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Evil Dead - Hail to the King

Evil Dead: Hail To The King altro non è infatti che un'adattamento di quel famosissimo ed amatissimo Action/Adventure che risponde al nome di Resident Evil in cui il protagonista è Ash, con i suoi modi di fare da perfetto sbruffone e la tendenza a cacciarsi nei guai: a fargli compagnia, naturalmente, i paurosi demoni evocati dalla lettura del Necromonicon, la fidanzata e l'inseparabile mano indemoniata.

RECENSIONE di La Redazione   —   06/05/2001

Il primo approccio

Conversione più o meno diretta del titolo già approdato sulle console Sony e Sega, questo Evil Dead arriva sui nostri monitor con una caratteristica che è oggigiorno considerata più come un'offesa vera e propria verso i pcisti che come un difetto del gioco stesso: la risoluzione del titolo, è, infatti, di 640X480, e in nessun modo è possibile aumentarla. Tralasciando ogni discorso a riguardo (soprattutto quelli che potrebbero farlo bollare come "conversione senza sforzo" che ai tempi era stato il marchio di fabbrica di alcuni titoli importanti, quali anche Final Fantasy 7), va detto che qui a Multiplayer.it non ci siamo mai fatti abbindolare dalla grafica di un titolo, perché ad essa abbiamo sempre preferito altri fattori ed in particolare la giocabilità. E nemmeno in questo caso ci lasceremo ingannare dall'aspetto generale del gioco, che, nonostante le premesse non proprio felici, sa svolgere più che egregiamente il proprio lavoro. Anzi.
Infatti il primo impatto con il gioco è piuttosto positivo, in quanto l'utilizzo di due FMV (più che discretamente realizzati) cattura immediatamente l'attenzione del giocatore ed in pochi istanti gli permette di essere nuovamente trasportato a fianco del protagonista in una delle ambientazioni horror più riuscite degli ultimi decenni.
Purtroppo le prime vere note dolenti si incontrano già dai primi minuti di gioco, quando ci si accorge che non solo la risoluzione adottata per la costruzione del personaggio principale è inadeguata rispetto agli standard odierni, ma i suoi stessi movimenti sembrano appartenere più ad un manichino che ad un eroe: per quanto sfortunato, pur sempre un eroe.
Tuttavia non si può negare come i diversi background che faranno da sfondo al gioco nelle sue molte locazioni, siano stati realizzati bene e ricalchino piuttosto fedelmente i posti che abbiamo potuto vedere nei film: va però detto come gli stessi a volte, forse per la mancanza di qualsiasi voglia artificio grafico delle scheda acceleratrice (la cui presenza è necessaria se si vuole giocare il titolo), sembrino piuttosto distaccati dai personaggi, in un effetto piuttosto comune ai primi action/adventure di questo genere degli anni scorsi.
Nonostante quindi un primo approccio piuttosto critico, per la realizzazione tecnica mediocre, il titolo potrebbe scorrere felicemente, se non fosse per il concept stesso di gioco, tanto carente quanto approssimativo.
Tutto questo lo si intuisce già dai primi minuti di gioco: se è vero che fin dal primo episodio di Resident Evil l'attenzione del giocatore era puntata più sull'atmosfera che la presenza degli zombie riusciva a creare, in questo caso sembra che i programmatori abbiano voluto puntare tutto sull'azione vera e propria. Se non avete ancora intuito di cosa stia parlando, lasciatemi pronunciare una sola parola: respawning.
Già, respawning. 
Per chi ignorasse il significato di questo termine, esso indica la possibilità dei nemici di ricrearsi dal nulla dopo essere morti. Chiudete gli occhi e immaginate la tipica scena che vi troverete di fronte in Evil Dead: entrate in una locazione, venite assaliti e dopo aver combattuto, il vostro nemico muore e generalmente lascia cadere in terra un item che può tornarvi utile (salute o munizioni): bene, adesso contate fino a cinque, ed il mostro riapparirà dal nulla. 

Non intendo fermarmi più di tanto a discutere di come una scelta del genere possa influire sul mio giudizio (vi lascio solo intuire il mio pensiero raccontandovi di come abbia aspettato a giocare System Shock2 solo quando avevo avuto la possibilità di disattivare il respawning), anche perché spesso questo, che in realtà è generalmente un trucco dei programmatori per aumentare la longevità di un titolo che si è dimostrato troppo corto, può essere un elemento positivo, solitamente quando il combattimento in sé è divertente. Ed eccoci al punto focale della recensione: la giocabilità. Sono divertenti gli scontri con i demoni? 
No. No, perché quello che era l'unico elemento innovativo proposto dai programmatori, cioè la possibilità di utilizzare due armi contemporaneamente (in realtà la motosega che sostituisce la mano indemoniata ed un arma vera e propria) , altri non è che un falso, perché sempre Ash o utilizza una o l'altra. Ma soprattutto perché gli scontri si risolvono quasi sempre in un click fest degno di Diablo. Cercherò di spiegarmi meglio.

