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Chibi-Robo

Forse un robot non può provare emozioni, ma è in grado di suscitarne negli umani di cui si prende cura: il piccolo Chibi-Robo ci riesce senz’altro, e lo dimostra grazie a un titolo di rara freschezza

RECENSIONE di La Redazione   —   09/06/2006
Chibi-Robo

Un abito per tutte le stagioni

Non si vive solo di raccolte rifiuti, di gadget elettronici e di combattimenti contro ragni meccanici: una volta recuperati degli speciali costumi per mezzo di eventi e sottotrame speciali, il tenero Chibi-Robo può travestirsi e modificare così le modalità di interazione con il variegato cast che anima casa Sanderson. Una uniforme da Capitan Drago ci trasforma in ranger spaziali pronti per la ronda, un costume da rana funge da traduttore per il linguaggio dei batraci permettendo di comprendere le criptiche parole di Jenny, e via andando. Ogni travestimento possiede anche una mossa personale attivabile tramite il tasto Z al costo di una decina di punti della carica elettrica. È un vero spasso contemplare come cambino le reazioni nei confronti del robottino al cambiare del suo aspetto esteriore, e per certi versi questa caratteristica fa tornare alla mente gli accorgimenti ludici messi in atto con le maschere di Zelda: Ocarina of Time e Majora’s Mask.

Chibi-Robo

Dimensione casa

Dopo qualche minuto, la notte cede il passo alla luce del sole, e le attività casalinghe riprendono più ferventi che mai, cambiando completamente gli assetti di potere. In soggiorno la piccola Jenny è sdraiata sul tappeto e disegna con i pastelli, mentre il padre non fa altro che guardare il telegiornale seduto in poltrona. Si possono continuare le faccende iniziate la notte, oppure dialogare con gli umani per ottenere altri punti felicità: tutto sta alla scelta del giocatore e per quanto esistano, ovviamente, degli eventi predeterminati, da noi dipende quali attivare e quando, e soprattutto quali richieste soddisfare in quale momento. È una struttura di gioco estremamente libera e quasi, se non proprio, open ended, per la quale si può continuare ripetendo le stesse operazioni anche per giorni oppure mandare avanti la trama e giungere alla fine del gioco in men che non si dica. Più facile a dirsi che a farsi, comunque, perché accumulare Punti Cuore e Moolah è fondamentale per raggiungere determinate zone della casa tramite gli upgrade tecnologici e il ritrovamento e l’installazione di determinati utensili che si acquistano al negozio online della Chibi-Casa e che migliorano le capacità di Chibi. Un po’ come in Zelda o in Metroid, ogni volta che si ottiene un nuovo strumento si guadagna conseguentemente l’accesso a una o più nuove aree, a un nuovo tassello di casa in cui si trova sempre qualcosa da fare oppure si rinviene quel determinato oggetto che ci permetterà di accontentare mamma Sanderson, Jenny oppure uno degli innumerevoli giocattoli di famiglia, che si scoprono dotati di vita propria quando lo sguardo degli umani non è posato su di loro. Proprio come in un Toy Story nipponico, si ha a che fare con supereroi galattici in odore di Gatchman che però ricordano inequivocabilmente anche un certo Buzz Lightyear, oppure con mummie dotate di sarcofago che cercano disperatamente di fare paura ma poi dimostrano di avere un cuore d’oro. In ogni angolo c’è qualcosa di talmente interessante da valere senza alcun dubbio la pena di ingegnarsi per raggiungerlo, e ogni più piccolo indizio seminato lungo i corridoi dà dei frutti che, una volta ammirati, fanno capire che nulla è stato vano. E poi ci sono i combattimenti, per fortuna radi e molto facili (anche perché non particolarmente ben realizzati), che con poca fatica consentono di raccogliere ferraglia che verrà poi riciclata per diventare utile a Chibi. Si procede così di giorno in giorno, e il fatto che spesso e volentieri una mezza giornata, malgrado la possibilità di procurarsi dei prolungamenti temporali, non sia assolutamente sufficiente a terminare tutto il programma che ci si è prefissati, spinge spesso a continuare a oltranza aumentando sempre più la visione periferica che della famiglia Sanderson Chibi si costruisce passo dopo passo. Ed è una visione, come dicevamo poco sopra, niente affatto idilliaca.

