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Diario del Capitano

DIARIO di La Redazione   —   06/06/2003

Diario del Capitano

Approfitto dell'intervista a Gabe Newell di oggi per esprimere i miei dubbi su un atteggiamento diffuso.
Leggendo notizie e commenti sulla Rete riguardo ad Half-Life 2 in particolare, ma anche su altri titoli presentati di recente, ho incontrato alcune discussioni che definire ipercritiche sarebbe eufemistico.
Da appassionato, capisco assolutamente e condivido la voglia di parlare di quello che ci piace, e quando le informazioni scarseggiano si da spesso e volentieri il via a speculazioni più o meno interessanti. Quello che, siceramente, non riesco a capire è l'atteggiamento di alcuni, che tentano a tutti i costi di trovare difetti più o meno evidenti alle diverse proposte. Non ricordo perfettamente le circostanze precise, ma ho letto critiche riguardanti, ad esempio, il basso numero di poligoni di alcuni modelli, o presunti clipping durante i filmati, o ancora animazioni non perfettamente fluide. Parlando di Half-Life 2, ho avuto la fortuna di vedere la presentazione dal vivo e posso dire che gli ipotetici difetti che ho letto confutati in rete, anche se presenti, si perdevano completamente nella meraviglia che la presentazione nella sua completezza portava con sé.
Con questo non voglio difendere a spada tratta Half-Life 2, o asserire che tutti gli sviluppatori di giochi sono ugualmente bravi, ma semplicemente mettere in guardia contro i pericoli della decontestualizzazione.
Purtroppo in Italia soffriamo della Malattia della Moviola, come testimoniano abbondantemente le numerose trasmissioni postdomenicali dedicate allo sport nazionale, e abbiamo la tendenza ad applicare lo stesso metro ad ogni cosa ci venga proposta. Ma analizzare frame per frame un filmato, oltretutto proveniente da una versione beta o comunque non definitiva, con lo scopo di trovare sbavature, è un atteggiamento pericoloso. Non pericoloso o negativo in sé (fare accademia può essere molto interessante), ma perchè rischia di distogliere l'attenzione da quello che è il nostro scopo principale: giocare.
Forse la mia posizione è un po' radicale, ma i videogame sono belli giocati, non visti o parlati. Il videogame è partecipazione, principalmente. Poi se ne parla anche, e questo è indubbiamente un bene, ma se si perde di vista lo scambio delle proprie esperienze, del proprio divertimento, del proprio entusiasmo, la discussione rischia di diventare un po' troppo sterile. E sinceramente, non vorrei mai trovarmi a dover chiamare una rubrica "ControGame" o "Il Processo di Multiplayer"...

Massimiliano Monti, responsabile editoriale area PC.

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