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Monografie - Blizzard

A vent'anni dalla sua fondazione, la società di Mike Morhaime è uno dei più grandi colossi videoludici del mondo: qual'è il segreto del suo successo?

RUBRICA di Christian Colli   —   08/08/2011

Avete mai provato a contare i franchise più importanti di Blizzard Entertainment? Se si escludono tutti i vari sequel e le espansioni, il curriculum della famosissima società californiana comprende giusto una manciata di titoli, in particolare Warcraft, Diablo e StarCraft. Eppure, nonostante le poche proprietà intellettuali, spesso estremamente dilatate nel tempo, Blizzard è oggigiorno una delle compagnie più potenti, importanti e, sopratutto, ricche del pianeta. Ma a cosa si deve questo incredibile successo? Perché ogni volta che esce un nuovo gioco sembra quasi di assistere a un fenomeno socioculturale con orde di voraci giocatori che assaltano negozi e siti web causando vere e proprie congestioni? Il segreto del successo di Blizzard, si potrebbe dire, è la sua filosofia. L'idea è quella di raggiungere il traguardo della quantità passando per la qualità e cioè, piuttosto che rilasciare numerosi prodotti mediocri, Blizzard preferisce concentrarsi su un titolo per volta: le uscite saranno anche rarefatte, ma il gioco viene immesso sul mercato soltanto quando la qualità della produzione è assolutamente al top, a scapito di periodi commerciali favorevoli, come possono esserlo le festività. Non solo. La struttura stessa della società è parte del successo di Blizzard: qualunque dipendente, perfino il receptionist, è un videogiocatore. "Non abbiamo bisogno di chiedere agli utenti cosa vogliono perché noi stessi siamo gli utenti", è questa l'idea generale. E se un'idea non rende un gioco più divertente viene scartata, a prescindere di chi l'abbia avuta. Su queste basi si fonda quindi il successo di una società che partendo dal nulla è riuscita praticamente ad assumere il controllo del mercato, diventando una delle compagnie più imitate, amate e, beh, pagate. Ma com'è iniziata tutta questa storia?

Silicon & Synapse

RPM Racing (SNES), 1991
Battle Chess (Windows e Commodore 64), 1992
Battle Chess II: Chinese Chess (Amiga), 1992
J.R.R. Tolkien's The Lord of the Rings, Vol. I (Amiga), 1992
Castles (Amiga), 1992
MicroLeague Baseball (Amiga), 1992
Lexie-Cross (Macintosh), 1992
Dvorak on Typing (Macintosh), 1992
The Lost Vikings (multi), 1992
Rock N' Roll Racing (multi), 1993
Shanghai II: Dragon's Eye (multi), 1994

Silicone, Sinapsi e Orchi incazzati

C'era una volta nel 1991 un trio di neo-laureati, classe 1966, che un anno dopo aver completato gli studi presso l'Università della California di Los Angeles decise di fondare una piccola compagnia di sviluppo chiamata Silicon & Synapse. Questo impavido terzetto era formato da Michael Morhaime, Allen Adham e Frank Pearce e non poteva minimamente immaginare dove sarebbe arrivato da lì a vent'anni. In effetti, Silicon & Synapse si occupò principalmente di porting per Amiga e Macintosh, come Battle Chess e Battle Chess II, limitandosi alla realizzazione, inizialmente, del gioco RPM Racing per SNES.