Chibi-Robo
Chibi-Robo
Chibi-Robo

I colori della malinconia

Basta un minimo di osservazione per comprendere che madre, padre e figlia, senza contare ovviamente giocattoli e animali, versano in una situazione di disagio, quando non proprio di crisi e di aperta tempesta. Papà Sanderson dorme sul divano del soggiorno, la piccola Jenny si esprime con un linguaggio incomprensibile, mamma Sanderson borbotta e si innervosisce per un nonnulla e il tavolo della cucina è pieno di conti in rosso: dialogando con la famiglia si scopre mano a mano di essere sospesi in un limbo pesante e doloroso, e che i problemi sono destinati ad aggravarsi col passare del tempo. A Chibi tocca dunque, oltre all’adempimento delle faccende domestiche, anche l’ingrato (?) compito di confidente. Un minimo di sensibilità vale all’interlocutore un sollievo anche solo momentaneo, e a noi un certo ammontare di punti felicità: Chibi-Robo riesce ad affrontare tematiche difficili e quasi mai toccate in un videogioco, come le crisi familiari, con un sorriso amaro sulle labbra e un’insospettabile delicatezza, senza cadere nei luoghi comuni e senza limitarsi a impartire facili giudizi morali. L’elevazione a portatore di un messaggio, oltre che di divertimento, nobilita l’intero titolo, ponendolo una spanna sopra alla gran parte dell’attuale trend videoludico, ma potrebbe portare chi con i videogiochi vuole solo divertirsi a snobbare le imprese del minirobot. Ed è un male, perché di divertimento e di soddisfazione ve ne sono a palate: per una volta, anche l’aspetto tecnico non si limita ad abbellire, ma gioca un ruolo fondamentale nell’impianto ludico. Accanto a colori ben accostati fra loro, al servizio di costruzioni poligonali spartane ma perfettamente funzionali allo stile che vogliono esprimere, fa bella mostra di sé una delle colonne sonore più sorprendenti degli ultimi anni. Le melodie avvolgenti, ora blues ora technopop, sono perfettamente completate dai suoni che Chibi provoca camminando sulle varie superfici oppure spazzolando e ripulendo: ogni singolo gesto produce una diversa suggestione sonora ed è un vero piacere scoprirle una dopo l’altra, passando da un disinvolto assolo di chitarra a delicati accenni di armonie flautate degne di un lungometraggio Disney d’annata. Tutto, in Chibi-Robo, è studiato non solo per dare intrattenimento, ma anche per far riflettere e per spiegare al giocatore che niente è mai come sembra: e lodare la sua profondità e il suo manifesto d’intenti, noi crediamo, è il miglior complimento che gli si possa tributare.

Chibi-Robo
Chibi-Robo
Chibi-Robo

Rimettere in ordine una casa per donare un po’ di felicità ai suoi abitanti e risolverne i problemi è un concept che non risponde senz’altro agli standard settati dall’industria di questi tempi. Aggiungiamo che il gioco, già di nicchia all’origine, viene pubblicato ora su una console che si può considerare ormai morta, e il rischio, più che concreto, è che in pochi si accorgano del suo valore. Dovrebbe essere già chiaro, tuttavia, che Chibi-Robo è un titolo consigliato, anche se non per tutti, e che se preso per il verso giusto può dispensare quantità industriali di divertimento, inducendo il giocatore a non staccarsi dal GameCube per ore. La struttura, sapientemente progettata per spingere a scoprire sempre un nuovo angolo della dimora dei Sanderson, è di un magnetismo unico. Gli obbiettivi ci sono, la trama anche: abbiamo di fronte un gioco in tutto e per tutto, per quanto il suo genere possa essere di difficile definizione. Dunque si abbandonino tutti i pregiudizi e ci si prepari ad un’esperienza unica e indimenticabile, che contribuirà a spegnere la vita di questa console nel modo che merita: tranquillo eppure glorioso.

