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Videogame choc

Quando il gatto non c'è, i topi ballano!

DIARIO di Andrea Pucci   —   12/08/2009

Tra choc e shock, tu che scegli?

I miei squisiti colleghi Ivan Fulco e Alessandra C de La Stampa di Torino si saranno rivoltati sotto l'ombrellone nello scoprire che in loro assenza il quotidiano (solitamente molto attento, grazie alle amorevoli cure dei due poc'anzi citati), ha dato il via libera ad un paio di quei grotteschi articoli evocativi antivideogiochi che tanto mi stanno a cuore. Il primo pezzo, non firmato, è intitolato "Videogame choc, i ragazzi giocano ai ladri d'auto" e presenta un'indignata quanto poco attuale carrellata di giochi violenti e pericolosi per i nostri giovani virgulti. Il titolo stesso lascia intravedere il primo oggetto delle amorevoli cure del giornalista - anonimo, bontà sua - che è andato indietro nel tempo fino ai primi anni '90 per tirare fuori validi supporti per l'originale ragionamento (si sarà chiesto "Avranno già parlato male di GTA 4? Noooo"). Ci sono citazioni illustri come quelle di Hillary Clinton che a quanto pare se la prende con GTA apostrofandolo come "un'epidemia silenziosa.. talmente pieno di violenza e scene di sesso da rendere il lavoro dei genitori molto più duro". Specialmente quelli assenteisti.
Poi, chiaramente, come non citare Rule of Rose e Carmageddon per testimoniare la nefanda violenza dei videogiochi? Si chiude infine con una colta citazione di Rapelay, un giocaccio hentai di merda, mai uscito se non su canali underground, che messo lì ha lo stesso valore del citare uno snuff movie in un articolo sull'eccessiva violenza dei film di oggi.

L'urlo di Munch
L'urlo di Munch

Ma questo è niente in confronto ad un altro pezzo, sempre sullo stesso tono, uscito un paio di giorni prima, sempre sulla Stampa e sempre non firmato (quindi firmato dalla stessa persona presumo). Questa volta è dedicato alle ragazze più giovani con il titolo evocativo "Le adolescenti imparano a fare le veline online". Qui si tocca veramente il fondo, perché ritenere un videogioco, seppure solo un web game, di essere corresponsabile dell'attuale modello di riferimento delle adolescenti (attrici, showgirl e veline) fa piuttosto ridere. Quando invece è il contrario, in quanto un web game del genere si innesta su un tessuto sociale ben consolidato, altrimenti le ragazzine non lo seguirebbero affatto.
Del resto a qualche benpensante (di quelli a cui piace choc più di shock) farà piacere leggere pezzi di questo tipo, così per ricordare e ricordarsi che i videogiochi sono il diavolo e fanno bene a non farsi indurre in tentazione (nè loro, nè i loro figli).
Peccato non poter lasciare un commento in calce ai due articoli, altrimenti avremmo potuto tutti insieme manifestare pacatamente il nostro dissenso.