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Noi Corriamo sui Kart

Speciale: Ci siamo: Double Dash!! è ai nastri di partenza pronto per arrivare in tutti i nostri GameCube. Multiplayer.it vi porta in piena atmosfera Kartiana con l'intervento di un giocatore che di Mario Kart fa una ragione di vita: ecco perché siamo fieri di essere una grande Kart Tribe, ecco perché, se finora avete resistito, non durerà ancora per molto!

APPROFONDIMENTO di La Redazione   —   18/11/2003
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You Placed First!

La prima cosa che deve fare un giocatore di Mario Kart è imparare le regole del gioco. Tautologico? No, empirico. Tutto s’impara sulla strada, senza doppi sensi. Forse puoi consultare il libretto delle istruzioni giusto per apprendere che l’ossatura della sfida sia fatta di 4 Gran Premi, composti a loro volta di 4 tracciati ognuno: alla fine di ogni tracciato (di 3 giri l’uno) il primo classificato si aggiudica 9 punti, il secondo 6, il terzo 3 e il quarto 1, con la classifica che si aggiorna automaticamente di volta in volta mostrandoti il gap che devi mangiare al tuo diretto avversario nella gara che sta per svolgersi; ecco, ora quel libretto puoi gettarlo tranquillamente nel cestino. Il resto lo si ingurgita comodamente seduti, e la prima cosa che si deve obbligatoriamente metabolizzare sono gli effetti dei vari item da raccogliere lungo i tracciati, aventi tutti disparate potenzialità tanto offensive quanto difensive.
Perdonatemi l’apparente grossolanità, ma per quanto il termine “item” provi a svolgere la sua funzione con una decenza-base, questi bonus si chiamano convenzionalmente “bastardate” dalla notte dei tempi, quindi scivolerò nell’idioletto con una certa alterigia. Dicevamo che la prima cosa da fare fosse quella di metabolizzare gli effetti delle bastardate. Esempio. Lo slot gira e si ferma su di un insipido guscio verde (Green Shell). Durante le prime partite maledirai la CPU e lo lancerai a casaccio, reputandola la peggior bastardata che potesse capitarti, non essendo “a ricerca” come il guscio rosso (Red Shell), non garantendoti implementazioni palpabili nell’immediato come un “fungo a ripetizione” (Super Mushroom), non avendo particolari caratteristiche di spicco. Tutto questo in apparenza, ovviamente. Capirai subito che tenendo premuto il tasto Z anziché premendolo una singola volta, il guscio ti resterà attaccato alle chiappe a mo’ di scudo, rendendo vano l’attacco del tuo inseguitore che da tergo ti sparerà un guscio rosso a mezza schiena; ti lascerà inoltre libero lo slot per poter raccogliere una seconda bastardata che terrai in serbo e che risulterà a dir poco fondamentale. Ma non serviranno troppe partite per padroneggiare alla perfezione il guscio verde, non solo per esibirti in un lancio in avanti dalla perfezione di un guscio rosso, ma anche in uno all’indietro dalle medesime qualità balistiche: il rischio per il tuo inseguitore sarà adesso il medesimo e l’equilibrio già sostanziale. Va da sé che una volta domata la guida potrai sbizzarrirti in derapate e, ad esempio, all’interno di una galleria potrai lanciarlo su di una parete posizionando temporaneamente il kart di traverso: il guscio inizierà a rimbalzare da destra a sinistra come una pallottola impazzita, ma tu sarai già passato, mentre il tuo inseguitore dovrà ancora farlo. Prova adesso a immaginare che sorpresa potrai riservare al tuo rivale, nella medesima galleria, considerando che spesso i gusci verdi contenuti nell’item sono tre anziché uno soltanto… E certo le potenzialità di quella che sembrava la peggior bastardata in assoluto non finiscono qui, risultando praticamente inevitabile, per l’avversario, se lanciata in alcuni punti del tracciato che scoprirete solo vivendo: inizierete con lo scagliarla all’indietro sui ponti sospesi nei quali è possibile procedere unicamente in fila indiana, ed arriverete col tempo a trasformarlo in un infallibile strumento di morte, un misero guscio verde…

