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L'inquietudine dell'androide

NieR: Automata è molto promettente, ma non pensate che si tratti solo di un ottimo action game... le due ore passate col gioco ci hanno già dimostrato il contrario

PROVATO di Aligi Comandini   —   13/02/2017

Vogliamo cominciare quest'anteprima di NieR: Automata con un chiaro avvertimento: "non aspettatevi un action alla Bayonetta, e non basatevi sull'innegabile spettacolarità della demo per valutarne le caratteristiche".

L'inquietudine dell'androide

Il titolo di Platinum e Yoko Taro è indubbiamente dotato di qualità che lo avvicinano in modo prepotente agli stilosi action della casa che abbiamo imparato ad amare negli anni, ma alla base è un seguito di NieR. NieR non è un gioco comune, la mente di Taro non è prevedibile, e Automata è un pargolo di questo eccentrico autore in tutto e per tutto. Tradotto in parole povere: qua non ci sono solo botte e acrobazie aeree, addentrarsi nell'essenza profonda di NieR: Automata significa trovarsi davanti a un globo pulsante di angoscia, stranezze inquietanti e soluzioni di design imprevedibili; e se vi diciamo tutto questo è perché il giocatore impreparato potrebbe uscire un tantinello alienato dall'esperienza. Sia chiaro, peraltro, che non stiamo tentando di dissuadervi dall'acquisto: abbiamo testato il gioco per oltre due ore negli uffici milanesi di Koch Media e l'impatto è stato incredibilmente positivo. Noi però alla malattia mentale di Taro siamo abituati, l'abbiamo abbracciata in toto e siamo consci della sua tendenza all'uso di trovate scioccanti. Tale comprensione dei suoi labirinti neuronali è almeno in minima parte necessaria per apprezzare questo titolo potenzialmente eccezionale.

NieR: Automata è notevole, ma anche inquietante: godetevi la nostra ultima preview prima del lancio

Un mondo morto in guerra

La premessa di Automata è nota: il pianeta terra è ormai abbandonato, e gli ultimi umani rifugiati sulla luna sono perennemente impegnati in una guerra interminabile con delle macchine umanoidi che hanno invaso la sua superficie, all'apparenza create da una misteriosa razza aliena. Non sono loro a combattere direttamente, bensì dei poderosi androidi che esistono esclusivamente allo scopo di distruggere la minaccia robotica e di riconquistare il pianeta.

L'inquietudine dell'androide

Il fatto è che questa peculiare premessa dimostra di nascondere innumerevoli incongruenze già durante le prime ore di gioco, quando nei panni dell'androide Yorha 2B ci si rende conto subito di svariate stramberie nei comportamenti dei nemici, e si assiste a una serie di situazioni tra il sospetto e l'incomprensibile. Ora, non abbiamo la benché minima intenzione di anticiparvi cosa abbiamo scoperto durante le prime quest principali del gioco (e c'è anche un chiaro NDA a impedirci di farlo), ma sappiate che - come spiegato nell'introduzione di questo articolo - è roba davvero inquietante. D'altronde Taro ha precisato più volte di ritenere che il medium videoludico abbia enormi potenzialità dal punto di vista narrativo, e che ridurlo alla restrittiva visione della "violenza che risolve tutto" non è la sua intenzione. Scelte morali che vanno contro a ciò che i giochi comuni vi hanno inculcato in tutti questi anni appaiono praticamente subito, e siamo pronti a scommettere che non saranno limitate alla prima fase del gioco. Stacchiamoci comunque per un attimo dalla storia, che sembra avere un tono ancora più dark rispetto al predecessore (perlomeno spezzato da scambi di battute piuttosto divertenti tra i personaggi, qui più rade), per ributtarci sul gameplay effettivo che - come detto - è molto meno frenetico di quanto si possa credere. Dopo la prima fase di gioco infatti, che confermiamo essere quella vista nella demo, ci si ritrova nelle rovine cittadine viste in molti dei trailer recenti, dove l'esplorazione diventa importante tanto quanto il combattimento nell'esperienza.

Un passo dietro l’altro

Siamo riusciti ad esplorare per bene tre mappe durante la prova (escluse una fase iniziale in bianco e nero nella "base lunare" che fa da quartier generale per gli Yorha e la zona industriale della demo), ma possiamo descrivervene solo un paio: le rovine e il deserto. Dopo la prima, scenica, mezz'ora NieR non ci mette molto a diminuire il ritmo, ponendo il giocatore di fronte a pianure estese e ricche di edifici e passaggi, solo parzialmente esplorabili durante le prime scampagnate.

L'inquietudine dell'androide

Il quartier generale della resistenza umana è l'hub della prima zona, quella cittadina in rovina, ed è qui che appaiono evidenti i primi marcati elementi da gioco di ruolo del titolo di Platinum: una volta completate delle quest secondarie piuttosto classiche, che richiedono di trovare dei materiali ammazzando alcuni robot innocui, vi troverete un fabbro da cui acquistare e potenziare le vostre armi, personaggi non giocanti in grado di darvi altre quest aggiuntive, e una stramba tizia mascherata con tutte le informazioni necessarie ad arrabattarsi tra le meccaniche e i mercanti del gioco. Il fatto che i nemici della prima zona non attacchino è sicuramente interessante, ma vedrete situazioni simili spesso nelle prime ore (ed è al momento difficile prevedere dove tutto andrà a parare), quindi è il caso di soffermarsi su un altro elemento: l'ironia. NieR era infatti un gioco fortemente critico dei topoi e delle forzature del gaming nipponico, al punto da arrivare a tratti a smanettare malamente sulla sua stessa struttura pur di arrivare dritto al punto (il brutto è che comunque non è stato capito). In Automata non mancano dunque battutine sulla natura delle quest secondarie e quant'altro durante la campagna, con la differenza che gli sviluppatori non hanno voluto che l'ironia andasse a impattare negativamente sulle meccaniche e lo scheletro del loro prodotto, per un'esperienza in generale più scorrevole, molto meno ripetitiva, e sensibilmente più appassionante. Qualche passo di troppo per completare e risolvere le quest lo dovrete fare, tuttavia si nota immediatamente come il passaggio da una missione primaria all'evento successivo sia più lineare, sensato e veloce di quanto visto in passato.

