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Una città da salvare

Con il solito anno di ritardo giunge in Occidente il nuovo (e non censurato) quarto capitolo della serie Yakuza

RECENSIONE di Matteo Santicchia   —   15/03/2011

Prima di addentrarci nei meandri di un titolo stratificato come Yakuza 4, è meglio mettere subito in chiaro le cose, e soddisfare da principio quelle che sono le questioni più spinose del gioco. La prima riguarda la localizzazione. Come per il terzo capitolo non c'è una traduzione dei testi, o meglio dei sottotitoli, in italiano. Le voci sono (per fortuna) quelle originali giapponesi, tradotte con copiosi sottopancia in inglese. Di conseguenza coloro i quali non hanno dimestichezza con l'idioma di Albione non capiranno nulla del gioco d'incastri realizzato da Sega.

Una città da salvare

Non si tratta di un inglese particolarmente complesso, ma visto che la serie ruota tutta su lunghissimi filmati e abbondanti dialoghi una competenza di un certo livello è richiesta per non fermarsi solamente alle sezioni picchiaduro del gioco. Secondariamente sono state reintrodotte tutte le parti "peccaminose" tagliate via per eccesso di pruderie del terzo capitolo. Non mancano gli hostess club, massaggi e quant'altro, e addirittura il mini gioco "Gira la moda per la tua hostess preferita" fa anche parte della storyline di uno dei personaggi.

25 anni fa

Non solo un personaggio in quanto la vera novità di questo quarto capitolo è la presenza di ben quattro eroi da impersonare nelle decine di ore di gioco che ci aspettano. Kazuma Kiryu fa ovviamente parte della squadra, insieme a lui sono presenti Shun Akiyama, ex homeless, ex bancario, ora a capo di una piccola finanziaria che presta soldi senza particolari garanzie ai disgraziati di Kamurocho, e per questo inviso tanto alle famiglie locali della Yakuza, quanto alla polizia; Taiga Saejima, membro della famiglia Sasai e da venticinque anni in prigione per aver ucciso diciotto membri del clan Ueno Seiwa e Masayoshi Tanimura, giovane poliziotto più a sua agio con mazzette che con gli arresti e per questo chiamato il parassita di Kamurocho.

Una città da salvare

Invece di raccontarci la stessa vicenda da diversi punti di vista, Sega ha preferito mettere in scena una storia complessa in cui ogni personaggio in gioco è un tassello che si incastra alla perfezione andando a realizzare un enorme affresco iniziato nel 1985 e che termina nel 2010. Al solito le tematiche sono quelle usuali, forti e adulte come da tradizione della serie, per nulla stemperate, come nel terzo episodio, da alleggerimenti comici e fasi di gioco più leggere. Ovviamente tutto ciò è presente, magari sotto forma di missioni secondarie e personaggi strani che si trovano in giro, ma non è prevista una cospicua porzione di gioco "leggera" come quella dell'orfanotrofio di Okinawa. In Yakuza 4 si va dritti al punto, la situazione sembra essere sempre sul momento di precipitare, tira aria da tragedia incombente, c'è pathos e tensione da vendere, non c'è un minimo di stanca nemmeno nelle fasi iniziali, fermo restando un gameplay "giurassico" sempre uguale a se stesso. Proprio per mitigare questa sensazione di giocare negli anni sempre allo stesso gioco, sono stati inseriti i nuovi personaggi, con storyline dedicata ma soprattutto con stili di combattimento diversi.

Pugni, calci o prese?

Akiyama sembra essere più versato in mosse speciali coi calci, mentre Taiga, il gigantesco Taiga, dato il suo aspetto da enorme wrestler è più lento ma decisamente potente. Masayoshi Tanimura invece è il più "debole" del gruppo, ma è dotato di una efficace contromossa grazie alla quale può colpire indisturbato dagli avversari. Benchè il metodo di controllo sia sempre lo stesso, di fatto affidato a solo due tasti, la diversa specializzazione dei vari protagonisti è tangibile, non è insomma uno stratagemma campato in aria per variare l'azione a livello prettamente teorico. Tutto ciò ci impone di attaccare gli avversari in modo ragionato impiegando le peculiarità dei vari alter ego nel modo giusto, non limitandosi semplicemente ad un button mashing che premia si il giocatore, ma appiattisce un combat system davvero ben implementato. Tutto come da copione: le decine di combattimenti casuali "fermano l'azione", intervallando le nostre peregrinazioni in giro per il quartiere, qui è possibile utilizzare tanto calci e pugni e le armi, da fuoco e non, quanto gli oggetti che troviamo in strada, che possono essere raccolti a seconda del loro peso. In quest'ottica Taiga Saejima può imbracciare uno scooter ed usarlo come mazza, Masayoshi Tanimura no.

Una città da salvare

Tornano quindi i punti esperienza da spendere per imparare nuove tecniche, di attacco, di difesa e speciali, e tornano anche le "rivelazioni", ovvero fotografare (o annotare) particolare situazioni in giro per la città, dalle quali imparare ulteriori mosse speciali senza intaccare il tesoretto dei punti esperienza. E sempre sul versante dell'ampliamento dell'esperienza di gioco gli sviluppatori hanno inserito dei veri e propri minigiochi che cambiano da personaggio a personaggio. Akiyama ad esempio, da bravo imprenditore che diversifica i propri interessi, deve gestire un hostess club, capire le esigenze del pubblico pagante e quindi agghindare di conseguenza le ragazze, dal make up alle parure da indossare. Taiga Saejima invece, quando non alle prese con le ronde della polizia che lo costringono a muoverso di soppiatto tra i tetti dei palazzi, le fogne e i centri commerciali sotterranei, può recarsi al dojo nella parte alta di Kamurocho per allenare un giovane e farlo combattere in un torneo, mentre Masayoshi Tanimura, una volta incontrato uno dei Guardian Angels del quartiere dovrà tentare di risolvere le varie zuffe, facendo da paciere tra i litiganti. Kazuma infine sovrà sconfiggere diverse bande che tenteranno di attaccarlo di tanto in tanto.