Click, clik, clik: prego sorrida

Resident Evil ci ha insegnato una cosa molto importante: è inutile cercare di uccidere chi è già morto, si finirebbe per sprecare le munizioni senza nessun risultato utile. Questa lezione, chissà perché, in Evil Dead è stata dimenticata. Se l'alternativa nel titolo Capcomiano era quella o di non farsi vedere, o di fuggire davanti agli zombie, qui non è letteralmente possibile. Infatti appena arrivati in una qualunque locazione del gioco (a dire la verità solo nel 90% delle locazioni...), il protagonista viene attaccato da uno o più demoni spuntati improvvisamente dal terreno: cosa fare, quindi? Cercare di evitarli, tanto sono già morti, e cercare di prendere velocemente gli items presenti nello sfondo (travi, munizioni, funghi energetici, elementi importanti per la storia)? Si, ecco l'unica soluzione, la più intelligente! Sbagliato! Infatti i demoni non solo sono più veloci del nostro Ash, ma più potenti: ecco quindi il clickfest di cui sopra. Appena avvistato un nemico conviene andargli contro e cominciare a pestare come dei dannati sui tasti della tastiera (ah, non vi ho detto che non esiste il supporto per il Joypad ?) fino a quando (ci saremo resi conto che i programmatori hanno voluto così rendere onore a Track And Field...) il mostro scomparirà: in quel momento potremo recuperare quello che cercavamo... ma solo per pochi secondi, perché quasi immediatamente un altro demone spuntato dal nulla si scaglierà contro di noi. Non è possibile neanche utilizzare una qualsiasivoglia tipo di tattica negli scontri, poiché le munizioni presenti sono davvero troppo poche, ma l'unica nostra chance è quella di colpire ripetutamente il nemico con l'accetta e con la sega elettrica (che potremo accendere utilizzando dei bidoni di benzina, ed accesa farà più danno) curando le nostre ferite (per fare questo dovremo però accedere ogni volta all'inventario con la pressione di un tasto particolare... ad aggiungere il danno alla beffa il fatto che ogni volta che torneremo al gioco dall'inventario il personaggio sarà per qualche secondo come "imbambolato" e non risponderà ai nostri comandi, permettendo ai nemici di avere la meglio su di noi molto facilmente) appena possibile.
Cosa fare, quindi, per cercare di sfuggire alla furia dei nostri carnefici? Semplice, cambiare schermo. Basta infatti sfruttare la seconda lezione dimenticata dai programmatori (Dino Crisis Docet) e semplicemente " uscire " dalla locazione fissa per lasciarsi alle spalle il demone, che non ha nemmeno per la testa di seguirci.
La cosa più strana è che nella seconda parte del gioco, quella cioè ambientata nell'universo simil-Asia, il respawning sembra scomparire, e solo allora si ha più tempo da dedicare all'esplorazione del mondo, che, a dire la verità, è comunque piuttosto limitata...
Il vero problema di uno schema di questo tipo, è che anche il più debole dei demoni che attaccano Ash necessita di almeno una ventina di colpi per essere abbattuto, rendendo piuttosto frustrante gli scontri, che già per la loro costante ripetività tendono ad annoiare il giocatore.
Si, Ash ha la possibilità di utilizzare anche una pistola, un fucile a canne mozze, ed un fucile a ripetizione, ma ben presto il giocatore capirà di dover tenere le munizioni per i Boss che incontrerà piuttosto frequentemente nel corso dell'avventura.
Infatti più o meno ogni dieci minuti di gioco, ogni qual volta che Ash avrà la possibilità di recuperare un oggetto importante per il prosieguo del gioco (nella prima parte si tratta delle cinque pagine del Necronomicon e di qualche elemento minore), dovrà affrontare uno dei tanti Boss presenti nel gioco, che gli procureranno ben più di un grattacapo. Generalmente questi personaggi avranno ognuno un punto debole che sarà necessario scoprire per venire a capo dello scontro, e questo forse è uno dei pochi punti davvero ben riusciti del gioco, anche se ci riporta indietro di qualche anno quando inserivamo dei gettoni in un coin op. E forse, credetemi, questi sono gli unici momenti in cui vi divertirete...
Nella seconda parte del gioco le cose tendono a migliorare anche per quanto riguarda la disponibilità delle armi, poiché sparsi per i livelli sarà possibile trovare dei kit per modificare le proprie armi (Parasite Eve docet) : il fucile a canne mozze sarà in grado di sparare chiodi e questo aumenterà il suo potenziale di danno, il fucile a ripetizione potrà montare un mirino, ed anche la pistola aumenterà di potenza.

