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Conflict: Desert Storm II

A distanza di un anno dal proprio ben poco illustre predecessore, Conflict: Desert Storm II tenta la scalata verso la vetta del genere degli sparatutto tattici a squadra. Sarà la volta buona? Scopritelo nella nostra recensione

RECENSIONE di La Redazione   —   06/10/2003
Conflict: Desert Storm II
Conflict: Desert Storm II

Il nemico alle porte

Conflict: Desert Storm II si presenta come uno sparatutto in terza persona nel quale il giocatore è chiamato a gestire una squadra speciale di quattro elementi, ognuno caratterizzato da peculiari abilità e diversa dotazione di armi ed equipaggiamento. Il primo approccio con il piccolo manipolo di soldati protagonisti del gioco si verifica in occasione della modalità di addestramento, liberamente selezionabile dal menu. Qui, in pieno stile boot camp americano, il classico sergente urlante spiega all’utente le funzioni base del sistema di controllo (invero non molto preciso ed accurato) e alcune elementari tecniche di sopravvivenza all’interno di uno scenario bellico. Purtroppo, nonostante gli energici consigli del sergente di cui sopra, la modalità di addestramento non si rivela particolarmente indicata a preparare a dovere il giocatore (in special modo quello che non ha avuto modo di provare il prequel, o peggio, è alla sua prima esperienza con un titolo del genere) ad affrontare l’azione vera e propria sul campo di battaglia, aprendo la strada ad una possibile iniziale frustrazione causata da una troppo superficiale conoscenza delle meccaniche di gioco. Libretto d’istruzioni e pazienza alla mano, comunque, anche il più inesperto degli utenti non dovrebbe incontrare grandissimi problemi ad entrare nell’ottica ludica di Conflict: Desert Storm II. Che, per inciso, è un tactical-based squad shooter non particolarmente realistico, e anzi piuttosto propenso a sfociare in una direzione più marcatamente arcade. Il giocatore può prendere il controllo in qualsiasi momento di ognuno dei quattro membri della squadra, mentre i rimanenti tre si affidano a delle discrete routine di AI e seguono alla lettera gli ordini impartiti dal soldato comandato dall’utente (aprire/cessare il fuoco, seguire il leader, mantenere la posizione e raggiungere una determinata destinazione).

Conflict: Desert Storm II
Conflict: Desert Storm II

Quattro è meglio di uno

Le diverse missioni che compongono la modalità Campagna sono caratterizzate da una massiccia presenza di forze nemiche, elemento questo che disincentiva un approccio troppo aggressivo: insomma, le azioni solitarie a la Rambo sono destinate inevitabilmente a finire col game over. Invece, è necessario sfruttare a dovere le potenzialità dei membri della propria squadra, facendo anche uso dei diversi elementi d’equipaggiamento disponibili (numericamente aumentati rispetto al prequel). Tanto per fare un esempio, una strategia utile per sbarazzarsi di un tank nemico può essere quella di coprire l’avanzata di un proprio uomo con delle granate fumogene, permettendogli di posizionarsi dietro al mezzo corazzato e lanciare un razzo all’indirizzo del suo punto debole. Uno degli aspetti maggiormente positivi di Conflict: Desert Storm II è proprio la flessibilità dello schema di gioco, che permette all’utente di agire nella maniera che ritiene più opportuna, adottando le tattiche più diverse. Purtroppo non sempre i propri piani, per quanto meticolosamente pianificati, riescono ad avere successo, spesso a causa di falle nell’AI dei propri compagni di squadra: non è raro vedere un nostro uomo a cui è stato affidato il compito di mantenere la posizione soccombere sotto il fuoco nemico senza che questi alzi nemmeno un dito. E la cosa si fa ancor più seccante sapendo che la morte anche di un solo soldato porta al fallimento della missione, costringendo il giocatore a ripetere notevoli spezzoni di missione, dato il non sempre ottimale posizionamento dei checkpoint. Ma nonostante queste lacune, per quanto rilevanti, Conflict: Desert Storm II rimane comunque un titolo godibile, reso anche piacevole alla vista da una cosmesi discreta. Ad esclusione di alcune animazioni piuttosto legnose, delle texture non troppo definite e un frame rate non propriamente stellare, il comparto grafico del titolo Pivotal svolge egregiamente il proprio dovere, reggendo più che dignitosamente anche lo split screen della divertente modalità co-operative.

Conflict: Desert Storm II
Conflict: Desert Storm II

Commento

Conflict: Desert Storm II è un titolo sicuramente migliore del mediocre prequel, ma che tuttavia non riesce a raggiungere livelli qualitativi particolarmente elevati a causa di una serie di lacune a livello di struttura di gioco e di realizzazione tecnica. Il sistema di controllo non è sempre preciso, le routine di AI dei propri compagni di squadra e dei nemici non sono particolarmente brillanti e il gioco può rivelarsi a tratti eccessivamente frustrante a causa di discutibili scelte tecniche. Frame rate non sempre costante e una cosmesi caratterizzata da notevoli alti e bassi sono invece le pecche di un comparto grafico tutto sommato comunque discreto. Ciò detto, Conflict: Desert Storm II rimane nonostante tutto un prodotto piacevole, i cui punti di forza sono principalmente costituiti da un buon level design, uno schema di gioco flessibile e la presenza di una divertente modalità co-operative. Un titolo dunque consigliabile agli amanti del genere, un po’ meno a tutti gli altri.

    Pro:
  • Buon level design
  • Equilibrato mix tra strategia e azione
  • Divertente modalità co-operative
    Contro:
  • AI non sempre all’altezza
  • Sistema di controllo non molto preciso
  • Può essere frustrante

Quando si dice legarsela al dito. Non contenti di aver riportato la guerra del Golfo sugli schermi con il mediocre Conflict: Desert Storm, gli sviluppatori inglesi di Pivotal Games tornano sul luogo del misfatto con un sequel omonimo. Ancora Iraq, ancora Saddam Hussein, ancora guerra del Golfo, ancora un tactical-based squad shooter. Ma infinitamente migliore del precedente, a sentire le dichiarazioni non propriamente disinteressate dei coders del gioco. Vediamo ora se, in mezzo a queste classiche “sparate” c’è anche un fondo di verità…