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Below, la recensione

Capybara Games esce finalmente allo scoperto con il suo Below: purtroppo il risultato non è quello sperato. Vi spieghiamo il perché nella nostra recensione.

RECENSIONE di Emanuele Gregori   —   21/12/2018

Sono ormai passati più di cinque anni dall'annuncio di Below. Il nuovo titolo di Capybara Games, in grado di catalizzare l'attenzione del pubblico già dal primo annuncio. Il gioco ha vissuto una genesi piuttosto travagliata: tra rinvii e sparizioni dai radar, finalmente sbarca su PC e Xbox One, tentando di dire la sua all'interno di un genere vicino alla saturazione. Below è un rogue-lite incredibilmente scenico e altrettanto crudele, in grado di trasmettere tanto, e di frustrare ancor di più. Dopo una ventina di ore e tante imprecazioni, siamo pronti per dirvi cosa ne pensiamo.

Una storia di immagini, note ed emozioni

L'impatto con Below, quando si avvia la prima partita, è di quelli che saremo costretti a ricordare per tanto, tanto tempo. Il valore artistico dei primi minuti è ciò che esplicita nella maniera più diretta possibile il motivo per il quale il videogioco può (e deve in alcune sue specifiche declinazioni) puntare ad essere riconosciuto come arte. La nebulosa immagine iniziale, che esprime in maniera quasi impercettibile il movimento, ci racconta la disperazione del viaggio con una forza dirompente. Come alcune vedute artistiche a volo d'uccello sono in grado di confondere e non chiarire a prima vista i soggetti coinvolti, così Below ci lancia in un mare in tempesta, su di una piccola imbarcazione che, sulle prime, sembra ricordare più un piccolo organismo in movimento. La leggerezza dell'andatura, capace di creare delle piccole increspature sull'acqua, confonde ed ammalia, nel corso dei cinque minuti che anticipano la comprensione della scena. È difficile rendere a parole un concetto così semplice e impattante, andando a rappresentare perfettamente l'idea che rende arte una creazione. Quando ormai abbiamo compreso di cosa si tratta, è troppo tardi per rimuginarci sopra. Dal mare spunta finalmente un lembo di terra, la nostra vela punta dritta verso la possibile salvezza e approdiamo ancora scossi su una riva abbandonata e deserta. Questo modo di introdurci al mondo di Below, richiama a gran voce l'impatto scenico che, all'inizio dello scorso decennio, ci regalò Fumito Ueda con il suo Ico. Non a caso, l'atmosfera di Below richiama quel modo di narrare ed emozionare, che solo il maestro giapponese è stato in grado di creare. Non esiste una trama propriamente detta ma, non per questo, le nostre gesta sull'isola che fa da sfondo alla vicenda lesineranno piccoli elementi qua e là, in grado di raccontarci il passato e l'eredità di un territorio straordinariamente vivo, nonostante l'essere civilmente morto. Le rive della spiaggia ci regalano solo qualche semplice oggetto utile, come dei tronchi o un ortaggio, fino a metterci di fronte ad un falò. Ripreso fiato a seguito delle emozioni iniziali, siamo ora pronti per scalare la parete che ci condurrà nel vivo dell'isola. Tra lande perdute, fogliame sempre al soldo del vento e gigantesche struttura sparse per il mondo di gioco, Below si candida già ora per un posto tra gli incipit più suggestivi di sempre. Ora siamo veramente soli, abbandonati a noi stessi, in procinto di iniziare un'avventura che difficilmente scorderemo, se pure non sempre per le giuste motivazioni. Ciò che conta davvero è che, dopo una ventina di ore, possiamo dirvi con certezza che Below rappresenta un esperimento riuscito solo a metà.

