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Esploriamo il mondo de La Terra di Mezzo: l'Ombra della Guerra

Nell'ultimo lavoro di Monolith dedicato alla Terra di Mezzo non è solo il gameplay a nascondere delle sorprese...

SPECIALE di Aligi Comandini   —   16/06/2017

Che La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra sia promettente non ci stancheremo di ripeterlo fino alla data di lancio, ma il lavoro di Warner e Monolith ha migliorato elementi che esulano dal gameplay, andando a "ristrutturare" un mondo di gioco che, per quanto affascinante, non era mai stato in grado di sfruttare al meglio l'immenso potenziale dell'universo Tolkeniano nel predecessore. Il cambiamento che maggiormente ha forse dato nuova linfa vitale a un background narrativo inizialmente deboluccio è peraltro proprio quel Nemesis System che dalla storia in principio distoglieva più di ogni altro elemento, ora pensato per ravvivare la narrativa con personaggi stratificati, ben caratterizzati, e fuori dagli schemi. A discutere con noi della cosa, peraltro, abbiamo trovato un ospite d'eccezione: Troy Baker, ormai stranoto doppiatore di una miriade di giochi, che in questo progetto ha un ruolo ben più importante di quello di semplice "voce". Ecco cosa ci ha raccontato, e cosa è il caso di aspettarsi da un titolo ben più ambizioso di ciò che lo ha preceduto.

Orche-stra di attori

Baker è un uomo carismatico, questo è innegabile, accondiscendente a livelli che rasentano il fastidio, ma è abbastanza evidente quanto creda nel progetto quando parla, perché tra una gentilezza e una frase fatta ogni tanto gli si illuminano gli occhi. Il motivo è presto detto, in L'Ombra della Guerra non è più solo il doppiatore di Talion, ma ha in pratica il ruolo di coordinatore degli attori, una sorta di director impegnato nella gestione delle voci e dei personaggi, quantomai necessario in un titolo come questo. Il Nemesis dopotutto mette in campo un numero smodato di fattori, che vanno anche a toccare i botta e risposta tra Talion e gli innumerevoli personaggi che incontra: Baker ha dovuto quindi indirizzare i suoi colleghi in modo da rendere naturali tali scambi, e il più possibile adeguate le rivalità e alleanze che il protagonista va a creare con le sue azioni nell'esteso mondo di gioco. "Sono un appassionato del signore degli anelli fin da quando ero piccolo" ha affermato mentre chiacchieravamo, "quindi per me è una sfida importante ed esaltante dare forma a questa storia in tal modo, e il confronto con i fan mi esalta anche quando arrivano delle critiche". D'altronde il buon Troy ne deve aver sentite tante dalla fanbase più dura e pura di Tolkien, visto che le opere di Monolith si prendono più di qualche libertà quando si tratta della mitologia dell'ormai leggendaria epopea fantasy dell'autore. "Va benissimo così", ci spiega, "perché è giusto che ci sia questa passione, ed è esaltante vederla dai fan di entrambi i lati". Quando parla di divisione degli appassionati intende ovviamente anche coloro che hanno invece abbracciato del tutto il titolo, arrivando a creare piccole fanbase dedicate ad alcuni orchi creati dal Nemesis System (come l'indimenticabile Ratbag de L'Ombra di Mordor, per intenderci). Ora che il sistema è migliorato pare che le reazioni dei giocatori si siano fatte ancor più focose, e sia lui che il team si aspettano di veder nascere delle piccole star orchesche procedurali tra i tanti nemici offerti dal gioco.

Dar vita a un universo

Il lavoro fatto sulle voci degli orchi generati proceduralmente è quindi impressionante, ma fa solo parte di uno tsunami di migliorie atte a rendere in generale l'esperienza più immersiva che mai, a patto probabilmente di "chiudere un occhio, e poi pure l'altro occhio" su quella che è la fedeltà all'opera letteraria (cosa che Baker non ha detto in intervista, ma che ci sembra a dir poco inevitabile vista la direzione del titolo). La scarsa varietà delle mappe de L'Ombra di Mordor è ad esempio scomparsa, sostituita da una serie di location studiate per offrire maggiore interattività, contenenti a volte anche città umane e diversificate a dovere per quanto riguarda le ambientazioni (sono presenti zone innevate e montuose, o luoghi suggestivi come Cirith Ungol, una sorta di città tra le nuvole). Queste grosse regioni, poi, sono conquistabili nell'ordine che si preferisce, e popolate da tribù di orchi le cui usanze vanno a impattare sul Nemesis, modificando le caratteristiche procedurali di certi personaggi orcheschi in base a usanze e tendenze di una specifica zona. Si tratta di una strana ma interessante forma di "cultura orchesca", che risulta importante ma non riesce a sua volta a rappresentare l'elemento portante del nuovo Nemesis: maggiore centralità in questo capitolo la ha per esempio un sistema interno che crea relazioni di amore-odio tra il giocatore e i vari orchi (anche quelli dominati erano pur sempre vostri nemici in principio) capaci di portare certi vostri scagnozzi a tradire, essere traditi o divenire incrollabili difensori del vostro piccolo impero nel caso decidiate di salvarli più volte e di dimostrare la loro importanza agli occhi degli altri luogotenenti dopo una dura battaglia (cosa fattibile anche con una semplice promozione all'interno dell'armata, per dire). Addirittura le tipologie dei nemici sono stata ampliate con l'introduzione degli Olog-Hai, grossi troll particolarmente svegli che fanno sembrare un Uruk-hai classico un grissino, e vantano routine comportamentali molto diverse da quelle degli scagnozzi tipici. Il risultato finale è un mondo in trasformazione continua, che cambia e si fa più o meno inospitale in base alle azioni del giocatore e viene lentamente popolato da una pletora di orchi a dir poco coloriti, pronti ad apportare modifiche molto personali alle varie fortezze e alle tante battaglie. Per raggiungere un risultato simile i Monolith hanno dovuto prendere di petto la situazione e superare eventuali barriere auto-imposte legate all'opera di Tolkien. Creare un videogame del genere significa gettare il cuore oltre l'ostacolo, persino se ciò dovesse portare a sacrificare la logica di certi - inevitabili - collegamenti diretti con Il Signore degli Anelli. Baker stesso, nonostante l'amore sperticato espresso per i fan dei classici, ha affermato di non sentirsi "bloccato" dall'eredità Tolkeniana e di voler fare il proprio senza eccessive restrizioni. Ora resta da vedere se tutto questo porterà alla creazione di un "mondo nel mondo" forte abbastanza da poter reggere un eventuale contraccolpo; certo è che fino ad ora le dimostrazioni viste sono state tutte notevoli prove di forza, e più ci si avvicina all'uscita più siamo fiduciosi. Non resta che aspettare, e vedere se questo immenso numero di elementi sia stato realmente fuso in un'opera inattaccabile. Ai posteri l'ardua sentenza.