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Blizzard e il caso Blitzchung: febbre da Hong Kong

Ricostruiamo il caso Blitzchung e cerchiamo di capire come Blizzard ha messo a serio repentaglio la propria immagine pubblica

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   13/10/2019

Il 4 ottobre 2019, durante i Grandmaster di Heartstone, il più prestigioso torneo eSport dedicato al noto gioco di carte, il campione NG Wai Chung, meglio conosciuto come Blitzchung, dopo una folgorante vittoria ha deciso di sfruttare la classica intervista post match per lanciare un messaggio di solidarietà alle proteste di Hong Kong. Blitzchung ha indossato una maschera anti-gas, uno dei simboli dei manifestanti, e ha chiesto la liberazione della sua patria dall'influenza cinese. Blizzard, la software house di Hearthstone, ha risposto con particolare durezza al gesto e l'8 ottobre lo ha bandito dalle competizioni esport del gioco per un anno, togliendogli il premio in denaro vinto regolarmente. Inoltre ha anche licenziato i due presentatori che hanno condotto l'intervista. Probabilmente la software house americana non si aspettava ciò che poi è seguito al suo duro provvedimento.

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Il caso Blitzchung

Le proteste di Hong Kong sono iniziate il 9 giugno 2019 per contrastare un emendamento alla legge sulle estradizioni che si temeva avrebbe permesso al governo di Pechino di silenziare i dissidenti politici costringendoli a subire i processi e scontare la loro pena nelle carceri cinesi, invece che nei loro territori di appartenenza. Si tratta dell'ennesimo capitolo della fiera opposizione della cittadinanza di Hong Kong alle sempre maggiori pressioni della Cina in vista del 2047, anno in cui sarà inglobata politicamente al resto della Cina perdendo i suoi privilegi, come da accordi firmati nel 1997 con il Regno Unito. La sostanza è che la gente di Hong Kong rischia di vedersi presto tolta la sua libertà e per questo da qualche anno i movimenti di protesta si sono rafforzati e sempre per questo, nonostante il ritiro del suddetto emendamento, le manifestazioni di piazza sono continuate e hanno abbracciato temi più generali.

I pesanti attacchi che sta subendo Blizzard non nascono solo dal caso Blitzchung. Dopo anni in cui è stata ammirata dall'intero mondo dei videogiochi per la qualità dei suoi titoli e per la capacità di gestire la sua comunità meglio di chiunque altro, Blizzard ha compiuto una serie di passi falsi che le hanno fatto più volte rivoltare contro il suo pubblico più affezionato.

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Diciamo che tutto può essere fatto risalire alla BlizzCon del 2018, edizione in cui è stato annunciato l'addio di Mike Morhaime, uno degli storici fondatori della software, nonché volto dell'azienda per anni, e in cui l'annuncio più importante è stato Diablo Immortal, un titolo mobile realizzato in collaborazione con l'azienda cinese NetEase. I fan di Blizzard, da anni in attesa di un nuovo Diablo per PC, non hanno retto allo shock di un Diablo mobile free-to-play infarcito di microtransazioni e pensato principalmente per il mercato asiatico. Il sentimento anti Blizzard è stato poi rafforzato da altri fatti accaduti nel corso dei mesi, di cui ricordiamo i più importanti: il licenziamento di centinaia di dipendenti legati alla gestione delle comunità e il riassetto societario con il proposito di lanciare più titoli ma meno rifiniti nei prossimi anni, negando di fatto quella che era stata la filosofia di Blizzard dalla sua fondazione sino a oggi. Se vogliamo possiamo citare anche il caso delle carte di Hearthstone modificate proprio per passare la censura cinese. Insomma, il caso Blitzchung arriva in un momento in cui l'immagine di Blizzard era già in parte deteriorata.

