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Gregory Horror Show

Recensione: Cosa può succedere se Capcom realizza un videogioco tratto da una delle serie a cartoni animati giapponesi più folli degli ultimi anni? Provate a scoprirlo nella nostra recensione...

RECENSIONE di La Redazione   —   12/02/2004
Gregory Horror Show
Gregory Horror Show

Lo spettacolo d’orrore di Gregorio

Ed è proprio questo il caso di Gregory Horror Show, un titolo che sicuramente saprà destare l’attenzione di tutti i videogiocatori stanchi ed annoiati, alla disperata ricerca di qualcosa di nuovo o che almeno sembri tale. La produzione Capcom si basa su una popolare (in patria) omonima serie giapponese a cartoni animati; non vanno quindi attribuiti direttamente alla software house nipponica i meriti per l’aspetto più atipico del titolo in questione, ovverosia lo stile artistico. I grafici sono però riusciti nel tutt’altro che semplice compito di trasferire i contenuti in maniera ottimale all’interno di questo videogioco, con un risultato semplicemente irresistibile. Tutto si svolge all’interno dell’albergo di Gregory, nel quale il protagonista è rinchiuso senza possibilità di fuga; l’unico modo per abbandonare il tetro maniero è sottrarre tutte le anime degli altri ospiti presenti, per poi offrirle direttamente alla Morte durante il sonno. Se tutto ciò può sembrare folle e bizzarro, il motivo è che Gregory Horror Show è esattamente questo: folle e bizzarro, dalla testa ai piedi. Già la descrizione dello stesso “padrone di casa”, un topo antropomorfo decisamente strabico e con un poco adatto ciuffo biondo, dovrebbe essere sufficiente nel dare un’idea di cosa il titolo Capcom ha da offrire. Ma potremmo continuare con Neko Zombie, un gatto non-morto, oppure con Catherine, una lucertola femmina rosa a pois viola, infermiera dell’albergo maniaca ed armata di enorme siringa. O ancora Judgment Boy, un accrocchio volante spara-sentenze, o con Mummy Papa e Mummy Dog, padre e figlio dalle sembianze cagnesche ma mummificati, e con un’ascia e un’alabarda conficcata in testa… e via dicendo. La follia dei contenuti si accompagna a braccetto con lo stile grafico, volutamente stilizzato e minimalista (ma non povero di dettagli) nelle ambientazioni, e straordinario nella caratterizzazione dei personaggi, con corpi squadrati, gambe cortissime ed enormi teste cubiche. Eccezionale la componente emotiva dei protagonisti, con espressioni del viso irresistibili e atteggiamenti in grado di dar loro una vera personalità distintiva. Il che, ne converrete, non è poco.

