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TT Isle of Man: la corsa più pericolosa del mondo

Un evento storico a metà tra lo sport e la leggenda

SPECIALE di Simone Pettine   —   13/03/2018

Il Tourist Trophy è un evento quasi sacro. Esistono corse motociclistiche simili nella struttura, ma mai nella sostanza. Il Gran Premio asiatico di Macao, ad esempio. Altre gare affini hanno cadenza annuale nel mondo britannico: il GP Ulster, il North West 200 dell'Irlanda del Nord. Ma il Tourist Trophy dell'isola di Mann è diverso, e non soltanto perché adesso ha anche il suo videogioco a tema. Nessun'altra competizione presenta la lunghezza dei suoi tracciati, né un legame culturale così forte con il territorio in cui si svolge. Nell'atmosfera magica di giugno, sull'Isola di Mann è possibile entrare nei pub, e trovare seduti fianco a fianco professionisti arrivati da tutta l'Europa, qualcuno anche da oltre oceano. Come ha ottenuto un simile successo? Perché continua ad attirare atleti, pur con il suo alto numero di vittime? Approfondiamo un po' la sua storia: scavare nel passato è un ottimo punto di partenza per chi cerca risposte sul presente.

La nascita della leggenda

Sono gli ultimi mesi del 1906. Harry e Charlie Collier della Matchless Motorcycle viaggiano in compagnia di Freddie Straight, presidente dell'auto motor club. Con loro c'è anche un marchese, Mouzilly St. Mars. Hanno appena partecipato ad una competizione austriaca, e durante il viaggio in treno si chiedono: perché non organizzare un evento motociclistico del genere anche nel nord dell'Europa? Dall'idea alla realizzazione il passo è breve, grazie all'aiuto della rivista The Motor-Cycle, che non solo accoglie la proposta ma si prende anche il carico di attuare tutti gli aspetti organizzativi. Il 28 Maggio 1907 viene predisposto un circuito che passa anche attraverso centri cittadini dell'Isola di Mann, della lunghezza di 15 miglia. È il primo Tourist Trophy: nasce la leggenda.

TT Isle of Man: la corsa più pericolosa del mondo

Ma perché la scelta cade proprio sull'Isola di Mann? Perché non in Inghilterra? I motivi sono più di uno. Il Regno Unito, tanto per cominciare, proibisce le gare motociclistiche. Sull'isola inoltre già da un paio di anni si svolge una gara automobilistica: se c'è spazio per le macchine lo si può trovare anche per le moto. Lo Stato, poi, giuridicamente parlando è molto particolare. L'isola si trova nel Mar d'Irlanda, e il governo locale vi esercita attualmente la propria giurisdizione nei fatti, tuttavia la responsabilità è affidata al Regno Unito. A conti fatti ancora oggi non fa parte del Regno Unito, né dell'Unione Europea, né del Commonwealth delle nazioni. Facile immaginare che anche a suo tempo un territorio del genere non fosse rivendicato con troppo zelo da nessuna parte in causa: quindi se una volta l'anno un po' di moto ci andavano a correre non dava probabilmente troppo fastidio. Le prime edizioni del Tourist Trophy hanno un meraviglioso carattere di "fatto in casa". Il marchese Mouzilly paga di tasca sua il trofeo per i primi vincitori: Rem Flowler e Charlie Collier. Esatto, quello stesso Charlie che organizzò l'evento, uno dei quattro padri fondatori dai quali partì l'idea del TT.