Adventure?

Non è difficile immaginare come con un'impostazione del genere la parte Adventure del titolo passi assolutamente in secondo piano, perché non si ha neanche il tempo di esplorare con calma le locazioni in cerca di indizi o di elementi utili per il prosieguo della storia.
  Per quanto riguarda la parte puramente adventure del titolo, non si può certo dire che sia paragonabile ai titoli capolavori del genere, ma neanche, purtroppo, allo stesso Resident Evil. Infatti gli enigmi presenti nel gioco non sono mai particolarmente difficili e complessi, anche perché gli elementi utili alla risoluzione degli stessi si trovano più o meno nello spazio di due tre locazioni vicine. Basti pensare che l'enigma più complesso di tutto il gioco è poco dopo la metà dello stesso, quando per aprire la porta di una chiesa sconsacrata è necessario posizionare tre oggetti secondo un ordine ben preciso: i tre oggetti, indovina indovina, si trovano esattamente davanti alla chiesa...
Tra l'altro la reperibilità degli oggetti utili all'avventura è assolutamente facilitata dal fatto che gli stessi vengono rappresentati con una piccola luce che si staglia sul fondo della locazione: è davvero impossibile mancarli.
Assolutamente divertente il momento in cui Ash si trova invece di fronte ad un enigma che lo costringe a pensare facendo dei calcoli: in quel momento parte un filmato che ci mostra lo stesso protagonista prendere in mano il proprio fucile ed utilizzarlo contro il marchingegno, spaccandolo in due ed attivando il portone chiuso dallo stesso... forse l'unico momento davvero azzeccato del gioco.
Una volta raccolto qualunque oggetto, lo si posiziona nell'inventario, che funziona davvero come in RE: è di piccole dimensione, in esso possono essere raccolti elementi che potranno essere mescolati tra di loro per generare un nuovo oggetto (peccato che succeda solo una volta, e solamente verso la fine del gioco) grazie all'utilizzo di un converter che vi servirà molto più spesso per trasformare i funghi in barattoli energetici. Ogni tanto, generalmente nei punti che precedono l'incontro con un Boss piuttosto agguerrito, è possibile trovare delle casse che ci permetteranno (mi sembra di averlo già sentito...) di depositare il contenuto dell'inventario nelle stesse e soprattutto ci lasceranno salvare il gioco. Già, salvare. Perché i programmatori hanno deciso di non rivoluzionare il metodo di controllo adottato sulle incarnazioni del gioco su console, ed hanno deciso di tenere questi Save Point che sommati al continuo respawning dei nemici, hanno il potere di fare perdere la pazienza anche ai giocatori più determinati...
Per quanto riguarda il mondo di gioco, va sottolineato come questi sia piuttosto limitato: più volte inoltre, sarà necessario tornare nelle stesse locazioni per compiere un'azione che la volta precedente (generalmente perché ci mancava un oggetto vitale) non eravamo stati in grado di fare. Ad aiutarci la presenza di una mappa, richiamabile in qualunque momento, che ci mostra la locazione del protagonista, e che dimostra, piuttosto impietosamente, l'infelice scelta dei programmatori di racchiudere tutta la storia in quattro locazioni principali.
Per quanto riguarda invece l'evoluzione della storia, Ash si troverà di volta in volta a compiere e realizzare delle piccole quest (trova quella leva mancante, cerca una sfera che permette di completare una statua), e solo una volta incappa, quasi per caso, in una quest interessante, quando una povera vegliarda lo incarica di recuperare un piccolo pezzo di un gioiello... (lungi da me svelarmi il resto della storia, che rivelerà qualche piccola sorpresa), per il resto sa tutto di già visto e giocato.
Un ultimo, dolorosissimo appunto, va fatto alla longevità del gioco: quando ho terminato l'avventura e sono andato a controllare quanto tempo effettivo avevo passato chinato sul monitor nei tre giorni di gioco, i miei occhi hanno letto una cifra davvero un po' troppo corta: 3 ore e 13 minuti.
E' davvero inutile cercare di nasconderlo: il gioco, se non fosse stato per i continui scontri con i demoni, per l'impossibilità di salvare e soprattutto per la presenza di enigmi davvero banali, probabilmente sarebbe durato meno di una giornata di gioco.
E' vero: anche Resident Evil e famiglia (soprattutto Dino Crisis) non sono certo campioni di longevità, ma l'atmosfera ed il divertimento di cinque minuti di quei titoli, non sono ritrovabili nemmeno cinque ore di Evil Dead.

