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Ghost of Tsushima, intervista a Joanna Wang, Environments Lead di Sucker Punch

L'uscita di Ghost of Tsushima è sempre più vicina e, per prepararci, abbiamo intervistato Joanna Wang che ha diretto il team incaricato di realizzare l'affascinante isola di Tsushima

INTERVISTA di Umberto Moioli   —   07/07/2020

Il prossimo 17 luglio gli utenti PS4 potranno mettere le mani su Ghost of Tsushima: Sucker Punch sta realizzando un prodotto ambizioso, che intende portarci in un Giappone iconico, da una parte, ma inedito dall'altra, soprattutto grazie a un'ambientazione e una storia di cui molti di noi non avevano mai sentito parlare prima. Ghost of Tsushima lo stiamo giocando già da diversi giorni e, prima di potervi dire cosa ne pensiamo nel dettaglio, abbiamo potuto parlare per qualche minuto con Joanna Wang, Environments Lead di Sucker Punch che ci ha spiegato i dettagli e l'impegno profuso per realizzare l'affascinante isola situata nel mare dell'Est, tra Giappone e Corea.

Svolgi un lavoro in cui la componente artistica è predominante. Allo stesso tempo quando si realizza l'ambientazione per un videogioco ci sono diverse esigenze da tenere presente, ad esempio quelle del gameplay. Come bilanci questi due aspetti?
Quando siamo andati sull'isola di Tsushima per renderci conto di persona di come fosse, siamo immediatamente rimasti colpiti non solo dalla vegetazione lussureggiante, ma anche dalla morfologia complessa: ci sono moltissime montagne e passaggi impervi. La nostra guida e diverse persone del posto ci hanno confermato quanto, da sempre, queste montagne rappresentino un ostacolo complesso da aggirare. In questo genere di situazioni abbiamo dovuto trovare un equilibrio tra la volontà di ricreare l'ambiente in maniera fedele all'originale e le necessità del gameplay, perché vogliamo che qualsiasi luogo mostrato a schermo possa anche essere raggiunto.

Abbiamo lavorato cercando di prendere i luoghi più iconici dell'isola, rilavorandoli in modo tale che si sposassero con le meccaniche di gioco. Ma anche aggiungendo alcuni elementi visivi tipici del Giappone, così da creare scenari mozzafiato.

Ghost of Tsushima, intervista a Joanna Wang, Environments Lead di Sucker Punch

Avete lavorato su un periodo storico iconico: tutti conoscono i samurai e tutti hanno visto o letto qualcosa a riguardo. Per voi è stato un vantaggio oppure rischiavate di dare la sensazione di già visto?
Di certo ci sono pro e contro. Abbiamo fatto moltissime ricerche, ci siamo documentati per ottenere un risultato che fosse convincente anche dal punto di vista storico per quanto riguarda, ad esempio, l'aspetto degli edifici. Poi però siamo scesi a compromessi in altri ambiti, ad esempio realizzando certi interni più spaziosi di quelli reali, così da fare in modo che potessero essere il palcoscenico per scontri spettacolari.

Un'altra volta stavamo realizzando un villaggio e abbiamo pensato che fosse una buona idea mettere alcuni alberi da frutto per abbellirlo, abbiamo pensato alle mele Fuji. Ci siamo documentati e abbiamo scoperto che le mele sono arrivate in Giappone solo nel diciannovesimo secolo, molto dopo rispetto a quando si svolgono gli eventi di Ghost of Tsushima, quindi abbiamo dovuto cambiare idea. Abbiamo provato a porre enorme attenzione a questi dettagli in modo tale che non ci fossero errori storici e tutta l'ambientazione fosse coerente.

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Il processo di realizzazione dell'ambiente di gioco fa riferimento solo a materiali come foto e mappe, oppure, un po' come accade per chi scrive la storia e i personaggi, vi siete ispirati anche ad altri media?
Prendiamo ispirazione da tantissimi media: libri, film, dipinti e qualsiasi altro ti possa venire in mente. Il vento, ad esempio, è uno degli elementi ricorrenti della nostra ambientazione e abbiamo studiato l'immagine di molti film sui samurai per renderlo il più spettacolare possibile. Volevamo riprodurre quelle immagini in cui due samurai si preparano allo scontro restando perfettamente immobili mentre tutto attorno a loro, dalle piante all'erba, fino alla polvere, volteggia a causa del vento.

Lo studio dei dipinti e delle foto più iconiche del Giappone, poi, ci ha permesso di capire quali scorci fossero necessari per dare fin da subito al giocatore l'idea di essere in quel tipo di contesto. Le persone vedono una pagoda e pensano "quello è il Giappone" e noi vogliamo un effetto simile.

La modalità Cinema / Kurosawa trasforma l'immagine in bianco e nero. Avete dovuto lavorare alle ambientazioni tenendo a mente anche questa possibilità?
In realtà penso che nessuno del team al lavoro sull'ambientazione abbia mai attivato quella modalità fino alla fine dei lavori, non ci siamo mai posti il problema se fosse necessario, ad esempio, aumentare o diminuire la luminosità dell'immagine. Abbiamo lavorato cercando di essere quanto più fedeli possibile alla realtà, diminuendo un po' di "rumore" rispetto alle immagini delle fotografie e dei filmati. Questo lavoro penso che poi abbia aiutato molto a rendere al meglio, da subito, anche la modalità in bianco e nero.

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Il vento è un elemento scenico ma non solo, visto che in qualche modo aiuta a guidare il giocatore all'interno dell'ambientazione. Lo avete tenuto in considerazione quando pensavate a come realizzare l'isola?
In realtà siamo partiti proprio dalla realizzazione dell'isola. Dopo averla creata in larga parte e quando ci siamo resi conto di quanto fosse ricca e articolata, abbiamo deciso di aggiungere il vento come elemento guida.

Il gioco uscirà per PS4 e PS4 Pro: la prima ha diversi anni sulle spalle oramai, è stato complesso far girare il titolo sulla console originale?
Abbiamo un team di programmazione fantastico che ha permesso di non porci questo genere di problema. Sono stati molto bravi a capire in ogni momento cosa era necessario o non necessario caricare in background e ottenere il miglior risultato possibile su entrambi i sistemi.

Infine, quali scorci ti rendono più orgogliosa del lavoro fatto dal tuo team?
C'è stato un momento in cui stavo giocando una versione non ancora completa di Ghost of Tsushima e, visto un tempio in cima a una montagna, ho deciso di raggiungerlo. Arrivata in cima mi sono messa ad osservare il panorama notando una pagoda, una foresta sullo sfondo e diversi altri dettagli che avrei voluto andare a vedere da vicino. Sono rimasta colpita sia dalla dimensione dell'isola, sia dal livello di dettaglio che abbiamo ottenuto. In quel momento sono stata molto orgogliosa del lavoro che abbiamo fatto e torno ancora spesso in cima a quella montagna.

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