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E Mangia…

Ora chiudete gli occhi e pensate solo per un istante a quali e quante applicazioni potranno avere le restanti 13 bastardate. Imparare gli effetti offensivi/difensivi di ogni bastardata, e di conseguenza gli “antidoti” per ciascuna di esse, è assolutamente fondamentale. Sulle prime sembrerà che possa valere, generalmente, la regola del gioco sasso-carta-forbice, ovvero questo si mangia questo, ma non questo, mentre con quest’altro ancora pareggia. Niente di più sbagliato. Eccetto la stella (Super Star) ed il fantasma (Boo) che ti rendono temporaneamente inattaccabile, con qualsiasi bastardata puoi teoricamente avere la meglio sull’avversario indipendentemente da cosa possieda. Esempio 2. Giusto oggi giocavo con un mio amico; eravamo in prossimità del super salto nel Wario Stadium: lui aveva “in cambusa” un fulmine (Lightning Bolt) io una banana (come sempre, aggiungo). Il fulmine miniaturizza tutti gli avversari, facendoli prima ruotare su se stessi come se avessero calpestato una banana, rendendoli quindi vulnerabili (“calpestabili”) ed ovviamente più lenti, al che il suddetto salto risulta impossibile. Le prime volte che giochi a Mario Kart ti lanci giù nel baratro come un Lemming. La tua reazione si quantifica unicamente attorno ad un’imprecazione colorita. Capisci in seguito che non era difficile compiere un inversione ad “U” in prossimità del salto, attendendo di tornare “grande”, e compiendo quindi il salto. Col tempo sfornerai un’infinità di tecniche anti-fulmine. Diventerai persino tu l’“aggressore”, imparando a rimanere attaccato ruota a ruota col tuo contendente che dovendo conservare il fulmine fino al salto vi arriverà “scoperto” ovvero senza bonus supplementari: lui lancerà il suo fulmine, ma tu potrai colpirlo facendolo addirittura cadere giù dal salto, a patto che in qualche modo non ti si scrolli di dosso (e di modi ce ne sono); ma standogli appiccicato come un francobollo, sarà lui a schiacciarti, tu tornerai subito alle tue dimensioni abituali e addio salto nel vuoto. Ma tornando a noi…

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E Mangia…

Non avevo certo una bastardata tale da poter permettermi di stargli accanto ed impensierirlo; continuavo così a stare davanti con la mia bananina mentre lui continuava a inseguirmi senza capire le mie intenzioni. Studio, pretattica. Ero io a dover uscire da quella situazione. Ma come? Se avessi rallentato, mi fossi fatto raggiungere e avessi quindi lanciato la banana indietro, anche all’ultimo secondo, l’avrebbe facilmente evitata. E poi non è certo la cosa più semplice di questo mondo far cadere in un precipizio un giocatore di esperienza allorché ti appelli ad una singola banana: in fondo anche se l’avessi colpito avrebbe ripreso subito il controllo del kart. Regna il silenzio, quando siamo già al dirittone che porta al salto, ci siamo quasi, quando arriva l’idea: colpo di genio maturato lungo quell’interminabile canalone. Parcheggio. Parcheggio posizionandomi trasversalmente alla pista con la banana alle chiappe; parcheggio giusto sul crinale del balzo. E’ nel panico: il fulmine ti fa cadere perché mentre diventi nano subisci anche un effetto “scivolata in avanti” come se avessi calpestato una banana, ma io avevo il precipizio alla mia destra, non davanti, quindi non sarei mai caduto giù. Non sa cosa fare. La cosa più logica è lanciare il fulmine perché così facendo avrei comunque perso tempo prezioso e giustamente lo lancia. Ma in quella posizione sono pericolosissimo perché sono, in pratica, una banana vivente che si sposta orizzontalmente (destra/sinistra) sul bordo del precipizio, quando lo vedo arrivare… E lo vedo frenare! Frena perché ha paura di calpestarmi e cadere; non ha più la volata per fare il salto e deve tornare indietro per prendere la rincorsa, cosa che faccio anche io mentre nel frattempo torno anche alle mie dimensioni reali. Finora gli avversari controllati dalla CPU erano caduti come Lemming, ma passa Wario, di nuovo grande, come lui Luigi, quindi io e ed il mio amico appaiati che avevamo ripreso la volata per saltare; ma è visibilmente nel panico, salta persino l’ultima tornata di bastardate (non che a me fosse andata meglio). Io arrivo secondo e lui quarto. Arrivo prima di lui ed è stato pure graziato dalla CPU che aveva ripagato la mia “magia” con un misero fungo all’ultimo giro di bastardate, ma il punto è che con l’inventiva messa al servizio del gameplay più flessibile di questo mondo, avevo stravinto una sfida in condizioni a dir poco impari. Impari sulla carta, ma c’era pur sempre un genio del male in pista: è quello che rende meravigliosamente unico Mario Kart! La possibilità di dare libero sfogo alla propria creatività maligna; vale a dire che ci metti tanto del tuo, ma allo stesso tempo benedici chi ti ha messo nella condizione di poterlo fare, ovvero gli spacciatori che hanno introdotto questa droga sul mercato.

