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Nella tana del Bianconiglio

Dopo dieci anni dall'uscita del primo episodio, ci prepariamo a tornare in quel Paese delle Meraviglie partorito dall'inquietante fantasia di American McGee

PROVATO di Vincenzo Lettera   —   20/05/2011

Versione testata: PlayStation 3

Fin da quando scarabocchiava i claustrofobici e oscuri corridoi che avrebbero composto alcuni livelli di Doom, il giovane American McGee aveva già dimostrato una spiccata affinità con atmosfere tetre, paurose e ansiogene.

Nella tana del Bianconiglio

Apparsa su PC ormai una decade fa, la sua reintepretazione in chiave dark del capolavoro di Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie, è tutt'oggi considerata una delle più alte vette mai raggiunte dal game designer statunitense, grazie soprattutto ad ambientazioni angoscianti e personaggi assolutamente fuori di testa. Con il ritorno in voga del romanzo britannico tra i giovani e il boom della corrente emo e dark degli ultimi anni, non potrebbe esserci momento migliore per pubblicarne un seguito. Così, con l'uscita ormai dietro l'angolo, abbiamo avuto la possibilità di provare per intero il primo capitolo del gioco, calarci nella Wonderland di McGee ancora una volta e affrontare nuovamente le nostre più oscure fobie.

Tagliatele la testa!

Dopo aver sconfitto la regina rossa e aver lasciato il manicomio di Rutledge al termine del primo capitolo, Alice si è trasferita a Londra, dove vive una vita normale presso l'orfanotrofio di Houndsditch. Beh, relativamente normale: gli altri bambini sparlano alle sue spalle, mormorando cattiverie, accusandola di aver causato la morte dei genitori. Tutta la prima parte della nostra sessione di prova era ambientata in una sinistra capitale vittoriana, un piccolo ambiente urbano caratterizzato talmente bene che quasi dispiace doverlo lasciare dopo pochi minuti. Come da titolo, la pazzia di Alice riaffiorirà dopo poco, portandola ad avere allucinazioni e ritrascinandola inevitabilmente nel folle Paese delle Meraviglie. Ma di meraviglie, sia chiaro, ne vedrete ben poche. Infatti, dopo una breve sessione in un boschetto accogliente, verde e rigoglioso, Wonderland si trasforma tutto d'un tratto, cambia faccia e sprofonda nell'ombra, inghiottita da lingue di lava e creature della notte. Il primo dei sei capitoli che faranno parte del gioco completo era interamente ambientato nel Dominio del Cappellaio, un'ambientazione steampunk sicuramente familiare a chi ha giocato American McGee's Alice, abitata anche stavolta da una versione meccanica del topo e della Lepre Marzolina. Lo scopo è quello di ricomporre i pezzi del Cappellaio, esplorando ogni angolo del suo regno in cerca di braccia e gambe. E' proprio qui che comincia a venire a galla quella che forse è la nostra più grande preoccupazione: dopo un inizio scoppiettante, ricco di idee e che sembra voler sommergere il giocatore di atmosfere sempre nuove, Alice: Madness Returns si prende una pausa, rallenta e si stiracchia. Per raggiungere la fine della demo è stata necessaria qualche ora di gioco, ma più si andava avanti e più il fascino dell'ambientazione veniva meno. Colpevole è soprattutto l'incapacità di proporre idee sempre fresche e interessanti per tutta la durata del capitolo, e anche le poche battaglie coi boss ci sono sembrate molto meno coinvolgenti e ispirate rispetto a quelle viste nell'episodio originale.

Nella tana del Bianconiglio

Per la versione completa ci auguriamo capitoli magari meno dilatati e più brevi, ma in grado di tenere sempre alto il ritmo e l'interesse del giocatore. Pad alla mano, il titolo ha risposto bene sia nei numerosi momenti platform, grazie alla possibilità di planare e saltare più volte a mezz'aria, sia nelle frenetiche sessioni action, tra scontri corpo a corpo e abbozzate sparatorie. L'armamentario a nostra disposizione prevedeva l'affilata e immancabile Lama Vorpale, un Macinapepe, con il quale sparare proiettili sulla distanza, e un Coniglio a Orologeria, che poteva essere utilizzato per creare varchi nei muri o per distrarre i nemici. Le abilità difensive di Alice si limitavano a una schivata istantanea e a un ombrello da usare per respingere i colpi in arrivo. Due silhouette presenti nell'inventario lasciano tuttavia poco spazio a supposizioni azzardate: più avanti nell'avventura entreremo infatti in possesso di un Cannone a forma di teiera, oltre all'enorme martello da battaglia presentatoci in occasione dell'ultima Game Developers Conference. Ogni arma, inoltre, sarà ampiamente potenziabile utilizzando i denti raccolti nei vari livelli di gioco, nascosti all'interno di scatole distruttibili o tra le budella dei nemici. Il gameplay di Alice: Madness Returns, insomma, è molto lineare e soprattutto già ampiamente collaudato: difficilmente ci aspetteranno grosse sorprese, ma tutto, dall'abilità di rimpicciolirsi in qualsiasi momento al fluttuare da un getto d'aria all'altro, sembra funzionare alla perfezione. Sfortunatamente, nonostante ci sia l'Unreal Engine 3 a muovere gli ingranaggi del gioco, la realizzazione grafica appare parecchio datata, con ambienti e personaggi assai poveri di dettagli. A fare da contrappeso ci pensano così alcune scelte stilistiche sopra le righe e una narrazione assai d'effetto, che alterna intriganti sequenze illustrate con folli dialoghi in-game. Dallo Stregatto, onnipresente e silenzioso come uno spettro, ai dodo schiavizzati e costretti ad alimentare un'oscura fabbrica: ogni elemento dell'opera originale è stato preso e stravolto, trasformato in un terrorizzante abominio e dato in pasto al giocatore. Allo stato attuale non possiamo ancora sbilanciarci nel dire se Alice: Madness Returns riuscirà o meno a eguagliare l'incredibile esperienza offerta del titolo che l'ha preceduto. Quel che è certo è che i fan del romanzo di Carrol potrebbero amare il gioco alla follia, a patto di non disprezzare atmosfere dark e situazioni disturbanti.

CERTEZZE

  • Tantissimo stile
  • Gameplay semplice ma assai curato
  • Tanti extra sbloccabili

DUBBI

  • Potrebbero esserci numerosi cali di ritmo
  • Graficamente molto acerbo