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Niente turni, solo botte

Dragon Quest Heroes si rivelò ai tempi un ottimo esponente del suo genere: abbiamo provato il suo seguito

PROVATO di Aligi Comandini   —   10/03/2017

Il fenomeno musou potrebbe risultare molto interessante da un punto di vista puramente sociologico. Cosa spinge un'intera popolazione a idolatrare titoli dove sbattere la faccia contro un pad permette - almeno nella maggior parte dei casi - tranquillamente di avanzare, tra livelli con strutture viste e straviste un fantastilione di volte, e nemici con il quoziente intellettivo di un cassetto di legno?

Niente turni, solo botte

È il senso di potere assoluto dato dallo sterminio di interi eserciti in singolo? La spettacolarità di mosse comunemente inattuabili? O, semplicemente, per il lavoratore d'ufficio medio giapponese spegnere il cervello e vedere nemici che si disintegrano davanti ai colpi di un'arma da taglio è il modo migliore di sfogare lo stress? Misteri della fede; fatto sta che comunque i musou vendono molto in terra natia, al punto da aver portato marchi di una certa importanza a legare il proprio nome a questo controverso sottogenere degli action hack 'n' slash: The Legend of Zelda, One Piece, Hokuto no Ken, Berserk... tutti facilitati nella scelta dalle spese di sviluppo limitate di titoli di questo genere. Per quanto si veda comunque un riutilizzo quasi imbarazzante di sistemi, modalità e ambientazioni nel campo dei musou, dei timidi passi avanti sono stati fatti anche qui, e in particolare nel periodo recente gli sviluppatori nipponici sembrano aver tentato di arricchire la formula con qualche interessante trovata. Hyrule Warriors è stato tra i primi a implementare un sistema di aggancio più vicino agli action classici, One Piece ha inserito tra i livelli sezioni platform e cambiamenti di meccaniche interessanti, laddove invece i Warriors Orochi hanno spinto sulla filosofia del "pokémusou", permettendo di utilizzare e collezionare dozzine e dozzine di combattenti. Ed è proprio a questo filone di "musou evoluti" che sembra appartenere Dragon Quest Heroes II, seguito del già discreto Dragon Quest Heroes che vuole migliorare quanto era già stato fatto dal predecessore. Lo abbiamo testato a lungo negli uffici di Koch Media: ecco le nostre impressioni.

C'è un altro musou in arrivo e stavolta è il seguito di uno spin-off illustre: Dragon Quest Heroes II

Fanservice e mazzate

Parliamoci chiaro, Dragon Quest Heroes II è un titolo costruito innanzitutto sul fan service: la serie nella Terra del Sol Levante è leggendaria, le vendite assicurate e l'utilizzo di personaggi provenienti da svariati dei capitoli principali scontato. A questi volti noti, però, si aggiungono i due protagonisti, una testa calda con il pallino per i combattimenti di nome Lazarel e la sua prode cugina Teresa, che si ritrovano coinvolti in una guerra senza esclusione di colpi e paiono essere al centro di una antica profezia.

