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Diario del Capitano

DIARIO di La Redazione   —   25/09/2003

Diario del Capitano

Una volta l'ho già fatto, ed essendo un profondo fautore delle contaminazioni lo rifarò oggi: parlare di un libro nel Diario.
Il libro d cui vorrei parlarvi oggi è un lavoro tutto italiano e si intitola "il sogno di Eliza", prodotto da Motor, personaggio torinese della scena Cyberpunk. Il libro è molto interessante, non tanto per il suo valore narrativo, adeguato ma non eccessivamente sopra le righe, quanto per il presupporto di base. Il nome Eliza (o Alice, a seconda delle versioni e relase) dovrebbe dire qualcosa a molti dei più appassionati di Internet. E' infatti il nome di un programma, o progetto, o esperimento, o come lo si vuole chiamare, atto a simulare dialoghi umani attraverso le macchine in modo da non percepire la differenza. Credo che chiunque navighi su Internet da tempo si sia imbattuto in un Eliza in qualche luogo della rete, e c'è da ammettere che alcune delle versioni più evolute sono quasi impressionanti, soprattutto considerando che molto spesso non si tratta di vere e proprie Intelligenze Artificiali, ma di semplici script, specialmente quelle che si possono trovare su IRC. (e questo, fra l'altro, la dice lunga sulla capacità di conversazione media del genere umano, ma è un'altra storia).
Questa lunga premessa per dire che Il sogno di Eliza non è un vero e proprio romanzo, ma un "Progetto di narrativa digitale generata attraverso le macchine". Un libro che, secondo le dichiarazioni dell'autore è stato scritto al 50% da macchine, utilizzando diversi sistemi: bot come Eliza, anagrammatori, generatori di slogan, gestori di testi, sistemi di brainstorming automatizzato, costruttori di trame e quant'altro. Un esperimento in piena regola, nato da un presupposto di base interessante: "Si scrive sul cyberpuynk, ma non si scrive in modo cyberpunk. Il computer sembra aver ormai sostituito del tutto la macchina da scrivere, ma l'uso qualitativo è rimasto lo stesso".
Un tentativo di informatizzare la creatività, di rendere seriale quanto normalmente non lo è? Il risvolto è inquietante: la prima riflessione che mi si è formulata riguarda la serializzazione dell'inventiva, la creazione di storie, avventure, film e quant'altro secondo un modello prestabilito, uguale e 'digeribile' per la gran massa delle persone. Eccesso di atmosfera Orwelliana? Aspettate di leggere il resto: "Molti dei programmi [...] sono freeware accademici [...]. Alcuni sono software commerciali usati regolarmente dagli sceneggiatori che producono la massa di telefilm, soap opera e collossal [...]" Un'affermazione disarmante, che lascia disorientati. Almeno fino a quando si pensa ad alcuni film, libri e anche videogame, e a quella fastidiosa sensazione di Déjà Vu che si prova davanti ad alcune sequenze...

Massimiliano Monti, responsabile editoriale area PC.

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