O si ama o si odia

Tutto ciò innestato nel solito gameplay del gioco, che senza mezzi termini o si ama o si odia. Insieme ai già citati combattimenti casuali, snervanti in tutta la loro utilità ai fine dell'avanzamento di livello, troviamo le lunghissime sequenze di raccordo, e le molte cose da fare in città tra una missione e l'altra. Città che ha guadagnato alcune nuove aree, come i tetti, che utilizzati pricipalmente da Taiga regalano interessanti scorci di Kamurocho e un paio di sfide "di corsa". Alla stessa maniera le aree sotterranee, parcheggi, centri commerciali o fogne, sono ben legate con lo sviluppo e inoltre regalano al gioco le parti "accessorie" meno convenziali, come quello dello scienziato pazzo e del suo cabinato arcade o degli scavi dei rifugi antiaerei risalenti alla seconda guerra mondiale. Questo per dire che in Yakuza 4 non si è lesinato nel cercare di svecchiare, o meglio di rendere più arioso un gameplay che non si è certamente evoluto molto nel corso degli anni, ma che data la bontà della trama e del conseguente ritmo serrato che ne scaturisce, sembra quasi consigliarci di giocarlo tutto d'un fiato, di arrivare senza perdere troppo tempo al redde rationem finale. Questo perchè i personaggi (anche quelli secondari) sono magistralmente tratteggiati, e nonostante le ore di chiacchiere nei lunghi filmati che accompagnano i punti di snodo della vicenda raccontata, si rimane rapiti e interessati dalle storie che si svelano pian piano e che soprattutto convergono e si incrociano senza colpi di scena troppo forzati.

Una città da salvare

I protagonisti e le loro caratterizzazioni sono i veri punti di forza del gioco. Non sono granitici e monodimensionali, con la progressione li vediamo cambiare, conosciamo parti di loro che non avremmo mai pensato all'inizio di ogni capitolo, ci regalano momenti indimenticabili, grazie a linee di dialogo ben scritte, ma soprattutto alla recitazione nelle cut scene. Taiga è il migliore del gruppo, un enorme, massiccio ex yakuza, dalla faccia da bambino perennemente imbronciata, quasi devoto più al suo boss che alla sua vera famiglia, capace di immolarsi per lui, un vero e proprio antieroe nonostante si porti addosso un peso enorme. O Tanimura, che dietro la facciata del poliziotto corrotto è un benefattore, per non parlare poi di Shun Akiyama e della sua finanziara pro bono. La violenza, la corruzione, i metodi spietati della yakuza hanno ormai devastato Kamurocho, ma c'è sempre qualcuno che si batte per il bene, vuoi per un distorto codice d'onore, vuoi per cercare di fare qualcosa per tutti. E' questa la cosa più bella del gioco, dietro il sangue e le dita mozzate, dietro i loschi affari immobiliari, dietro i lustrini degli hostess club c'è qualcuno che lotta per cercare di migliorare una situazione al collasso.

Al solito

Da un punto di vista tecnico siamo ancora dalle vetuste parti di Yakuza 3, ovvero abbiamo animazioni legnose e texture non particolarmente brillanti, ma tutto ciò scompare di fronte alla solita viva e vibrante riproduzione del Giappone di oggi, con in più tutte le nuove parti sui tetti e sotto terra, decisamente meglio realizzate rispetto alla media del gioco. Yakuza 4 insomma non verrà certamente ricordato per i valori tecnici in sè per sè, ma senza dubbio per l'impatto generale delle immagini a schermo. Dove il motore di Sega eccelle è nella realizzazione dei boss, di ben altra pasta rispetto ai semplici "picciotti" che si incontrano nelle strade, meglio animati, con diversi pattern d'attacco e soprattutto con gli enormi tatuaggi a coprire il corpo, e nelle straordinarie animazioni facciali all'interno dei lunghi filmati, che donano al gioco un ulteriore gradino di autenticità al tutto.

Conclusioni

Multiplayer.it
8.5
Lettori (156)
7.7
Il tuo voto

Sarebbe facile scrivere che il nuovo capitolo del titolo Sega sia del tutto uguale al precedente, a giudicare dalle meccaniche di gioco e dall'aspetto tecnico, e invece Yakuza 4 risulta essere piuttosto diverso e migliore, grazie alla scelta di inserire altri personaggi ottimamente caratterizzati da impersonare, ma soprattutto grazie ad una narrazione più compatta (nonostante il gioco ad incastro delle vicende), una storia più emozionante, e ad un ritmo senza troppi alti e bassi soporiferi. Uno spaccato del Giappone di oggi da giocare, fermo restando un gameplay vecchio e intrinsecamente ripetitivo nonostante le mille cose da fare, e con la barriera della lingua inglese che di fatto potrebbe limitare fortemente l'esperienza di gioco per i non anglofoni.

PRO

  • La storia è meglio narrata e più emozionante del precedente capitolo
  • Caratterizzazione dei protagonisti
  • I quattro personaggi ampliano le potenzialità del combat system
  • Più ritmo e meno "perdite di tempo"
  • Niente tagli, gli hostess club ci sono

CONTRO

  • Il gameplay di base è rimasto invariato
  • Buon impatto globale, ma tecnicamente vetusto
  • Ripetitività al limite della noia nei combattimenti casuali
  • Se non si conosce l'inglese meglio non giocarlo