Pro

  • Meccaniche di gioco estremamente stimolanti e ben congegnate
  • Ottimo sistema di controllo
  • Deambulazione libera e svolgimento non lineare
Contro
  • Grafica, per certi versi, non all’altezza del resto del gioco
  • I combattimenti sono superflui e presentati mediocremente
  • Andare avanti perseguendo sempre lo stesso obbiettivo potrebbe stancare

È un vero peccato che Chibi-Robo esca in Europa al termine del ciclo vitale del GameCube, una macchina per certi versi bistrattata e sottovalutata dalla stessa società che le ha dato la luce ma capace di donare al pubblico autentiche gemme, come il gioco che ci troviamo a recensire in questa sede. Dunque, il nostro compito sarà spiegare perché questo è un acquisto, se non da fare a occhi chiusi, quantomeno da considerare più che seriamente, dal momento che ci troviamo tra le mani uno dei più bei giochi d’avventura degli ultimi tempi e sicuramente uno dei titoli migliori che abbiano graziato la console. Ma prima la domanda fondamentale: cos’è Chibi-Robo? Semplificando al massimo, potremmo definirlo un action-adventure ambientato tra le mura domestiche e avente per protagonista un piccolo robot chiamato appunto Chibi-Robo, incaricato di adempiere alle faccende domestiche che gli frutteranno un certo numero di punti felicità e lo avvicineranno sempre più allo stato di Super Chibi-Robo. Ma in questo modo non renderemmo affatto giustizia a un titolo che vive delle sue sfumature, dei suoi contrasti e della sua atmosfera solo apparentemente gioiosa e spensierata. Già nel filmato d’apertura si percepisce qualcosa che dovrebbe mettere sull’attenti. Chibi arriva nella casa della famiglia Sanderson in occasione dell’ottavo compleanno della piccola Jenny, come regalo acquistato dal padre a un prezzo esorbitante, e subito scatena il disappunto (per non dire la rabbia) di mamma Sanderson, mentre la bambina, perennemente travestita da rana, si limita ad emettere qualche verso gracidante. È solo la punta dell’iceberg, ma il primo compito del volenteroso Chibi e della sua spalla Telly Vision sarà iniziare a mettere in ordine il soggiorno. Dunque, mentre tutti dormono, Chibi viene messo di fronte ai suoi primi dilemmi: trovandoci nei panni di un robottino alto non più di una ventina di centimetri, raggiungere la superficie di un tavolo, di un divano o di un comò non è esattamente la cosa più semplice del mondo, e ciò rende gran parte della sezione adventure del titolo un continuo uso delle risorse a propria disposizione per raggiungere luoghi che di primo acchito potrebbero sembrare totalmente fuori dalla nostra portata. La prima cosa da fare è raccogliere abbastanza Punti Cuore da guadagnarsi quantomeno una espansione per la batteria: la deambulazione di Chibi è infatti subordinata alla durata della sua batteria interna, che può essere ricaricata semplicemente raccogliendo la spina (che Chibi porta sempre dietro come fosse una coda) e inserendola in una delle tante prese di corrente sparse in giro. Raccogliendo cartacce, lattine vuote e briciole e poi gettandole nel cestino si ottengono i primi punti e le prime ricompense in moneta sonante. Iniziamo subito col dire che, malgrado le premesse possano farlo credere, la partenza è tutt’altro che lenta: immediatamente si scorgono degli obbiettivi da portare a termine e degli strumenti da raccogliere per iniziare le pulizie di casa, senza contare che già nel primo scenario si trovano almeno due interlocutori abbastanza interessanti: tanto di cappello a Skip. E questa, ancora una volta, non è che la punta di un iceberg.