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E Mangia…

E’ chiaro che quest’inventiva, ovvero questa possibilità di applicare tecniche di guida e potenzialità degli items nelle modalità più disparate (vuoi per difendersi dagli attacchi, vuoi per creare danni agli avversari) salterà fuori da sé man mano che il quadro del tutto si farà sempre più nitido, la guida più sicura e gli effetti dei vari items saranno realmente metabolizzati in tutte le loro sfumature; cose che richiederanno, certo, i loro onesti mesi (anni) di rodaggio, ma dubito che vi sia qualcuno che non si dimostrerà disposto a concederli alla miglior meccanica mai apparsa in un videogioco. E richiederà anche una certa stoffa, lo capirete in pista, perché campioni a Mario Kart si nasce, non si diventa sfogliando le pagine di una guida.

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Banaria

Le applicazioni degli item si moltiplicano all’infinito allorché si va a sommare il loro potenziale ai vari tracciati, o meglio, all’infinità di “punti caldi” all’interno di essi nei quali tutto può risultare fatale se posizionato con dovizia. Difatti il maggior pregio di Mario Kart è il track design, studiato millimetro per millimetro, non essendo presente una singola semicurva in cui non sia possibile effettuare un qualche taglio o preparare una qualche trappola letale in base alle bastardate in nostro possesso. Per non parlare della valanga di scorciatoie presenti, nonché della possibilità di tendere trappole giusto all’imbocco delle scorciatoie stesse. Certo scoprire quella, che so, nel Wario Stadium non sarà facile come scoprire le tre presenti in Koopa Troopa Beach, ma la gioia di vedere la faccia del vostro sfidante mentre cade nella trappola che gli avete teso, proprio mentre è intento a tagliare, è semplicemente il massimo della vita. Anzi, il massimo della vita sta tutto nel passo successivo, ovvero nel tagliare per primi posizionando una trappola giusto nel momento in cui lo si fa, godendo due volte. Se poi l’altro ci prova pure e non ci riesce, beh, l’umiliazione verbale se l’è davvero cercata e il godimento si fa triplice senza redenzioni di sorta.
Se qualcuno dovesse chiedermi di botto come si gioca a Mario Kart, gli risponderei “Con quattro occhi: due fissi sul mio screen, due su quello dell’avversario”. E’ solo in questo modo che si evita, ad esempio, di provare a tagliare se non è il caso di farlo, come si evitano le famigerate “bastardate finte” (Fake Item Boxes), ovvero oggetti in tutto e per tutto identici a quelli che si raccolgono per accedere ai vari bonus, ma che hanno effetti distruttivi al minimo contatto; si differenziano dagli “originali” solo perché il punto interrogativo raffigurato sulla “scatola” è posto al contrario, o meglio, si fa prima a dire che si riconoscono quando vi si sbatte sopra esplodendo in aria! Anche questi le prime volte verranno disseminati a casaccio, ma col tempo capirete quanto sia opportuno, ad esempio, esibirsi nella famigerata “sostituzione” cioè prendere un item “vero” e lasciare al suo posto uno “finto” aspettando di vedere la faccia del secondo player allorché andrà a sbatterci contro: a patto di ricordarsi sempre quello che si è fatto e soprattutto “dove” si è fatto perché ci ripasseremo al giro successivo! E gli occhi dovranno moltiplicarsi per essere puntati anche su tutti gli ostacoli disseminati lungo il tracciato, sui “disturbatori” esterni che si accaniranno su tutti i partecipanti alle varie gare, compresi i personaggi controllati dalla CPU.