Conclusioni finali

Come è facile intuire dalle ricche premesse, il titolo era uno dei giochi action/adventure più attesi della stagione, insieme al futuro Alone in The Dark 4, ma purtroppo alla resa dei conti il risultato finale è ben al di sotto di ogni nostra speranza.
Nonostante infatti il ricco background e il carismatico personaggio a disposizione, sembra che alla THQ abbiano semplicemente preso il concept di gioco del primo Resident Evil, e lo abbiano pari pari trasportato nell'universo di Raimi.
Dove tutti gli elementi che avevano contribuito a rendere unico RE siano finiti, forse rimane il mistero più grande dell'intero gioco.
Quello che ci troviamo in mano alla fine della fiera è un titolo poco pretenzioso, capace solamente di divertire in pochi e rari momenti (gli scontri con i boss), intercalati da un'azione piuttosto ripetitiva e la maggior parte delle volte snervante (ne sa qualcosa la mia morosa quando mi ha ucciso l'ennesimo respawn dopo mezz'ora di gioco... senza che naturalmente mi sia stata data la possibilità di salvare...).  Se la parte action del titolo non solo fa acqua da quasi tutte la parti, ma per la totale mancanza di qualsiasi approccio tattico perde a mani basse il paragone con i datati titoli di Resident Evil, la parte Adventure resta a galla per il rotto della cuffia.
Cosa salvare, in fin dei conti?
Il racconto in FMV, che nei suoi lunghi dialoghi e nelle sue azioni così Gore ci reinfonde la voglia di rivedere la trilogia...
Il personaggio, così irriverentemente simpatico anche quando lotta contro le forze del male, apostrofandole con alcune espressioni davvero simpatiche ("get a life...").
Ma è davvero troppo poco, per un titolo dalle potenzialità così esaltanti. Provaci ancora, Ash.

Introduzione

Non è raro nella cinematografia hollywoodiana trovare casi come quello di Ash.
Quando un film, particolarmente riuscito (o paradossalmente anche nel caso contrario, cioè quando il film è stato un insuccesso totale), lancia un personaggio capace di uscire dalle righe, spesso i produttori cinematografici si aggrappano al personaggio stesso per proporre un seguito del film originale: il caso più recente è stato quello, come senz'altro ricorderete, di Hannibal, dove il poco vegetariano dottore assurge al ruolo di protagonista assoluto, fin dal titolo stesso, della pellicola.
Quando Sam Raimi diresse nel lontano 1981 "La Casa", mai avrebbe pensato di creare un vero e proprio film cult, nei cui seguiti (soprattutto nel terzo episodio) il protagonista principale, quell'Ash tanto sbruffone quanto sfortunato, diventerà il fulcro vero e proprio della storia.
Non è strano quindi vedere come, in questo sempre più povero di idee mercato videoludico, qualcuno si sia ispirato ad Ash, riproponendolo in un gioco il cui concept ricalca palesemente quello della fortunata serie di Resident Evil.
Evil Dead: Hail To The King altro non è infatti che un'adattamento (quanto riuscito cercheremo di capirlo nel corso dell'articolo) di quel famosissimo ed amatissimo Action/Adventure che risponde al nome di Resident Evil in cui il protagonista è Ash, con i suoi modi di fare da perfetto sbruffone e la tendenza a cacciarsi nei guai: a fargli compagnia, naturalmente, i paurosi demoni evocati dalla lettura del Necromonicon, la fidanzata e l'inseparabile mano indemoniata.
La storia del gioco inizia esattamente laddove finiva quella del terzo film della serie: l'equilibrio tra i due universi è stato ristabilito, ed Ash non solo lavora nel solito magazzino, ma è ha anche raggiunto il successo professionale (è stato nominato come venditore dell'Anno) e personale (è felicemente fidanzato con una bellissima ragazza bionda). Ma a un certo punto qualcosa sembra non funzionare: le sue notti sono tormentate da degli incubi terribili in cui i demoni di sua conoscenza tornano a trovarlo, quasi si trattasse di un messaggio premonitore in grado di comunicare qualcosa...
Presa la decisione di tornare a visitare quella vecchia baracca da cui tutto ha avuto origine, Ash prende la macchina e con la fidanzata si reca sul posto: raccolto qualche indizio che sembra indicare una nuova violazione del Necronomicon, la situazione precipita quando l'alterego demoniaco del protagonista (di cui avevamo fatto conoscenza nel secondo episodio della serie) spunta fuori da uno specchio e rapisce la ragazza del protagonista.
Inutile sottolineare che, dietro a quello che è uno dei più abusati spunti videoludici di tutti i tempi, si nasconde la storia del gioco che ci condurrà dai boschi posseduti conosciuti nel primo episodio e nel mondo fantasy orientaleggiante che aveva fatto da sfondo del terzo episodio.