Below, la recensione

Un gameplay meno artistico

Messe da parte le premesse narrative e l'impatto scenico, Below resta pur sempre un esponente di un genere recentemente abusato e difficile da innovare. Ciò che caratterizza spesso la concezione di rogue lite (diretto discendente del più famoso rogue like) è la sua capacità di innalzare il grado di sfida e mutare ad ogni partita, con la conseguenza di rendere la morte apparentemente permanente, seppur in grado di portarsi dietro una serie di elementi che ci rendano sempre più forte ad ogni nuovo tentativo. Il gioco di Capy Games non fa eccezione e, partendo esattamente da questo presupposto, ci mette ai comandi di un personaggio che sarà costretto ad immergersi nelle profondità della montagna, di stanza in stanza, cercando di raggiungere il punto più remoto ed inospitale. La progressione di Below viene quindi espressa in livelli di profondità, ognuno costituito da una serie di stanze generate proceduralmente ad ogni partita, con la particolarità di essere collegate ad intermezzo (tra un piano e l'altro) da zone invece avulse dal discorso della generazione casuale. Questa scelta, che porta in dote elementi positivi e negativi, è figlia di uno dei grande elementi di design di Below: le scorciatoie. Parliamoci chiaro, si tratta di un gioco di una difficoltà estrema, ben oltre quello che umanamente possiate aspettarvi, e questo elemento mal si sposerebbe con la necessità di dover ripetere decine di stanze "inutili" ai fini della progressione. Per questo, continuando a scendere ed esplorare, si ha la possibilità di abbassare un ponte o azionare un ascensore o ancora aprire un grande portone di pietra e così via, facendo in modo che i diversi livelli di profondità possano essere raggiunti più celermente. Questo elemento diventa fondamentale nel momento in cui si muore, e morirete tanto. Le prime stanze e i primi livelli non rendono l'idea della cattiveria di un titolo che fa delle trappole, il suo più grande compagno di sadismo. Per questo non saranno le piccole creature rosse, spesso deboli e mai troppo aggressive, a crearvi troppi problemi. Al contrario, lì dove spesso le trappole disseminate non sono altro che un aggiunta fastidiosa, qui diventeranno il vostro più grande incubo, considerata anche la loro capacità di uccidervi istantaneamente in taluni casi. Proseguendo nella discesa le zone si faranno sempre più buie e la quantità di avversità crescerà in maniera inversamente proporzionale alle risorse che potrete recuperare, rendendo il concetto di sopravvivenza, qualcosa di molto vicino a quello di frustrazione. Anche in termini puramente stilistici, ciò che inizialmente sembra essere slegato quasi del tutto dalla tecnologia, se non per alcuni piccoli elementi e marchingegni, proseguendo si rivelerà invece molto più della semplice gestione dell'illuminazione.

Below, la recensione

Non vogliamo rovinarvi alcune sorprese, ma sappiate che anche dal punto di vista scenico e del background dell'universo di Below, alcuni elementi continuano a ricordarci fortemente le opere del Team Ico. Come detto in precedenza, tutti questi elementi vanno a condensarsi e a trovare la loro quadratura nel momento della morte. A differenza di una grossa quantità di titoli simili, quest'ultima porterà alla completa scomparsa dell'avventuriero appena impersonato, e all'approdo di un nuovo aitante sulla riva dalla quale siamo partiti. Con il nuovo personaggio sarete in grado di utilizzare tutti le scorciatoie sbloccate dai precedenti malcapitati e, volendo, di sfruttare la vostra stessa generosità mostrata nella precedente run, teletrasportandovi al falò più vicino al quale vi trovavate. Questo concetto ci introduce all'altro elemento fondamentale di Below: la luce. Non appena approderete sull'isola, entrerete in possesso di una lanterna. Questa vi permetterà di accumulare una serie di sfere di luce, rilasciate in larga parte dalle creature morte nelle profondità, utile a rendervi la via più comprensibile, ma anche ad aprire passaggi altrimenti impossibili da attivare. Al momento della vostra morte il nuovo avventuriero non troverà la lanterna ad attenderlo sulla spiaggia, ma sarà costretto a ritrovare il corpo di chi lo ha preceduto, e recuperarla direttamente dalle sue spoglie (insieme eventualmente al resto dell'inventario). Si capisce bene come questa scelta risulti interessante e scellerata allo stesso tempo. Nonostante la forza dietro a questa idea, ci risulta quantomeno azzardato mettere il giocatore nella condizione di non poter avanzare, a meno di ritrovare il proprio vecchio corpo, soprattutto alla luce di una proceduralità delle stanze che non permette esattamente di renderle troppo riconoscibili. A questo va unendosi il fatto che l'utilizzo dei falò e la spesa di venticinque lumen per "potenziarli" e renderli dei punti di spawn, vivono di un singolo tentativo che, una volta utilizzato, li renderà nuovamente dei semplici fuochi da campo. In nostro aiuto viene un elemento onirico interessante, che permette di farci riposare e trovarci una stanza utile a rilasciare oggetti in un deposito condiviso, l'unica vera cassaforte del gioco, ma sempre impossibilitati a farlo con quell'oggettino interessante che è la lanterna, essendocene una sola nei dintorni della montagna. Questo elemento, unito ad un sistema di crafting simpatico ma poco riuscito e alla necessità di gestire anche la propria fame e sete, vanno a delineare un quadro tutt'altro che difficile da digerire. Proprio le necessità fisiologiche del protagonista, inizialmente facili da mantenere su buoni livelli, diventeranno un incubo scendendo, quando gli animali saranno sempre meno e morire di fame diventerà un ulteriore pericolo da non sottovalutare. A completare un quadro non certo idilliaco ci pensa un combat system davvero troppo semplice, senza nessun tipo di particolare guizzo, sporcato anche da un sistema di mira antiquato e che trova nella gestione dell'arco il suo elemento meno riuscito.