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Il successo arrivò con la serie The Lost Vikings, cominciata nel 1992 su svariate piattaforme grazie al publisher Interplay: il gioco, un platform che richiedeva il controllo e la gestione strategica di tre personaggi contemporaneamente, riscosse subito un enorme successo di critica e pubblico, mettendo in risalto l'abilità e l'ingegno di questa piccola compagnia, al punto che nel 1994 fu acquisita dal distributore Davidson & Associates per la modica cifra di 6,75 milioni di dollari. A quel punto Silicon & Synapse cessò di esistere e divenne per breve tempo Chaos Studios: si scoprì infatti che un'altra compagnia aveva già registrato lo stesso nome, così Morhaime e soci, a malincuore, dovettero optare per il banale Blizzard Entertainment, ignari che da lì a breve questo nome sarebbe diventato sinonimo di successo e qualità. Nel 1994, infatti, il genere degli strategici in tempo reale, o RTS, era davvero poco inflazionato. A parte il Dune II di Westwood Studios rilasciato nel 92 e il misterioso Command & Conquer in fase di sviluppo presso gli stessi studi, non c'erano altri RTS sul mercato e Blizzard decise di coprire questo buco con Warcraft: Orcs & Humans. Oggigiorno, Warcraft è una saga tra le più complesse e intricate, narrativamente parlando, ma nel 1994 la trama di Warcraft: Orcs & Humans era l'ultimo pensiero dei developer: figuratevi che il narratore del prologo entrò nello studio di registrazione soltanto per scoprire che... non c'era nessun testo da recitare. Il prologo venne pensato e scritto lì, sul momento, e il fatto che a vent'anni di distanza su quella manciata di righe è stata costruita una mitologia immensa fatta di romanzi, fumetti e altri videogiochi strappa davvero un sorriso. Warcraft: Orcs & Humans riscosse un enorme successo, grazie anche alla grafica colorata, al sistema di gioco innovativo e a una comoda e intuitiva interfaccia. Immediatamente, al quartier generale di Blizzard si resero conto di poter fare ancora di più e, per caso, in quei giorni veniva assunto presso la società un giovane artista e designer di nome Christopher Vincent Metzen che, paradossalmente, di Blizzard o Silicon & Synapse sapeva poco e niente.

Blizzard Entertainment

Blackthorne, 1994
The Death and Return of Superman, 1994
Warcraft: Orcs & Humans, 1994
The Lost Vikings II, 1995
Justice League Task Force, 1995
Warcraft II: Tides of Darkness, 1995
Warcraft II: Beyond the Dark Portal, 1996
Diablo, 1997
StarCraft, 1998
StarCraft: Brood War, 1998
Warcraft II: Battle.net Edition, 1999
Diablo II, 2000
Diablo II: Lord of Destruction, 2001
Warcraft III: Reign of Chaos, 2002
Warcraft III: The Frozen Throne, 2003
World of Warcraft, 2004
World of Warcraft: The Burning Crusade, 2007
World of Warcraft: Wrath of the Lich King, 2008

L'onda del successo

Il primo progetto di Chris Metzen negli uffici Blizzard fu Justice League Task Force, ma bastò quel tanto da farsi notare e spostare proprio su Warcraft: Orcs & Humans come illustratore. L'entusiasmo di Metzen e le sue idee brillanti convinsero le alte sfere a coinvolgerlo maggiormente nel futuro del franchise, che a quel punto appariva come una vera e propria gallina dalle uova d'oro. La conferma arrivò soltanto un anno dopo con Warcraft II: Tides of Darkness. A questo punto Blizzard, in meno di un anno, non aveva soltanto migliorato il gameplay dell'originale, ma aveva anche elaborato un impianto narrativo ricchissimo che divenne uno degli elementi più importanti del franchise. Il successo di Warcraft II fu straordinario e gonfiò la rivalità tra Blizzard e Westwood Studios, conducendo al naturale boom degli RTS negli anni 90. Un anno dopo, la società californiana tentò la fortuna producendo un'espansione, Beyond the Dark Portal: a quel punto cominciò una scia di successi che sembrava non incontrare ostacoli.

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Warcraft II ebbe un successo tale che fu richiesto a gran voce un porting per Sony PlayStation e Sega Saturn, una compilation che includeva anche l'espansione con il titolo Warcraft II: Dark Saga. Era ormai il 1997 e nei loro uffici Chris Metzen e il suo collega Bill Roper stavano supervisionando trama, cast e gameplay del nuovo franchise della società, sviluppato da Condor Games a Redwood, California. Quello stesso anno, Blizzard rilevò Condor Games e la rinominò Blizzard North. In un certo senso Diablo è stata la creatura più importante di Blizzard in vent'anni di successi perché le conseguenze della sua nascita furono mastodontiche: Blizzard non stava creando soltanto un nuovo gioco, ma proprio un genere. Per quei tempi le novità erano rivoluzionarie: dungeon e oggetti generati casualmente, grande rigiocabilità, una trama di un certo spessore e un gameplay immediatamente accessibile che combinava la microgestione dei giochi di ruolo e la frenesia degli hack'n'slash con il semplice click di un mouse. E così nacquero i dungeon-crawler.

