemente al volere degli umani. I Siderei sono inoltre avvolti in un alone di mistero e lasciano intendere che abbiano personalità e rapporti ben precisi attraverso i loro sguardi o le loro interazioni. In Final Fantasy XVI vorremmo il meglio dei due mondi, nel senso che ci piacerebbe se Square Enix esplorasse meglio la storia delle varie divinità, magari scrivendo una sottotrama come quelle viste in Final Fantasy IV e Final Fantasy VI: ve ne abbiamo parlato qualche giorno fa nel nostro speciale sulle evocazioni. D'altra parte, sarebbe importante consentire al giocatore una maggiore libertà decisionale, integrandole attivamente nel gameplay. Secondo noi, il sistema delle evocazioni di Yuna in Final Fantasy X resta ancora il migliore, ma Square Enix potrebbe perfezionarlo arricchendolo con le meccaniche viste in Final Fantasy XIII e in Final Fantasy XII: le creature evocate compaiono e si uniscono al gruppo per un breve periodo di tempo, usando abilità specifiche che culminano nell'impiego della loro tecnica d'attacco più iconica. Sarebbe incredibile combattere una schiera di mostri col gigantesco Bahamut alle nostre spalle che soffia fuoco e fiamme dappertutto.

Ma queste, per ora, sono solo fantasie, anche se non finali. Final Fantasy XV è appena uscito e sappiamo che il prossimo progetto di Square Enix è l'attesissimo remake di Final Fantasy VII: è possibile che non vedremo un sedicesimo episodio per anni. Nel frattempo nulla ci vieta di immaginarlo. Voi lettori, per esempio, che cosa vorreste in Final Fantasy XVI?