0

Diario del capitano

DIARIO di La Redazione   —   19/12/2001

Diario del capitano

Sarà stato un anno e mezzo fa al massimo, in pieno boom tecnologico-borsistico, che girando per Milano notai per la prima volta la pubblicità di un nuovo operatore telefonico che avrebbe sfidato gli altri giganti del settore. La pubblicità in questione mi pare che rappresentasse un bambino in fasce con addosso dei guantoni da pugile, messo su quel cartellone a rappresentare l'ambizione di farcela contro le altre tre compagnie (Omnitel, Wind e Tim) nella lotta per la conquista dell'utenza. Era anche l'epoca della corsa all'oro dell'UMTS, la "fantomatica" tecnologia di trasmissione evoluta che ci permetterà anche di teletrasportarci, ma ancora stenta a farsi conoscere. All'epoca si pensava dunque che il futuro fosse Blu. Mi ricordo perfino di una mia amica, una delle prime persone all'epoca a volersi dotare di un numero 380, subendo nel tempo vari problemucci di raggiungibilità e roaming. Volete mettere la soddisfazione ad essere uno dei primi clienti ad aver avuto fiducia in un'azienda di successo?
C'è stato un momento in cui ho pensato che Blu ce la facesse con stile. Fu in corrispondenza del lancio del servizio di personalizzazione del numero telefonico. In un paese come l'Italia in cui non si poteva scegliere niente fino a poco tempo fa, farsi un numero di cellulare personalizzato come le targhe delle macchine americane sembrava fantascienza.
Il sospetto che qualcosa non andasse bene non mi è venuto però da costose ricerche di mercato o da annunci clamorosi sul Sole24Ore. Il sospetto, dicevo, è nato dalla semplice considerazione che nella mia rubrica di quasi duecento numeri telefonici non c'è nemmeno un numero Blu se non quello della mia famosa amica. Non che i miei contatti facciano statistica, ma in effetti in mezzo a tanti 347, 328 e 338 l'assenza di 380 è evidente.
Di una cosa sono certo: Blu era (è) dotata di uno degli staff creativi per le proprie campagne pubblicitari più efficaci attualmente sul mercato. Avete presente il recentissimo battage televisivo ispirato alla legge di Murphy? Geniale. Per non pensare agli ultimi spot di Omnitel con Megan Gale che tira acqua minerale che fanno male alla mia sensibilità di consumatore consumato. In questa cronistoria di Blu secondo i miei occhi, siamo arrivati ben presto all'ultimo mese del 2001 con una serie di avvisi piuttosto "neri" sullo situazione finanziaria della compagnia telefonica. Blu perde 2 miliardi al giorno e in due anni è arrivata a meno del 3% di mercato. Troppo pochi. La festa è finita. Ho sperato che si salvasse il lavoro fatto sul marchio, ma l'articolo letto ieri su MF non lascia speranze. Blu verrà venduta, con tutta probabilità, a pezzetti. I clienti Omnitel telefoneranno sulle ex frequenze di Blu, Wind abbraccerà l'offerta commerciale dell'ex concorrente (e magari i suoi numeri) e chissà che H3G non si prenda qualche ripetitore piazzato in posizione strategica. Come negli incubi di fantafinanziari vissuti attraverso film famosi come Wall Street (con Micheal Douglas e l'allora implume Charlie Sheen), un'azienda che ce l'ha quasi fatta è stata condannata allo smembramento. Il quasi è stato fatale.
Blu, il futuro che non c'era.
E che non ci sarà.