Blizzard Activision

StarCraft II: Wings of Liberty, 2010
World of Warcraft: Cataclysm, 2010
Diablo III, 2011
StarCraft II: Heart of the Swarm, 2012
StarCraft II: Legacy of the Void, TBA
Titan, TBA

Battle.net e poi...

L'elemento più caratteristico di Diablo, però, era la possibilità di collegarsi a Battle.net: quest'ultimo è un servizio che Blizzard lanciò alla fine del 1996 per permettere agli utenti di incontrarsi e giocare assieme in modo del tutto semplice e naturale. Per giocare con un amico a Warcraft II, appena un anno prima, bisognava scambiarsi gli indirizzi IP. Dodici mesi dopo, per affrontare un dungeon di Diablo in compagnia, bastavano pochi click, il servizio era perfino gratuito. Che al successo di Diablo contribuì la rivoluzionaria infrastruttura online è fuori da ogni dubbio. Mike Morhaime capì in quel momento che Battle.net poteva diventare il centro focale di qualunque prodotto Blizzard, bastava trovare un modo per farceli girare attorno.

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Una nuova occasione si palesò nel giro di un anno e mezzo: l'instacabile Chris Metzen aveva chiuso il progetto Diablo per concentrarsi immediatamente sul terzo major franchise della società. StarCraft era un nuovo RTS con il quale Blizzard cercava di rivoluzionare il genere stesso offrendo un'ambientazione fantascientifica, un equilibrio perfetto e una componente narrativa estremamente solida. E un Battle.net riveduto e corretto con tanto di classifiche e nuove opzioni adeguate alla situazione. Sul successo di StarCraft c'è poco da dire: dopo quindici anni c'è ancora gente che ci gioca. Ancora oggi, in Corea vengono regolarmente organizzati tornei professionistici. L'uscita di StarCraft fu per la società un raggio di luce durante un periodo piuttosto difficile, durante il quale fu anche cancellato la tanto attesa avventura punta e clicca Warcraft Adventures: Lord of the Clans. Nel 96 Davidson & Associates era stato acquisito insieme a Sierra On-Line da una compagnia chiamata CUC International la quale, un anno dopo, si fuse con la HFS Corporation per formare una nuova compagnia chiamata Cendant. Nel 1998, anno di StarCraft, la CUC fu accusata di frode fiscale e i titoli della Cendant persero l'80% del loro valore in soltanto sei mesi. La società fu costretta a vendere Sierra On-Line e, di conseguenza, Blizzard al publisher francese Havas che, pochi mesi dopo, fu acquistato dalla nota compagnia Vivendi. A conclusione di questa assurda staffetta, Blizzard non aveva perso comunque il suo smalto e lo dimostrò rilasciando una nuova edizione di Warcraft II in grado di sfruttare Battle.net e, un anno dopo, nel 2000, fece capolino sugli scaffali il sequel di Diablo.

La nuova generazione

A differenza di StarCraft, che tuttora è ancora giocato a dispetto del sequel, Diablo II e la successiva espansione, Diablo II: Lord of Destruction, spazzarono via quasi completamente il prequel, diventando in breve tempo uno dei titoli più giocati del mondo. In Diablo II fecero capolino numerose meccaniche e concetti che sarebbero stati ripresi, elaborati e perfezionati nelle produzioni successive di Blizzard stessa, e non solo, dalla personalizzazione concessa al giocatore nei confronti dei suoi personaggi alla varietà di oggetti, zone, modalità di gioco. Il successo di Diablo II fu enorme e nel 2001 era il titolo più venduto nell'arco di due settimane; tuttavia questa volta, stranamente, Blizzard decise di non portarlo su console come fece nel caso del prequel. Il gioco fu realizzato, tra gli altri, da David Brevik, Stieg Hedlund e Erich Schaefer; questa volta Chris Metzen si occupò principalmente della storia: ormai doppiatore di praticamente tutto il doppiabile per Blizzard, Metzen in quel periodo era impegnato su altri fronti, vale a dire la stesura del romanzo Of Blood and Honor, il primo di una lunga serie destinata a espandere l'universo di Warcraft oltre i videogiochi, e la progettazione del terzo episodio della saga, Warcraft III: Reign of Chaos, che fu rilasciato soltanto nel 2002.