Va anche detto, per ampliare un po' il contesto, che l'intera società occidentale, non solo il mondo dei videogiochi, è sempre più infastidita dalle ingerenze di Pechino, in particolare nel settore dell'intrattenimento, tanto da aver generato un vero e proprio sentimento anti cinese, rafforzato dalle politiche di alcune nazioni, in particolare gli USA di Donald Trump, che stanno attuando una vera e propria guerra commerciale con la Cina (pensate ai dazi o al caso Huawei). Capirete quindi che il quadro è molto più complesso e non si riduce a un semplice "non toccateci i videogiochi".

Ma torniamo a noi. L'accusa mossa a Blizzard è ovvia: tanta durezza contro Blitzchung sarebbe semplicemente una prova di fedeltà al governo cinese per non perdere la possibilità di vendere prodotti su quel ricchissimo mercato, che attualmente rappresenta il 12% del fatturato dalla software house; il 31% se consideriamo solo i ricavi di Hearthstone.

Del resto il richiamo al vaghissimo regolamento per i tornei eSport di Blizzard, in cui si afferma che i giocatori non devono partecipare a dispute pubbliche, offendere il pubblico o danneggiare l'immagine di Blizzard, non ha convinto molti: in che cosa un messaggio pro Hong Kong avrebbe danneggiato l'immagine della compagnia? La risposta non può prescindere dalle concessioni fatte dalle autorità cinesi a Blizzard e dal fatto che il colosso cinese Tencent possegga il 5% delle azioni della società. Inoltre, va considerato che i rapporti tra Blizzard e il mercato cinese sono molto più ampli di quanto possa sembrare, soprattutto se si considera anche Activision, che controlla la casa di Warcraft. Basti pensare al ruolo di Tencent in Call of Duty Mobile, la recente hit di Activision scaricata più di 100 milioni di volte in una settimana.

Blizzard serva della Cina?

Stabilito il contesto è facile capire come mai i social network e i forum ufficiali di Blizzard si siano riempiti di proteste subito dopo l'annuncio del ban di Blitzchung, dando vita a iniziative di boicottaggio battenti l'hashtag #boycottBlizzard. Sostanzialmente l'intera industria dei videogiochi, e non solo, ha iniziato a parlare del fatto e di ciò che significa per Hong Kong e per i rapporti tra oriente e occidente. Tantissimi si sono dichiarati fortemente delusi dal comportamento di Blizzard, in rete sono iniziati a spuntare meme dedicati al caso, come quello del Tank Man di World of Warcraft che richiama la Protesta di piazza Tienanmen.

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Per la legge del contrappasso, Mei, uno dei personaggi di Overwatch, è stata assunta come mascotte delle manifestazioni pro Hong Kong e anti Blizzard, con un artista che le ha fatto indossare una maschera antigas e impugnare un ombrello (i simboli dei manifestanti). In tanti poi hanno portato la protesta al livello successivo, cancellando i loro account Blizzard. La mole di richieste di cancellazione è stata così grande da mandare in tilt il sistema della compagnia. Alcuni hanno però malignato di una mossa voluta per cercare di arginare la perdita di utenti.

Il 10 ottobre 2019, in piena tempesta, Blizzard blocca un'intervista live dell' American University Hearthstone Team per un cartello che solidarizza con Hong Kong. In questo caso il team non è stato bandito. Blitzchung, nel frattempo diventato il simbolo della protesta montante in rete, ha cambia il suo titolo su Twitter in "APAC Grandmaster(Banned) | Top 4 HCT Taichung | Top 8 HCT Singapore | 5-6th HGG 2018 Team Hong Kong Fight for Freedom. Stand with Hong Kong." Il ragazzo rilascia inoltre una dichiarazione che fa il giro del mondo: "Le proteste di Hong Kong vanno avanti da più di quattro mesi. Amo Hong Kong. È la mia casa. Il luogo dove ho vissuto e sono diventato adulto. Non posso starmene seduto a non fare nulla mentre la nostra libertà viene distrutta un pezzo alla volta. So cos'ha significato il mio gesto durante lo stream. Può causarmi molti guai, anche rispetto alla mia sicurezza personale. Ma credo che sia mia dovere dire qualcosa."

