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Le migliori evasioni dei videogiochi

Un vero giocatore non può essere tenuto in gabbia: ecco le migliori fughe di sempre!

SPECIALE di Dario Rossi   —   22/07/2017

Se ci pensate bene, la prigione è stata e resta ancora oggi uno degli scenari più affascinanti e sfruttati dagli sviluppatori di videogiochi, inossidabili ovviamente come la voglia di uscirne. C'è sempre un motivo per finire al fresco: che sia il pretesto per dettare i toni di una produzione, per introdurre determinate ambientazioni, o per confrontare il giocatore con una situazione inedita, la prigione mantiene nel suo spazio delineato e naturalmente costrittivo gli ingredienti dell'area ideale, dove sfogare non solo le idee per il level design lato sviluppatore, ma anche stimolare la materia grigia per trovare una via di uscita da parte del giocatore. Una formula dove traggono guadagno entrambe le parti. In questa occasione ci siamo quindi chiesti quali sono i migliori esponenti nello sfruttare efficacemente questa poco raccomandabile ambientazione. Scopriamoli!

Jail Break

Ok, in questo caso non si tratta di un gioco incentrato sulla fuga da una prigione, in Jail Break la fuga c'è già stata ed è di portata quasi apocalittica: un esercito di galeotti facinorosi, apparentemente tutti cloni di Vin Diesel, sono scappati da un carcere di massima sicurezza e imperversano seminando il terrore in città, con tanto di vistosa palla d'acciaio al piede. L'unico modo per rimetterli al fresco, salvando nel contempo anche il capo delle guardie del penitenziario, è affidarsi a un coraggioso poliziotto che non le manda certo a dire. Si presenta infatti con un temibile bazooka e addirittura un fucile a pompa con silenziatore, pronto a dissuadere con le maniere forti i criminali. Questo shooter a scorrimento orizzontale di Konami, uscito nelle sale giochi nel lontano 1986 e poi convertito su varie piattaforme casalinghe, si contraddistingueva anche per l'elevata difficoltà, un fattore comune per i cabinati di quei tempi.

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The Elder Scrolls IV: Oblivion

Il capolavoro di Bethesda Softworks non è interamente ambientato in una prigione, ma nell'intero, affascinante territorio della capitale di Tamriel, la rigogliosa Cyrodill. Ma la lunga sezione delle segrete, rappresentate efficacemente nel tutorial, è da manuale della programmazione, poiché accresce il climax per quello che sarà il vero colpo di gobbo della produzione, la fuga che poi porterà al primo contatto con lo sterminato open world allestito dalla casa di Maryland. Un colpo da maestro nella gestione delle tempistiche, che riesce a capitalizzare al massimo il rapporto antitetico tra un'area angusta e la vastità del territorio di Cyrodill. Oltre a questo, la parte nelle segrete imperiali è anche funzionale alla creazione del protagonista, un prigioniero colto da amnesia, e la scoperta del suo destino di eroe attraverso la conoscenza dell'imperatore Uriel Septim VII. Non ultima, l'introduzione alle meccaniche base del gioco, inclusi gestione dell'inventario, combattimenti e raccolta di oggetti, gestiti attraverso una serie di livelli sviluppati a hoc. Le prigioni di The Elder Scrolls IV: Oblivion non si dimenticano, e la fuga è tra le più gratificanti di sempre!

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Fallout 3

Dopo il fortunato caso di Oblivion, Betehsda ha replicato e amplificato la medesima formula dell'isolamento nell'apertura di Fallout 3, obbligando il giocatore a nascere e spendere le prime ore all'interno del Vault, un bunker antiatomico che rappresenta la nuova casa dei superstiti di un conflitto nucleare che ha devastato l'umanità. O almeno questo è ciò che sembra, ma se ci fosse ancora vita fuori? Se lo scopo primario è sempre quello di abituare il giocatore alle meccaniche di gioco prima di gettarlo nell'immancabile e dispersivo open world, in questo caso il contrasto tra la reclusione forzata e le prime scorribande all'esterno del Vault è radicale, in quanto il giocatore non ha la minima idea di cosa lo aspetta fuori, e le sorprese saranno davvero moltissime. L'uscita dal Vault rappresenta quindi una delle fughe più emotive e simboliche di sempre e giustamente uno dei momenti di massimo impatto della produzione.

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The Elder Scrolls V: Skyrim

Ormai appassionata all'escamotage delle immancabili prigionie o trattenimento coatto, Betehsda se ne inventa un'altra delle sue anche per The Elder Scrolls V: Skyrim, non solo per il fatto che il protagonista è sostanzialmente un fuggitivo fin dall'inizio, ma sfruttando al meglio una classica soluzione tipica delle avventure: privare a un certo il personaggio dei suoi oggetti e imporgli uno scenario inaspettato, in grado di cambiare le regole del gioco. Sostanzialmente è quello che accade recandosi in una delle città del territorio nordico, Markarth, e accettando una delle sue numerose quest secondarie. Nessuno si aspettava di ritrovarsi rinchiuso nelle miniere della città, in una sezione decisamente lunga e nel disperato tentativo di trovare una via d'uscita. Ancora meno trovare una sorta di gioco nel gioco semplicemente esplorando le sue varie sfaccettature, un aspetto che la dice veramente lunga sulla cura e la magia che Bethesda riesce a infondere nei suoi prodotti.