TT Isle of Man: la corsa più pericolosa del mondo

All'epoca (siamo ancora nel 1907) sono due le classi in gara: i motocicli a un cilindro e i bicilindri. Un motociclismo d'altri tempi, con velocità estremamente contenute, e forse proprio per questo in quegli anni il numero dei poveretti che ci lasciano la pelle non è neanche troppo alto. Ma le cose cambiano quasi subito. Il Tourist Trophy è passato alla storia come uno degli eventi motociclistici più pericolosi di sempre, con un numero di vittime in appena cento anni davvero impressionante, più di duecento tra piloti e spettatori. In parte a causa delle piste in sé. Il circuito della leggenda, lo Snaefell Mountain Course, viene utilizzato per la prima volta nel 1911. Negli anni seguenti determinati tratti del suo percorso diventano quasi una maledizione, temutissimi dagli sportivi in gara. Almeno sessanta curve delle duecento totali sono dedicate a piloti che vi hanno perso la vita. E se al primo giro ti andava bene, non è detto che lo stesso si sarebbe verificato nei successivi. Stiamo parlando di un anello stradale di 60 km, da ripetere sei volte nelle classi principali, e in un numero leggermente inferiore nelle classi minori. Non solo: si svolge in alcuni tratti pensati per la viabilità quotidiana e cittadina, non sportiva o estrema. Per di più, all'epoca, le strade utilizzate non vengono chiuse al traffico durante le prove: in questo periodo si verifica il maggior numero di vittime tra la popolazione, travolta da moto che schizzano a tutta velocità. Nel 1927, ad esempio, Archie Birkins si schianta contro un furgone che trasporta pesce, in un tratto di curva che oggi si chiama appunto Birkins Bend.

Tra insicurezze e rituali

Vent'anni dopo le cose non vanno poi molto meglio. Nel 1972 il Tourist Trophy è una tappa di livello mondiale per il motociclismo. Sono già arrivati i piloti italiani, e Gilberto Parlotti è tra i candidati favoriti della classe 125. Il 9 giugno è una giornata contraddistinta da interminabili ore di pioggia. Parlotti perde il controllo della moto presso Verandah, e finisce nel burrone adiacente. È il novantanovesimo morto in vent'anni di competizione. Troppi: molti giovani piloti decidono di boicottare l'evento negli anni immediatamente successivi, portando all'esclusione dell'evento dal motomondiale. Ma non è abbastanza perché il suo fascino venga meno: il Tourist Trophy, lui sì, sopravvive.

TT Isle of Man: la corsa più pericolosa del mondo

Oggi dal punto di vista della sicurezza, comunque, sono state prese molte precauzioni. Vengono posti sacchi di sabbia davanti ai muri delle abitazioni, gli alberi sono dipinti di bianco per risultare visibili in quasi tutte le condizioni atmosferiche e di luce. Lo stesso colore domina sulle rocce e sui pali del circuito, per gli stessi motivi. Nonostante questo, i rischi restano altissimi, e i piloti lo sanno. Nel Tourtist Trophy c'è stato molto spazio a disposizione anche per noi italiani, che abbiamo lottato con le unghie e con i denti nel corso di quasi cento anni di storia motociclistica dell'isola. L'Italia è arrivata un po' tardi, solo nel 1924, quando Achille Varzi completa il TT, prima volta per un italiano. Servono altri 13 anni di attesa perché si riesca a vincere qualcosa, ma finalmente nel 1937 Omobono Tenni porta a casa il primo premio. Negli anni successivi Giacomo Agostini segna un'escalation di dieci vittorie. Di lì in poi l'oblìo. Vogliamo concludere spendendo qualche parola sull'aspetto folklorico della competizione. Il Tourist Trophy è un rituale, ed è segnato in quanto tale da alcune formule che sopravvivono da un secolo. La prima: c'è un tabellone per segnare i tempi dei corridori, posto sul rettilineo del traguardo. Dal 1907, ogni singolo anno, viene aggiornato dai boy scout dell'Isola di Mann. La seconda è molto più poetica, e al tempo stesso a tratti inquietante. Si tratta della leggenda della Dama Bianca. Fu vista apparire in varie occasioni sul tratto di pista immediatamente successivo al salto di Ballaugh's Bridge. Secondo la tradizione, i piloti che la salutano durante le prove o le dedicano un cenno in gara, non subiscono neppure un incidente durante la competizione. Per alcuni abitanti del posto si tratta di una presenza eterea, quasi un fantasma: appartiene alla lista degli spettri dell'Isola di Mann, che vanta altri episodi particolari di questo tipo. In realtà un filone della tradizione la identifica con la ben più concreta Gwen Crellin, deceduta nel 2007, commissionaria di pista che salutava i piloti dal cottage di Coan Buigh, augurando loro "buona fortuna" con una scritta in gesso su di una lavagnetta. E molto spesso ne avevano bisogno.