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Diario del capitano

DIARIO di La Redazione   —   16/10/2001

Diario del capitano

Stamattina, mentre sta iniziando l'attacco di terra degli USA contro i Talebani, mi sento critico ed esporrò alcune mie considerazioni sulla speculazione fatta sulla guerra in Afghanistan e della tragedia delle due Torri. Per riuscire a concludere il mio discorso devo essere sicuro che chiunque stia leggendo abbia chiaro l'antefatto.
Antefatto. Quanto accaduto dall'11 settembre ad oggi ha sicuramente influito negativamente sulla già compromessa situazione economica mondiale. In particolare i problemi ci sono stati per le compagnie aeree, per le quali il fatturato è più che dimezzato nell'ultimo mese, per l'industria del turismo e quella delle assicurazioni (specie per le compagnie assicurative che avevano assicurato le società coinvolte con gli schianti su Manhattan). In generale un po' tutto il settore commerciale degli Stati Uniti ha subito una brusca frenata, con la gente serrata in casa per la paura di vedersi piovere un aereo in testa. Adesso, parzialmente archiviata la paura dell'aereo, ci si è messa l'antrace, a piegare le gambe di uno dei sistemi postali più efficienti del mondo. Chi ha visto "L'uomo del giorno dopo", un discreto film post-apocalittico con Kevin Costner di qualche anno fa, ricorderà che in quel frangente, la civiltà americana rinasceva grazie al servizio postale, perchè attivava la comunicazione tra i vari gruppi di sopravvissuti in giro per gli Stati Uniti. Eccessi a parte, la comunicazione di base, quella postale, è un simbolo di civiltà, a cui il terrorismo vorrebbe farci disabituare per paura.
Fine antefatto. Torniamo alla speculazione sulla tragedia. Dicevo: ci sono stati settori veramente messi in crisi, e questa crisi si propagherà sicuramente ad ondate nei mesi a venire. Si è trattato di una crisi inevitabile: il danno vero c'è stato. In mezzo a tanta cruda verità ho però visto più volte aziende annunciare crisi a causa della "guerra", chiedendo aiuti allo Stato, trovando motivazioni per un aumento dei prezzi (altrimenti ingiustificato) o per una paralisi delle attività, comunque superflue anche prima per mancanza di domanda. Fino a ieri, tutto ciò è stato esterno al nostro settore, talmente piccolo rispetto all'economia globale da sembrare quasi trascurabile. Ieri ho scoperto che anche il nostro settore non ha resistito alla tentazione di cavalcare l'onda della "fasulla giustificazione". Ieri ho infatti ricevuto un invito per lo Smau in cui veniva giustificata un'attività promozionale sottotono per solidarietà con la tragedia in corso.
Ma andiamo signori, guardiamoci negli occhi: pensate forse che questa sia una motivazione per evitare spese? Io non ci credo. In questo festival dello spreco iniziato su Internet tre anni fa, è il momento di finirla, ma non trovando nella guerra la motivazione. La motivazione è ben più razionale: basta sprecare risorse. Uno stand allo Smau costa centinaia di milioni che il più delle volte sono irrecuperabili. Allora, una verità espressa nuda e cruda del tipo "Non faremo niente di speciale perchè non è più giusto sprecare", mi avrebbe trovato d'accordo. In fondo è la stessa motivazione per cui il Multiplayer Network si riunisce a porte chiuse in un hotel appena fuori Smau. E' questa la realtà, e non bisogna temere di ammetterla. Bisognerebbe temere invece una mancata presa di coscienza in proposito.
Il diario è finito. Per solidarietà con quanto accaduto.