Metal Gear Solid

In Metal Gear Solid la poetica dell'esplorazione e fuga di un'area delimitata è portata fino agli eccessi. Nel visionario titolo di Hideo Kojima è l'intera isola di Shadow Moses a rappresentare una prigione, un'area alienata e alienante nelle sue strutture militari tecnologhce affondate nella neve. Scenario ideale per sfogare tutti i deliri di un gruppo di disadattati come la FOX-HOUND, la bizzarra unità di Liquid Snake composta da super soldati dai poteri misteriosi. Ad affrontarli ci pensa Solid Snake, personaggio abilmente plasmato sulle coordinate degli antieroi degli anni ottanta nel canovaccio della missione impossibile. O per la precisione il riferimento è propriamente uno: il mitologico Snake/Jena Plissken dei film di John Carpenter, rievocato in ogni suo gesto dal protagonista. Concetti come la tortura, la prigionia e l'evasione rappresentano comunque punti cardine non solo di questo capitolo, ma l'intera saga dedicata a Snake, tanto che anche nel prologo di Metal Gear Solid V, chiamato Ground Zeroes, vediamo ancora il nostro carismatico protagonista alle prese con un accampamento prigione di massima sicurezza.

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Batman: Arkham Asylum

Il capostipite della trilogia di Rocksteady Studios dedicata al cavaliere oscuro fa un utilizzo esemplare di un'area confinata, tanto da costruirci un'intera avventura e plasmare sullo scenario le dinamiche di gioco. Batman: Arkham Asylum prende il suo nome proprio dal celebre manicomio di Gotham, custode dei più temibili super cattivi della serie. In questo caso a entrare in scena è l'apice della nemesi dell'uomo pipistrello, quel Joker rappresentato con raro umorismo ed efferatezza dalla software house inglese, qui con un piano diabolico per sfruttare a suo vantaggio una serie di esperimenti proprio tra le mura dell'isola-manicomio. Ovviamente il nostro Batman non è affatto d'accordo e si adopererà per fermarlo in una gara contro il tempo, ma anche altri suoi storici avversari. L'aspetto migliore di questo apprezzatissimo titolo è proprio lo stesso Arkham Asylum, come detto ambientazione principale del gioco, che si presta come uno scenario favorevole al level design, che contempla esplorazione, puzzle solving e backtracking alternate a una struttura da picchiaduro che definisce i vari combattimenti.

Portal

L'ingegnoso Portal gioca tutte le carte sul rapporto tra la protagonista e un ambiente limitativo, che poi non si rivela proprio essere quello che ci si aspetta. A ogni modo, seguendo formule cinematografiche come il film Cube di Vincenzo Natali, Valve sfrutta il sempre efficace incipit del mistero di un'area straniante e non decifrabile, ma che pur sempre ci separa forzatamente dal mondo esterno e dalla quale il nostro naturale istinto di sopravvivenza ci porta a fuggire. Proprio come una cavia da laboratorio, la protagonista si trova alla spasmodica ricerca di una via di uscita dalla struttura che la imprigiona, sfruttando un dispositivo in grado di creare portali e che funziona come spunto per le meccaniche del gioco, interamente basato sulla risoluzione di puzzle. Aggiungiamo al tutto un pizzico di ironia grottesca, con la presenza della sinistra voce dell'intelligenza artificiale GlaDOS, e otteniamo uno dei migliori esempi nel genere.

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Prey (2006-2017)

Abbiamo deciso di inserire entrambi gli esponenti della "serie" Prey, in realtà privi di elementi in comune esclusa una minaccia aliena e un ambiente coattivo. Il protagonista del delirante capitolo originale del 2006 è uno sventurato indiano cherockee, rapito insieme alla famiglia da una sanguinaria razza aliena, che si scopre essere addirittura responsabile della creazione della razza umana. Ma le notizie non sono affatto buone: gli Oscuri sono semplicemente arrivati per nutrirsi delle vite umane alla stregua di un allevamento animale, ma per fortuna non hanno fatto i conti proprio con l'indiano Tommy, in grado di resuscitare dalla morte grazie al portentoso potere spirituale dei nativi americani. Questo è solo l'inizio di una rocambolesca avventura ambientata all'interno della Sfera, la nave aliena dalla quale ovviamente è necessario fuggire, non prima però di aver scoperto l'enigma che lega l'entità che governa le azioni degli alieni con il protagonista. Il Prey del 2017 narra allo stesso modo un rapimento, troviamo ancora alieni e una nave spaziale, ma gli intenti sono diversi. Lo spunto iniziale guarda fortemente a Portal nell'esecuzione di un ambiente fuorviante, quello che sembra differisce dalla realtà e del quale scopriremo la vera natura attraverso un meccanismo di efficaci colpi di scena. Anche in questo caso sarà necessario fuggire da una struttura che ci trattiene contro la nostra volontà, scoprendo nel frattempo una trama contorta e affascinante.

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The Chronicles of Riddick: Escape from Butcher Bay

Chiudiamo in bellezza con un gioco che mostra già orgogliosamente nel titolo le proprie intenzioni, un'avventura a tema carcerario incentrata sulla figura di Riddick, personaggio interpretato dall'attore Vin Diesel e divenuto famoso come antieroe grazie alla pellicola Pitch Black, che ha dato inizio a una serie alla quale il gioco si lega. Lo scopo è far fuggire il protagonista dalla struttura di massima sicurezza del titolo, attraverso una storia che ha valore di prequel per le caratteristiche del personaggio scoperte nelle pellicole, come la capacità di vedere nel buio. L'idea è assolutamente coerente con l'identità del personaggio, dipinto come un fuggitivo con il passato decisamente burrascoso, ma a parte questo l'esecuzione del gioco si appoggia efficacemente sul rapporto tra Riddick e la temibile struttura, dotata di aree sempre più pericolose. D'altronde in questo modo la fuga sarà ancora più soddisfacente!

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