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Banaria

Per loro è decisamente il caso di spendere qualche parola perché ci passerete ore e ore, mesi e mesi, diventeranno di casa, li ricoprirete letteralmente di soprannomi, ma soprattutto li odierete a morte! Io non so descrivervi l’odio viscerale che provo per Wario, ma giuro che il suo accanimento nei miei confronti, forse frutto di un bug dovuto all’usura della cartuccia, è da voltastomaco. Gioco quasi sempre contro due personaggi, l’avversario umano e Wario, almeno diciamo che Wario vuol vedermi morto almeno quanto il secondo player e ciò mi crea non pochi imbarazzi a livello psicologico. Non che gli altri characters vadano per il sottile, ma sono pur sempre tollerabili, cioè rientrano in una cattivissima normalità. Wario si spinge oltre e sfido chiunque ad aver perso il torneo del secolo per una banana lanciatagli in testa da tergo (è impossibile riprendersi) all’ultimo giro del Bowser’s Castle in prossimità del salto e arrivare sesto quando mi bastava un solo punticino per vincere matematicamente. Cioè era sufficiente che arrivassi quarto, bastava gestire la gara. Per la concitazione gridai “Banaria!” (cioè banana + in aria, almeno quello mi filtrò il cervello, suppongo) col terrore negli occhi e con l’eco nelle orecchie del boato di venti beoti che stramazzavano al suolo dalle risate, morivano dal ridere, mentre io, tutto solo, morivo dentro. Ed è questa, in fondo, la vera essenza di Mario Kart.

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Il Cielo sopra Mario Kart

Mario Kart non è un videogioco. E’ un gioco. Questa è la prima, doverosa, precisazione da fare allorché, pretenziosamente, ci si accinge a volerne afferrare il cuore per sbatterlo su di una fredda pagina web. Mario Kart è un gioco infame il cui matematico tecnicismo esacerbato può tranquillamente esser paragonato ad una partita a scacchi nella sua duplice espressione di mossa/contromossa; e come una partita a scacchi può essere giocato all’infinito e ad un infinità di livelli: chiunque si diverte una volta apprese le regole di base, ma l’esperienza c’insegna, ad ogni seduta, che il tempo d’imparare sarà virtualmente eterno. Ho sul tavolo la guida ufficiale di Mario Kart 64: pensate solo che sulla bellezza di 97 pagine, ben 92 di esse sono esclusivamente dedicate alle tecniche atte a trasformare un comune utente in una macchina da guerra ringhiante bava. Ma proprio in quelle pagine si palesa il gap che separa la meccanica di Mario Kart da quella del gioco degli scacchi, sì, perché l’abilità strategica dovrà sommarsi a quella “da pad” e vi garantisco che saltare su di un guscio rosso usando un fungo in prossimità di un dosso, non è propriamente facile come afferrare un alfiere e spostarlo di qualche centimetro, nossignore. Se mente e manualità sono spinte all’unisono oltre il proprio limite (ad un certo livello un errore significa realmente reset), ad ogni seduta fra avversari di pari valore, capite voi stessi la cristallina qualità dell’esperienza di gioco nuda e cruda.
Un’esperienza che non ha pari né termini di paragone che tengano, nemmeno scomodando la perfezione del mossa/contromossa di uno Street Fighter Zero 3 padroneggiato come se il pad fosse un’escrescenza della mano, né chiamando in causa la libertà “inventiva” della costruzione di un’azione in un Winning Eleven nel quale tutto si può fare perché tutto resta esattamente sotto controllo: Mario Kart racchiude il meglio e brucia il meglio sul medesimo terreno, visto che non solo la pretattica, la tecnica di base e l’abilità manuale si amalgamano con euritmia, ma queste vanno a sommarsi incidentalmente alla creatività del singolo giocatore, al quale viene offerto libero sfogo, a livello d’inventiva, dalla valanga di tecniche e soprattutto di items (da impiegare nei modi più disparati) contenuti nel pacchetto. Chiarirò tutto con esempi, state tranquilli. Ovviamente parlerò di Mario Kart riferendomi a Mario Kart 64, avendo visto il sequel solo in foto, ed essendo il prequel una versione superlight.