Below 3

Tecnicamente parlando

Below è una gioia per gli occhi, su questo non si discute. A prescindere dai propri gusti personali, lo stile che Capy Games è riuscita a mettere sul piatto, è qualcosa di straordinariamente riuscito. Le atmosfere cupe e i tratti che delineano le stanze e il nostro protagonista, risultano un piccolo gioiellino, difficile da replicare. Lo stesso si può dire per la cura maniacale deputata all'audio e per una gestione delle luci e degli effetti volumetrici, che strappano più di un sorriso durante le prime ore. Certamente il motore non risulta dei più leggeri e puliti, giostrandosi tra situazioni di estrema tranquillità nella gestione del frame rate, ad altre nelle quali crolla inesorabilmente su se stesso, infastidendo con una scattosità poco entusiasmante. Nulla che vada ad inficiare più di tanto sul gameplay, ma certamente difficile da digerire per un titolo di questa portata tecnica, caratterizzato anche da una visuale a volo d'uccello, tra le più lontane che la nostra memoria ci ha permesso di ricordare.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, Xbox Store
Prezzo 21,99 €
Multiplayer.it
7.0
Lettori (6)
5.9
Il tuo voto

Below è un titolo difficile, nella gestione e nella progressione. L'amore da parte di Capy Games nella realizzazione del gioco è palpabile, un po' meno la loro capacità di mettere bene a fuoco l'esperienza che si voleva offrire. Il grande impatto scenico del titolo potrebbe valere da solo il prezzo del biglietto, ma non si può nascondere una certa incapacità ad amalgamare l'esperienza. Il senso di frustrazione è alto, a volte quasi scoraggiante, e la poca intuitività del gioco ne fanno un rogue lite veramente per pochi, anche all'interno della nicchia degli appassionati del genere. Certamente un merito lo porta in dote: spiegare a tutti quelli che credono che Dark Souls sia difficile, cos'è davvero un titolo impegnativo. Ciò non toglie che c'è modo e modo di impreziosire un'esperienza con un elevato grado di sfida, e i titoli di From Software ci riescono molto, molto meglio. Per questo e per tutto le altre ragioni messe in gioco, non possiamo premiare Below con il voto che avremmo voluto, non tanto alla luce del tempo e delle aspettative, quanto per le scelte poco condivisibili effettuate in sede di design. Anche se il cuore vorrebbe regalargli un voto in più per quei cinque minuti, dobbiamo essere obiettivi e attenerci alla qualità di un titolo veramente troppo controverso per essere digerito da tutti.

PRO

  • Artisticamente elevatissimo
  • I primi cinque minuti potrebbero valere il prezzo
  • Ottimo level design...

CONTRO

  • ...rovinato da alcune infelici scelte di game design
  • Potrebbe annoiare molti nell'avanzamento
  • La difficoltà è artificiosamente troppo alta