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All'apparenza simile ai precedenti capitoli, se non fosse per la grafica completamente 3D, Warcraft III rappresentò invece una ventata di aria fresca nel campo degli RTS: Blizzard riuscì infatti a integrare con successo gli elementi degli RPG nel suo nuovo strategico, proponendo personaggi equipaggiabili che guadagnavano punti esperienza, protagonisti di una storia che avrebbe coinvolto milioni di fan, proseguendo poi nell'espansione del 2003, Warcraft III: The Frozen Throne. Anche questa volta, si puntò molto sul servizio Battle.net, che ormai era diventato un elemento cruciale dei progetti Blizzard: questi riuscivano a mantenere completa autonomia ma la componente online era diventa ormai uno dei segreti del successo della società. A quel punto, le basi erano state gettate e le pedine erano quasi tutte sulla scacchiera: il colosso californiano si stava preparando a lanciare il suo attacco più importante al mercato dei videogiochi.

Curiosità

Sapevate che Mike Morhaime è un giocatore esperto di poker? Nel 2006 arrivò secondo al DICE's Celebrity Poker Tournament. L'ultima partita durò ben quarantacinque minuti e Mike affrontò due professionisti, Scott Fischman e Perry Friedman, e un collega del settore, Ray Muzyka. Fu quest'ultimo a vincere la partita e, ironia della sorte, Muzyka è il co-fondatore di BioWare. La sfida tra Morhaime e Muzyka non è finita, insomma...

Il presente e il futuro

Nel 2004 il genere MMORPG era assolutamente di nicchia, principalmente condotto per anni da Ultima Online, EverQuest e Dark Age of Camelot. Blizzard annunciò World of Warcraft nel 2001 e l'obiettivo era semplice: portare il genere in primo piano sul mercato videoludico, rendendolo accessibile a molti più giocatori. Per come l'MMORPG era pensato a quei tempi, l'impresa poteva sembrare impossibile.

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Lo pensava anche Rob Pardo, il capo di una gilda di EverQuest, chiamata Legacy of Steel, spesso al centro di interessanti dibattiti sulla struttura del gioco e sulle sfide affrontate dal suo gruppo di giocatori, tra i più acclamati del mondo. Rob Pardo fu assunto dalla Blizzard nel 2002 per lavorare a World of Warcraft e nel 2006 fu elencato da Times Magazine tra i cento individui più influenti del mondo. Jeffrey Kaplan divenne il nuovo capogilda dei Legacy of Steel, poi anche lui fu assunto da Blizzard e divenne uno dei principali designer della società. Con questo innovativo approccio, Blizzard aveva già vinto la sfida perché decise di realizzare un gioco su misura dei giocatori. Non staremo qui a raccontarvi la storia di World of Warcraft e delle sue tre espansioni perché ormai la conoscono anche i muri. Provate a immaginare una decina di milioni di pagamenti mensili che si riversano nelle tasche della società californiana e sarà facile intuire la portata del successo di World of Warcraft, un multiverso che ha abbandonato i limiti dei pixel del primo episodio per estendersi a romanzi, fumetti, perfino un film. L'MMORPG di Blizzard smise di essere praticamente subito un MMORPG per diventare un vero e proprio fenomeno culturale, un complesso social network, polarizzando l'attenzione di media e sviluppatori.

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Tra alti e bassi, dozzine di aggiornamenti e record di vendite, Blizzard non ha mai smesso di concentrarsi anche sugli altri franchise. L'anno scorso è toccato a StarCraft II, il quale presto godrà di ben due sequel, e si vocifera che entro la fine del 2011 i giocatori di tutto il mondo potranno finalmente godersi il terzo, attesissimo Diablo; nel frattempo Kaplan, Pardo, Metzen e dozzine di altri programmatori lavorano al misterioso Titan. Nel giro di vent'anni, quella che era una piccola società formata da un trio di ragazzi è diventata un colosso multimediale che ha influenzato inequivocabilmente il mercato videoludico. C'è anche chi sostiene che questa influenza non sia stata sempre positiva e talvolta non è difficile concordare. Eppure, in vent'anni di carriera, la compagnia con sede a Irvine ha mantenuto costanti gli stessi principi: alta qualità, attenzione per l'opinione degli utenti, una scelta precisa e strategica dei suoi impiegati. Considerare i suoi successi dei semplici colpi di fortuna sarebbe quantomeno fuori luogo.