Gregory Horror Show
Gregory Horror Show

Resident Gregory

La meccanica di gioco adottata dai programmatori, pur senza stupire, si rivela perfettamente adatta allo stile e all’ambientazione proposta. Fondamentalmente, Gregory Horror Show è un adventure molto votato verso gli enigmi, senza però dimenticare qualche aspetto action accompagnati da una serie di citazioni davvero spassose. Che l’albergo sia infatti simile al maniero di Resident Evil, è una sensazione in grado di sfiorare più di qualcuno… evidentemente anche gli stessi programmatori, che hanno aggiunto aspetti classici come le sequenze di apertura della porta tra una stanza e l’altra e soprattutto la presenza di erbe curative di diversi colori. Scopo del gioco, come già detto, sta nell’ottenere le anime di ognuno degli occupanti dell’albergo; tutto questo non tramite fucili a pallettoni o pugni ben assestati però, ma semplicemente usando la cara e vecchia logica. Ogni “ospite” è disposto a cedere, più o meno volontariamente, la propria anima solo in seguito a determinati eventi o in cambio di altri oggetti. Sta al giocatore quindi studiare la situazione, cogliere i suggerimenti e gli indizi per capire esattamente in quale modo operare. Spesso, è fondamentale dar sfogo a tutto il proprio voyeurismo per guardare attraverso il buco della serratura ed ascoltare ciò che l’occupante della stanza dice o fa; altre volte i suggerimenti vengono da altri personaggi, in altre ancora bisogna darsi da fare interagendo con gli oggetti giusti. E così se ottenere le prime anime rappresenta poco più di un tutorial, proseguendo nel gioco spesso e volentieri ci si trova a dover aguzzare il proprio ingegno e trovare la chiave di volta per arrivare alla soluzione. E sta proprio in questo aspetto l’unico reale appunto che si può muovere alla produzione Capcom: malgrado gli indizi non manchino, non è difficile trovarsi a vagare alla disperata ricerca di qualcosa di concreto, o comunque nel tentativo di capire cosa fare e come farlo. Tutto ciò è legato alla buona varietà dei rompicapo proposti, che di fatto in nessuna occasione si assomigliano l’uno all’altro: se alcuni sono quindi davvero banali, altri richiedono uno sforzo e una costanza tali da poter mettere in crisi i giocatori meno pazienti. Sì perché, malgrado l’apparenza infantile di Gregory Horror Show, il gioco in questione è tutt’altro che adatto ad un pubblico di giovanissimi: oltre all’impegno richiesto infatti, la fatica dei programmatori nipponici è letteralmente farcita di humor nero, mescolato con una generale aria grottesca e con una spruzzatina di horror che lo indirizzano sicuramente ad un’audience matura. Come definire altrimenti Catherine, la perversa infermiera-lucertola che insegue il povero protagonista armata di una enorme siringa? Ovviamente questo è solo uno dei tanti esempi, sui quali non vogliamo dilungarci per non rovinare la sorpresa a chi vorrà acquistare l’atipico titolo Capcom. Interessante, tra le altre cose, anche la decisione di non utilizzare la classica barra di energia, quanto un indicatore di sanità mentale, destinato a diminuire progressivamente col tempo, o sensibilmente nel caso in cui si venga attaccati da uno degli ospiti più aggressivi. Il prezzo da pagare, nel caso in cui tale indicatore si esaurisca totalmente, è altissimo: assistere al terribile Horrow Show di Gregory…

Gregory Horror Show
Gregory Horror Show
Gregory Horror Show
Gregory Horror Show

Commento

Gregory Horror Show è un piccolo gioco. Budget ridotto, qualità tecnica nella media, nessuna copertura pubblicitaria. Ma è allo stesso tempo un grande gioco, dal momento che riesce nel sempre più raro intento di fornire qualcosa di diverso dal solito. Uno stile grafico eccezionale si accompagna ad un gameplay sicuramente non adatto a chiunque e altrettanto sicuramente non perfetto, ma intrigante e soprattutto divertente. Tutto ciò, unito ad un doppiaggio (in inglese) eccellente e ad un humor nero impareggiabile fanno della produzione Capcom un acquisto da prendere seriamente in considerazione per tutti i possessori di Ps2 alla ricerca di qualcosa di piacevolmente atipico.

    Pro:
  • Stile grafico irresistibile
  • Meccanica di gioco stimolante
  • Umorismo spassoso
    Contro:
  • Livello di difficoltà molto variabile
  • Poco longevo
  • Non adatto a chi predilige l’azione agli enigmi

L’originalità, merce rara di questi tempi. Lasciando da parte sterili e ritriti discorsi sulla massificazione dell’industria del videogioco e di tutto ciò che questo ha comportato, nel bene e nel male, è indiscutibile che percorrere la via della tanto decantata originalità sia un rischio che in pochissimi sono ormai disposti a correre. E d’altra parte, come dargli torto? Il budget necessario oggigiorno per dare vita ad un qualsiasi titolo è così corposo da poter avere ripercussioni perfino sui bilanci dei giganti del settore, figuriamoci sulle softco di minori dimensioni e costrette a giocare al meglio le proprie carte. Ciò nonostante, in qualche rara occasione capita di assistere alla classica pecora sfuggita dal gregge, ovverosia ad una produzione che –per un motivo o per l’altro- si rivela in grado di offrire perlomeno una prospettiva diversa su meccaniche classiche. Ed è questo il caso di Gregory Horror Show, un a dir poco atipico titolo per Ps2 realizzato da Capcom; che è sì la casa di serie infinite come Megaman, Street Fighter e Resident Evil, ma anche di Auto Modellista, Viewtiful Joe, P.N. 03, Everblue, Breath of Fire Dragon Quarter. Tutti giochi che, con fortune alterne, hanno tentato in ogni caso di percorrere vie alternative vuoi sotto l’aspetto tecnico, vuoi sotto l’aspetto ludico, su filoni già ben rodati e conosciuti.