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Una finestra sul Giappone

APPROFONDIMENTO di La Redazione   —   20/06/2002

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Le difficoltà di X-Box sul mercato giapponese


L’altro grande problema riguarda proprio i titoli usciti, che non riescono ad incontrare i gusti dei giapponesi. Durante l’ultimo Tokyo Game Show lo stand Microsoft presentava una gamma di giochi notevole per una console ancora non uscita. I giapponesi, compresi tanti miei amici giornalisti delle più prestigiose riviste, invece di impazzire con i vari Gotham, Halo etc. perdevano tempo con uno sparatutto a scorrimento verticale con bande ai lati, il che si traduce in una porzione di schermo giocabile pari a un terzo del totale, dove una tipa vestita pseudo Maiko – ballerina tradizionale giapponese – se ne va volando per dei fondali tristi, sparando cartoncini bianchi e uccidendo mostri dell’immaginario pauroso tradizionale giapponese. Halo è uscito da poco più di un mese e ha venduto in totale meno di 30 mile copie (dato Dengeki aggiornato all’ultima settimana di Maggio) e non si trovano attualmente dati di vendita di giochi per XBox sulle classifiche, in quanto nessuno dei titoli XBox in vendita supera il centinaio di copie a settimana. Il discorso XBox Live infine non attira più di tanto: a nessuno interessa giocare una partita di football o che sia con un altro avversario, qui al più stanno cominciando a capire che si più giocare online, nonostante Sega sia presente con un servizio del genere da anni, e che anche un gioco di grandissimo richiamo come Final Fantasy nella sua versione online sia disponibile nei negozi, promosso da una campagna mostruosa per onnipresenza. A prescindere dalle difficoltà dei produttori nel gestire i server dove vengono ospitati i giochi, c’è una confusione totale sui servizi da scegliere, gli abbonamenti, i soldi. In pratica, c’è un problema proprio ontologico, per cui bisogna snaturare la console per trasformarla in altro: sempre nel caso di Final Fantasy XI, bisogna trasformare la PS2 in una console ibrida con tastiera, hard disk e modem, il pacchetto più economico e pratico (gioco, tastiera, hard disk, accesso) costa 19 mila yen, circa 170 euro. In Giappone il videogioco non è un hobby o una passione, ma un bene di consumo di massa, il che vuol dire che perdere tempo ad interessarsi del come e del quando non rientra nel normale processo di utilizzo. Per l’Xbox dovrebbe essere tutto più facile, ma quante persone avranno la console per provarne la semplicità e soprattutto per migliorarne il servizio utilizzandola? L’XBox non ha un’identità, né software né hardware, non ha una posizione sul mercato, non ha un prezzo stabile: il suo futuro in Giappone non è affatto sicuro e nell’ambiente giornalistico già si comincia a scommettere sul fallimento.

Le difficoltà di X-Box sul mercato giapponese

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L’ultima settimana di Maggio, l’Xbox ha venduto 834 console. (dato Dengeki) L’ex presidente della Square diceva che una console che non conquista il mercato giapponese non ha futuro. Da questo pensiero parte la mia riflessione. L’XBox ha venduto circa 4 milioni di console world wide, il che costituisce una fetta di mercato valida, rimanendo comunque esclusa dal mercato giapponese. Perché? Il risultato è frutto sia di errori dell’azienda, sia di cause più o meno aliene alla Microsoft. Tra queste ultime, c’è ad esempio la vendita di console difettose, che anche se nell’ordine di centinaia rispetto alla 250 mila messe sul mercato, hanno costretto le diverse catene di elettrodomestici, di videogiochi e altro a ritirare la console dai propri negozi, uccidendo quell’interesse iniziale che Microsoft aveva creato per il lancio, uno dei più costosi della storia dei videogiochi; e bisognava essere in Giappone per rendersene conto, con il quartiere di Shibuya a Tokyo che era diventato un’enorme X verde, con cartelli grandi decine di metri su tutti i palazzi e lo stesso Bill Gates in piazza alla vigilia ad arringare la folla. Per quanto riguarda gli errori veri e propri, c’è la clamorosa marcia indietro sul prezzo, che ha sconvolto l’utenza giapponese. In Giappone è stato tagliato il prezzo di un terzo, senza alcuna campagna di rimborso. In Europa vengono regalati joypad e giochi, premiando quindi una fiducia concessa fin da subito alla neonata console, mentre in Giappone coloro che hanno aperto il mercato, comprando a prezzo pieno, 35 mila yen (circa 350 euro), dopo un taglio del 30% non hanno niente. Oltre quindi al tradimento di una fiducia concessa, c’è anche la constatazione che i miliardi e il tempo infinito spesi da Microsoft in stipendi per esperti di marketing, in campagne promozionali e viaggi del presidente – Bill Gates è stato in Giappone 5 volte in un anno – non hanno prodotto una politica di vendita seria. Inoltre, è evidente come la Microsoft abbia voluto lucrare sul costo della console, ignorando una prassi consolidata dalle altre produttrici hardware, ossia una produzione iniziale della console in perdita, con l’obbiettivo del guadagno dal software.