Niente turni, solo botte

Per un musou, va detto, Dragon Quest Heroes II è particolarmente ricco di dialoghi e cutscene, probabilmente per la volontà di mantenere una certa vicinanza al marchio originale. Anche gli elementi GDR sono pertanto più marcati del solito, e sono state addirittura mantenute alcune caratteristiche proprie dei giochi primari. Tra tutte, ad esempio, la possibilità di salvare solo nelle zone cittadine (una soluzione convulsa, nonostante queste siano facilmente raggiungibili con la magia Zoom quasi subito), la presenza di numerosi negozi di oggetti e di un sistema di equipaggiamento complesso, e la possibilità di usare un intero party di personaggi in battaglia invece di un singolo eroe. Quest'ultima, e particolarmente curiosa, caratteristica si riavvicina proprio ai sopracitati Warriors Orochi, poiché garantisce di usare istantaneamente l'eroe che si desidera e di sfruttare i vari poteri dei protagonisti per combinazioni davvero devastanti, che alzano non poco il livello del solito "ammazza ammazza" a cui i musou ci hanno abituato. Ora, non aspettatevi miracoli: alla base Dragon Quest II è pur sempre un appartenente al genere, quindi tra le sue mappe troverete centinaia di nemici quasi inermi da massacrare e una difficoltà di base davvero bassina. Eppure la varietà dei mostri (presi a piene mani dai GDR della saga) è notevole, e non mancano miniboss o bestiacce d'élite con cui è il caso di utilizzare la meccanica di aggancio (sì, è presente anche qui come in Hyrule Warriors) e un pochino di ragionamento. Il bello è che questi mostri sono pure utilizzabili una volta sconfitti, poiché lasciano spesso cadere delle monete da evocazione, che permettono di chiamarli sul campo di battaglia come se fossero truppe alleate o di trasformarsi temporaneamente nei bestioni più devastanti.

King of the monsters

Considerando che il gioco è ricco di personaggi carismatici (noi nelle prime due ore e mezza abbiamo trovato Torneco di Dragon Quest IV e Maribel e Gabo di Dragon Quest VII) tutti dotati di poteri specifici e combo personalizzate, potrete ben immaginare la varietà in attacco offerta dall'uso dei mostri.

Niente turni, solo botte
Niente turni, solo botte

Alcuni, pensate, sono praticamente delle magie viventi, che esplodono in un lampo o caricano il nemico per disintegrarsi dopo averlo danneggiato, e vanno ad accompagnare un sistema magico con incantesimi multipli poi "equipaggiabili" nella ruota delle azioni veloce dei vari protagonisti. Non scherzavamo insomma quando si parlava di combinazioni devastanti: passare di personaggio in personaggio e usare con gran velocità tutte le magie a sua disposizione, i mostri, e qualche combinazione per chiudere la danza, permette di fare stragi inimmaginabili. L'immancabile barra caricabile a forza di uccisioni - che garantisce invulnerabilità e punti magia illimitati per un po' di tempo, oltre a poderose mosse finali - non è che un ulteriore strumento di morte di cui quasi non si sentiva il bisogno. Agli elogi devono però aggiungersi anche delle immancabili critiche, e sono parecchie, considerato di che genere stiamo parlando. Al solito, l'intelligenza artificiale nemica (ma anche quella alleata) è imbarazzante, le missioni tirate per le lunghe e ripetitive - con le tipiche stanze piene di nemici da liberare e alcuni personaggi non controllabili a cui fare da balia - e il comparto tecnico non fa gridare certo al miracolo con le sue mappe cubettose. Va detto comunque che i modelli cartooneschi e il look coloratissimo del tutto aiutano a indorare la pillola. Non stratosferico, infine, il multiplayer, da noi provato solo per una missione della storia (è disponibile anche per dungeon dedicati) ma incapace di aggiungere gran che all'esperienza. In pratica ci si limita a controllare un singolo personaggio invece dell'intero team, mentre l'uso dei mostri viene limitato all'host della partita (forse per evitare sbilanciamenti, o un quantitativo esagerato di mostri evocati contemporaneamente). L'esperienza, così, diventa sensibilmente più noiosa, dunque speriamo che le mappe pensate esclusivamente per l'online offrano qualcosa di più della solita pletora di mazzate. In parole povere: Dragon Quest Heroes II sembra una versione rifinita, ampliata e migliorata del suo predecessore, e uno tra i migliori esponenti in circolazione del suo genere... però resta un musou. Ormai dovreste sapere più che bene cosa ciò comporta.

CERTEZZE

  • Sfrutta migliorie strutturali viste nei migliori esponenti del genere
  • Particolarmente verboso e narrativamente ricco per un musou
  • Personaggi curati e interessante sistema di evocazione mostri

DUBBI

  • Resta un musou duro e puro, con tutti i problemi che ciò comporta