Piante, sabbia e... muri invisibili

Il deserto, zona in cui si teneva un'altra delle quest primarie da noi provate, non si è dimostrato inferiore alla città in quanto a cura ed estensione: pur con pochi edifici a variare il paesaggio, si tratta di una distesa enorme e spezzettata, dove non dubitiamo che si dovrà tornare più volte durante l'avventura, per un motivo o per un altro.

L'inquietudine dell'androide

Percorrere queste mappe estese potrebbe sembrare noioso, eppure in realtà gironzolare in Automata non è particolarmente pesante, per via della velocità di movimento estrema di Yorha 2B (e di 9S, il primo compagno dell'avventura che segue la protagonista come un'ombra) e della possibilità di cavalcare certi animali. Noi non ce ne siamo curati particolarmente nella prova, ma mettendo a terra delle esche sarà possibile tranquillizzare e usare come mezzo di trasporto alci, cinghiali e chissà cos'altro. Per quanto belli e utili possano essere alci e cinghiali, ad ogni modo, è il caso di parlare anche degli elefanti, o meglio... dell'elefante nella stanza: il comparto tecnico. Non è infatti possibile chiudere un occhio davanti al livello di dettaglio grafico di NieR, perché è maledettamente basso. Il gioco vive una dualità davanti a cui Saga di Gemini dei I Cavalieri dello Zodiaco pare un principiante delle personalità multiple: da una parte ha animazioni meravigliose, di una fluidità rara e valorizzate da particellari piacevoli; dall'altra ha un conteggio poligonale da gioco PlayStation 3, con una vegetazione di qualità davvero scadente, texture spesso sgranate, personaggi non giocanti che non muovono la bocca quando parlano e, nel 2017, muri invisibili. Sul serio, è irritante constatare quanto grosse e ricche di possibilità siano le mappe, solo per trovarsi davanti ad aperture che Yorha potrebbe tranquillamente percorrere e la fermano grazie a chissà quale energia mistica. Si potevano trovare sicuramente soluzioni esteticamente più piacevoli per evitare al giocatore di raggiungere certi posti.

True bosses

Un graficone non ci avrebbe fatto schifo, vero, ma in un gioco come NieR: Automata non è certo il numero di poligoni il cuore pulsante. Storia e gameplay sono enormemente più importanti nell'insieme, ed è piacevole constatare come - laddove la prima dimostra dopo pochissimo di essere ricchissima e fuori dagli schemi - le meccaniche riescano a veleggiare con tranquillità su mari tempestosi grazie a tutta una serie di trovate brillanti. Il combat system dopotutto, pur con manovre offensive non troppo complesse, risulta ottimo grazie alla già descritta schivata controllabile e alla notevole reattività dei comandi, per arrivare a vette impressionanti durante gli scontri coi boss.

L'inquietudine dell'androide

La prima l'avete già provata durante la demo, più scenica che altro, ma sicuramente gestita alla grande per catturare l'attenzione di chi non ha mai sentito parlare della serie. Dalla seconda in poi, però, le cose cambiano: i nemici si fanno più complicati da eliminare, i loro comportamenti più elaborati, e le arene ancor più spettacolari. L'unico di cui possiamo parlarvi, un misterioso umanoide incontrato alla fine della fase desertica, non era particolarmente difficile da mettere KO, ma imparava gradualmente le mosse degli androidi, fino a sviluppare una barriera respingente da non sottovalutare e una nutrita schiera di poteri energetici dalla distanza (che aggiunge al combattimento i soliti elementi da "danmaku", ovvero sparatutto bullet hell nipponico, che molti nemici in Automata supportano). Se i primi boss sono a questo livello, non osiamo immaginare quelli successivi. I sistemi di sviluppo poi, non sono da meno, con i chip dei "pod" che accompagnano gli androidi personalizzabili fino all'eliminazione dell'interfaccia giocatore, e un elemento "alla Dark Souls" che costringe a recuperare il proprio corpo distrutto quando si viene sconfitti per non perderli (il corpo devastato può persino venir temporaneamente riparato per fare da supporto extra in battaglia). Insomma, il gioco che unisce i talenti dei Platinum a quelli di Yoko Taro sembra essere venuto su con tutti i crismi del caso; resta da vedere se il buon Taro sia riuscito o meno a creare una trama tanto sconvolgente quanto concreta (una cosa non scontata, nel caso sia partito per la tangente) e se il gioco sarà in grado di intrattenere a questo livello per tutta la sua durata. Dovesse esser così, aspettatevi uno dei migliori titoli del 2017, anche se non sarà il più bello da vedere.

CERTEZZE

  • Gameplay eccellente, spettacolare e riuscito
  • Mappe estese e suggestive
  • Trama inquietante, ricca di mistero e appassionante
  • Boss notevoli

DUBBI

  • La sua natura atipica potrebbe stranire molti giocatori impreparati
  • Tecnicamente non è eccelso