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Diario del Capitano

DIARIO di La Redazione   —   18/12/2003

Diario del Capitano

Ogni tanto accade anche nel mondo del videogame.
Qualcuno si mette a raccontare cosa succede sotto la superficie, dietro le porte di servizio sempre chiuse di quel grande teatro che è l'ambiente videoludico. Dietro al palcoscenico dell'Industry non sempre le cose vanno bene: si discute, si litiga, si cerca di arginare alla bell'è meglio i problemi dell'ultimo minuto, e alla fine quando si va in scena non si è mai certi del risultato finale.
Chi vuole farvi credere il contrario, che dietro all'Indusry ci sia un mondo gelido e satinato alla Gattaca mente spudoratamente, per deliberata volontà d'inganno o per ingenua convinzione. L'industy, come ogni realtà professionale gestita da persone troppo giovani per dirigere davvero, è estremamente caotica, disodinata, instabile. Aggraviamo il tutto con le problematiche derivanti dalla giovane età di questo tipo di mercato e avremo un approssimativo quadro della sitazione. Ecco perchè esistono scadenze che saltano, modifiche in corso d'opera, patch, seconde versioni, NDA bellamente ignorati dagli stessi che li avevano proposti, aziende che aprono e chiudono con una rotazione folle.
Ed ecco il motivo per cui le operazioni di Outing vengono temute così tanto. Perchè ogni volta che si apre una crepa nella torre di acciaio e cristallo e qualcuno ci guarda dentro, c'è il concreto rischio che si accorga che dietro c'è esattamente lo stesso materiale organico che c'è dentro a qualunque altro posto: capiufficio, incomprensioni, problemi, cestini della spazzatura, scheletri negli armadi, litigi, errori (spesso marcoscopici), colleghi e principali antipatici, scrivanie di formica bianca su tre file, lecchini, krumiri e tutto il resto che si può immaginare.
Ecco perchè gli articoli come quello riportato dalla nostra news di ieri fanno paura e vengono guardati con diffidenza e timore. Perchè rivelare quali erano davvero le condizioni di lavoro in Interplay fa cadere tutto un apparato di marketing, immagine e comunicazione basato anche sull'apparenza. Mostrare le macchie d'olio sul pavimento e quelle di umidità alle pareti subito dopo un'ingresso di marmi e specchi ha, se possibile, un effetto doppiamente deleterio.
Eppure l'Industry, un ambiente che come numeri fa poco più, a livello mondiale, della cacciapesca, si ricopre di queste immagini patinate, voltute probabilmente qualche anno fa da qualche new economyst. Io personalmente preferirei sapere che il tal team di studio ha la sede in un capannone industriale semiabbandonato piuttosto che immaginarmelo in una sede supertecnologica al 56esimo piano di un qualunque palazzo. Me lo farebbe più umano, più raggiungibile, più simpatico. In un ambiente di nicchia come il nostro le distanze azienda-consumatore dovrebbero essere molto più umane, i rapporti più semplici. Il culto dell'apparenza super-corporativa porta indubbiamente più problemi di quanti ne risolve. Che siamo diventati vittime della comunicazione a tutti i costi?

Massimiliano Monti, responsabile editoriale area PC.

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