Altri effetti del caso Blitzchung

Ad abbracciare la protesta per il caso Blitzchung non sono stati soltanto i videogiocatori. Anche all'interno di Blizzard il malcontento è esploso. Alcuni dipendenti hanno protestato in modo plateale coprendo alcuni dei valori fondanti di Blizzard incisi su di una statua eretta di fronte alla sede della società, ossia "Think Globally" ed "Every Voice Matters".

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Hanno poi pubblicato le foto sui social per far capire che sono soltanto i dirigenti ad aver assunto certe posizioni. Altri si sono licenziati in dissenso con le nuove politiche pro Cina. Brian Kibler, un noto presentatore di Hearthstone, ha annunciato il suo licenziamento, in aperta polemica con il modo con cui Blizzard ha gestito l'intera faccenda. Nel mentre Epic Games è intervenuta a gamba tesa dichiarando ufficialmente che nessuno sarebbe mai stato bandito da Fortnite per aver manifestato una sua opinione. Tim Sweeney, il capo di Epic Games, ha dichiarato: "Epic supporta il diritto di parola di tutti. I giocatori cinesi di Fortnite sono liberi di criticare gli Stati Uniti o Epic, così come tutti gli altri." Anche la politica è scesa in campo contro Blizzard, con i senatori Ron Wyden e Marco Rubio che hanno criticato fortemente le azioni della compagnia. Rubio in particolare ha rilasciato una dichiarazione di fuoco sull'argomento: "Quello che è accaduto è chiaro. Le persone che non vivono in Cina devono auto censurarsi o subirne le conseguenze. La Cina sta utilizzando l'accesso al suo mercato come leva per distruggere la libertà di parola a livello globale. Le implicazioni di questo comportamento andranno ben oltre la permanenza in carica degli attuali uomini politici in USA." Anche alcune associazioni sono scese in campo, come Fight for the Future, che ha deciso di organizzare una protesta il 1° novembre 2019fuori dalla sede della BlizzCon 2019. Alla fine Blizzard, pressata da ogni lato, è stata costretta a fare marcia indietro, ridando a Blitzchung il premio in denaro vinto regolarmente e riducendo il suo bando a sei mesi.

J. Allen Brack, l'attuale presidente di Blizzard Entertainment, ha scritto una lettera indirizzata alla comunità per spiegare la posizione della compagnia e negare la volontà di censura. La riduzione della pena per Blitzchung non significa che interventi che nulla abbiano a che fare con l'oggetto di un torneo saranno tollerati. Secondo Blizzard, Blitzchung "ha utilizzato il suo segmento per fare una dichiarazione sulla situazione di Hong Kong, in violazione delle regole che ha riconosciuto e compreso, ed è per questo che abbiamo preso provvedimenti. La trasmissione ufficiale deve riguardare il torneo ed essere un luogo in cui tutti sono i benvenuti.

Blizzard e il caso Blitzchung: febbre da Hong Kong

A conferma di ciò, vogliamo mantenere i canali ufficiali concentrati sull'attività di gioco." Il commento di Blitzchung al nuovo risvolto non si è fatto attendere: "Mi aspettavo la decisione di Blizzard, penso che sia ingiusta ma la rispetto. Non sono pentito di quello che ho detto. Non dovrei avere paura di questo tipo di terrore bianco". Caso chiuso? Decisamente no. Blizzard ha provato a mettere la classica toppa per evitare che la BlizzCon 2019 si trasformi in un bagno di sangue, metaforicamente parlando. Comunque sia la eco di quanto accaduto non si è spenta e ha già prodotto i suoi primi effetti, come la corsa di una società come Riot Games a vietare ai giocatori professionisti di League of Legends di parlare di temi sensibili durante i tornei ufficiali. Di nostro siamo pronti a scommettere che siamo solo agli inizi e che si verificheranno altri casi simili, soprattutto per via dell'importanza sempre maggiore che il mercato cinese va assumendo per il mondo dei videogiochi.