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Per i giapponesi è Persona 5 il gioco più bello di sempre, per gli inglesi di Edge è The Legend of Zelda: Breath of the Wild… e se a noi piacesse Knack?

Come imparai a ragionare fregandomene delle classifiche

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   01/09/2017

Avevamo appena commentato la classifica di Edge, dove The Legend of Zelda: Breath of the Wild è stato eletto il miglior videogioco di sempre, che subito Famitsu ha risposto con una sua classifica, stilata in base ai voti dei lettori, in cui il titolo di testa è risultato essere Persona 5. Chi avrà ragione? Nessuno, ovviamente, ma questa coincidenza temporale ci aiuta a rafforzare il discorso già fatto, sull'inutilità dello stilare classifiche (però quanto è divertente...) e sulla loro completa arbitrarietà.

Prendiamo le prime dieci posizioni di entrambe:

Classifica di Edge:

01. The Legend of Zelda: Breath of the Wild
02. Dark Souls
03. Grand Theft Auto V
04. The Last of Us
05. Bloodborne
06. Half-Life 2
07. Tetris
08. Super Mario Galaxy 2
09. The Legend of Zelda: Ocarina of Time
10. Resident Evil 4

Classifica dei lettori di Famitsu:

01. Persona 5
02. Dragon Quest III
03. Splatoon
04. NieR: Automata
05. The Legend of Zelda: Breath of the Wild
06. Final Fantasy VII
07. Danganronpa V3: Killing Harmony
08. Chrono Trigger
09. Sakura Wars
10. Shenmue

Come potete leggere, non solo la prima posizione è diversa, ma non c'è un singolo gioco che si ripeta, a parte The Legend of Zelda: Breath of the Wild, che ritorna anche nella classifica di Famitsu in quinta posizione. A confrontarle attentamente però, emergono dei dettagli interessanti, che meritano di essere sottolineati. La classifica di Edge, che è una rivista inglese, è meno determinata culturalmente, ossia tiene in considerazione titoli provenienti da diversi territori: i primi due sono giapponesi, la terza e la quarta posizione sono occupate da titoli USA, la quinta da un gioco giapponese e così via. In settima si ritrova anche un titolo russo, per dire. Certo, prevalgono le produzioni nipponiche (sei su dieci), ma la varietà è maggiore, come confermano anche le restanti novanta posizioni.

La classifica dei lettori di Famitsu è invece mono nazione: tutte le posizioni sono occupate da titoli prodotti in Giappone. Lo stesso vale se osserviamo le trenta posizioni restanti. Insomma, appare chiaro che questa classifica è pesantemente influenzata dal forte nazionalismo dei nipponici, a meno che non si creda realistico che ci sia una sola nazione capace di produrre capolavori videoludici sull'intero pianeta. È anche vero che la cultura giapponese è per certi versi così peculiare da produrre delle forme di gusto ben determinate, difficili da accontentare con prodotti di culture differenti.

Quello che possiamo dedurre da questa breve analisi è che per Edge la nazione di provenienza di un titolo non ha rappresentato un criterio discriminante, mentre per la maggior parte dei lettori di Famitsu sì. Quindi tiriamo le somme e affermiamo che la classifica di Edge è più valida dell'altra? Assolutamente no: sono entrambe sbagliate, ma lecite nel loro esistere. Diciamo che un giapponese potrebbe trovarsi maggiormente d'accordo con la classifica dei suoi connazionali, mentre un inglese con l'altra. Inserire nel mucchio altre due, tre, quattro o infinite classifiche non cambierebbe nulla. Sarebbero tutte comunque sbagliate, ma allo stesso tempo lecite. In questo caso nemmeno fare la media ci potrebbe aiutare, perché nel processo si perderebbero per strada gli elementi più importanti per capire come nasce una classifica, ossia i criteri di selezione, che sono l'unica cosa che conta, anche se la meno visibile.

E qui arriva il paradosso del titolo: se qualcuno, per qualsiasi motivo, mettesse Knack, un gioco generalmente considerato come bruttino, in cima a una classifica del genere, magari sarebbe preso per pazzo, ma sicuramente avrebbe i suoi motivi per farlo. Mettiamo il caso che nella sua vita abbia giocato solo a quello, sarebbe lecito o no che lo eleggesse come il suo titolo preferito? Certo, sarebbe una classifica fortemente ridotta e castrata dai profondi limiti culturali di chi l'ha stilata, ma compreso com'è nata, non sarebbe meno lecita di tutte le altre, quindi sbagliata.