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Per un Project Eternity che ce la fa, un David Crane fallisce su Kickstarter

Due storie in netto contrasto svelano cos'è Kickstarter

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   16/09/2012

Project Eternity, il nome di lavorazione del progetto avviato da Obsidian Entertainment su Kickstarter, è riuscito a raccogliere il milione e centomila dollari richiesto in appena due giorni e ora procede a vele spiegate verso il superamento dei vari obiettivi secondari, illustrati in un nuovo aggiornamento rilasciato da Obsidian in queste ore, con tanto di video di ringraziamento per l'incredibile successo.

Nelle stesso momento, un altro interessante progetto ha chiuso i battenti. Si tratta di Jungle Adventure di David Crane, storico sviluppatore che ha iniziato la sua attività quando molti dei lettori di multiplayer non erano ancora ovuli. Purtroppo dei novecentomila dollari richiesti ne sono stati raccolti solo trentunomila circa, quindi per ora Jungle Adventure viene mandato nel limbo, con il progetto che rimarrà aperto a tutte le possibilità (anche alla cancellazione definitiva).

Queste due storie, molto diverse tra loro, fanno ben capire come funziona Kickstarter, che da mezzo per trovare fondi per piccoli progetti indipendenti, è diventato un modo per alcuni grandi nomi di poter tornare a produrre ciò che vogliono senza dover passare per le mani di un publisher, mettendo però in ombra tutti quelli che non hanno un grosso nome (oppure il cui nome è finito un po' in ombra come quello di Crane) da spendere per attirare l'attenzione, a prescindere dalla qualità della proposta.

Ovviamente siamo tutti contenti di avere un nuovo vero gioco di ruolo realizzato da quei geniacci di Obsidian, che nel loro curriculum vantano alcuni dei migliori titoli del genere usciti su PC, ma allo stesso tempo dispiace vedere trasformato il servizio in una carrellata di grossi nomi... anche perché l'insoddisfazione di gente come DoubleFine, Revolution e ora Obsidian solleva una questione di non secondaria importanza: che cosa ci è stato venduto negli ultimi anni? Ossia, questa volontà di tornare alle origini non è una palese dichiarazione d'insofferenza nei confronti dei giochi che queste stesse case di sviluppo hanno realizzato per i grandi publisher?