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Sviluppo tricolore

L'Italia è un paese morto sul fronte di sviluppo di videogiochi? Quasi... ma c'è del fuoco sotto la cenere.

RUBRICA di Andrea Pucci   —   14/01/2006
Sviluppo tricolore

a settimana appena trascorsa è stata per me la "classica settimana milanese". Partenza di notte, primo volo del mattino, visi assonnati, freddo glaciale. E poi taxi, appuntamenti, cene fuori e così via. Uno, due, tre giorni. E poi di nuovo giù: ultimo volo della sera e facce sfatte dalla stanchezza. E' il costo di chi ha scelto di vivere fuori dal caos perenne.
Durante questo round d'appuntamenti ho avuto la fortuna di incontrarmi con due software house italiane, che mi hanno un po' raccontato il loro punto di vista sulla disfatta italiana nel mondo dello sviluppo. Un esempio: il mese scorso si è tenuto il Game Connection a Lione. Italiani presenti: pressochè nessuno. Francesi e anglosassoni: tantissimi. Va detto ad onor del vero che lo Stato Italiano non aiuta in nessuno modo specifico (se non ad un livello prettamente generico, come ad ogni altra impresa di altra natura) una società di sviluppo di software di intrattenimento. In Francia, un po' per una maggiore apertura mentale, un po' per quello strano orgoglio nazionale che permea ogni settore, è previsto (e ancor più in passato lo è stato) uno specifico supporto agli sviluppatori videogiochi con finanziamenti speciali. Sì perchè sviluppare videogiochi è un investimento a medio termine ad altissimo rischio che non può seguire i canoni di un'impresa "normale".
Torniamo però ai miei interlocutori. Uno dei due era Dario Migliavacca, general manager di Ubi Studios, la filiale italiana dedita allo sviluppo del noto publisher francese Ubisoft. Quando giocherete a Splinter Cell 4 in multiplayer, ricordatevi che è un prodotto sviluppato da abili mani italiane. Dario mi ha raccontato che dal fondo del barile toccato nel 2001/2002, la situazione è lentamente migliorata e lo staff di grafici e level designer è tornato a crescere, dopo essere stato ridotto ai minimi termini e prossimo alla chiusura. Il futuro secondo lui può essere guardato con fiducia. Il problema è che anche i maggiori publisher, seguendo una moda che impazza un po' in tutti i settori della manifattura ad alto impiego di risorse umane, delocalizzano all'est Europa e nel sud-est asiatico (India e Cina) dove la manodopera è decisamente più a buon mercato. Ed è sempre più difficile investire in Italia.
Ma non è solo per il bel tempo dalle parti degli Ubi Studios che ho inserito nel sottotitolo dell'editoriale "c'è del fuoco sotto la cenere". E' anche per gli ottimi progetti sportivi di Idoru, che ha consolidato il successo del gioco ufficiale di Lega Volley Femminile e ora ha deciso di proporsi anche nell'ambito della Lega Basket con un progetto altrettanto ambizioso. Artematica, dopo Martin Mystére ha scelto un altro personaggio dei fumetti per confermare la sua abilità con le avventure grafiche: Diabolik. Ho chiesto più volte a Riccardo Cangini se mai avremo l'onore di ri-giocare con un videogioco ambientato nell'universo di Dylan Dog (altro personaggio dell'universo bonelliano) dopo l'indimenticata prova della Simulmondo (fondata da Francesco Carlà e per la quale lo stesso Cangini ha lavorato a cavallo degli anni '80 e '90). La risposta purtroppo è stata sempre piuttosto negativa. Da Crotone, Calabria, assurge agli onori della cronaca Twelve Games con il suo prossimo Crash Dummy vs the Evil D-Troit. Ma non dimentichiamo la Puglia con i suoi PM Studios e l'ottimo Etrom, recentemente rilasciato e apprezzato dalla community di amanti di RPG. Ho inoltre notizie confortanti da Benevento, dall'amico Giovanni Caturano e la sua Spin Vector (l'ex team di Dronez, a suo tempo gioco scelto da nVidia per testare le potenzialità delle sue schede grafiche) a lavoro su Ciro, un progetto avente per protagonista un dinosauro, i cui resti sono stati ritrovati (veramente) in quella zona. Non ho notizie specifiche sui prossimi progetti di Milestone, ma non perdiamoli di vista. In questa carrellata di work in progress non posso infine non citare Playstos, fondata da Luca Da Rios, che da ottimo imprenditore ha rischiato del suo in un progetto ambiziosissimo (sono attualmente in sviluppo ben due giochi, Iridium Runners e RnB) e al quale auguro ogni fortuna.
Mi scuso anticipatamente con coloro che non ho citato in questa lista e che ne avrebbero avuto il merito. La mia ricerca, per quanto accurata, non è stata sicuramente priva di errori.