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Recensione: Chi avrebbe mai pensato che proprio la tanto sottovalutata Bandai avrebbe dato i natali ad uno dei giochi più rivoluzionari degli ultimi anni? Eppure è così. Scoprite con noi perché .hack//Infection è il gioco più originale del momento, e perché non troverete mai nulla di simile su nessun'altra console...Per l'occasione abbiamo redatto per voi un'esauriente recensione, condita da tutte le informazioni sulla localizzazione Italiana e sulla serie di Anime che arriverà in Italia.
Il primo online-game simulato è arrivato, l'Infezione si propaga: lasciatevi contagiare!

RECENSIONE di Christian Colli   —   29/03/2004

Oltre il Videogioco

Abbiamo detto che il mondo di .hack si estende oltre il videogioco e l'OAV, con una serie animata e una a fumetti. Ebbene, è ufficiale che hack//SIGNS, la serie animata che fa parte del progetto .hack, verrà distribuita a partire da Maggio anche sul territorio italiano da Terminal Video. Le 26 puntate della serie saranno divise e messe all'interno di sette DVD che usciranno nel corso del 2004, e racconteranno le disavventure, antecedenti ai quattro volumi per PlayStation 2 di un videogiocatore, di The World, Tsubasa, che misteriosamente non riesce più a uscire dal gioco. E' invece ancora in discussione l'accordo di distribuzione del fumetto .hack//LEGEND OF TWILIGHT, di cui si attende comunque un annuncio a breve, e che racconta delle vicende successive alla serie videoludica.

Timeline

Effettivamente, non è troppo difficile fare confusione con il mondo di .hack (che per esigenze linguistiche - lo stramaledetto puntino - sarà scritto da questo momento esattamente come lo si pronuncia: dotHack), del quale, nella fattispecie, questo Infection non ne è che una minima parte. Confusi? Niente paura, andiamo con ordine, e cerchiamo di chiarire un po' le nostre idee... Sostanzialmente, dotHack è prima di tutto un cartone animato, realizzato durante la produzione (giapponese, s'intende) del videogioco e lanciato in contemporanea a questo e a un romanzo, dotHack//AI Buster, che precede l'anime stesso. L'anime è comunque cronologicamente antecedente agli eventi di Infection, e si intitola dotHack//Sign. Sign è una serie animata che in 26 puntate introduce gli eventi (cataclismatici) che si svilupperano pienamente, in seguito, durante la serie videoludica: il protagonista e i personaggi, comunque, sono solo relativamente in comune nelle due produzioni, tanto che giocare una o vedere l'altra e viceversa è totalmente accessorio. Al termine di Sign, comincia a dipanarsi la storyline dei quattro videogiochi: comincia con Infection (Infection Expansion, in Giappone), si prosegue con Mutation (Malignant Mutation, in Giappone), quindi tocca a Outbreak (Erosion Pollution, in Giappone) e si conclude con Quarantine (Absolute Encirclement, in Giappone). I quattro volumi che compongono la saga (lanciati a tre mesi di distanza ciascuno in Giappone, con la previsione di una distribuzione americana analoga) presentano ciascuno un eclatante bonus: un DVD di altissima qualità con un OAV della serie dotHack//Liminality. I quattro OAV sono, nell'ordine, In the Case of Minase Mai, In the Case of Aihara Yuki, In the Case of Toho Kyoko e, infine, Trismegistus. Gli eventi di dotHack-videogioco e dotHack//Liminality, comunque, sono slegati, e condividono solamente il mondo (o The World o viceversa, un po' di pazienza e tutto sarà chiaro) e i fenomeni che avvengono al suo interno, permettendo di comprendere al meglio alcuni punti oscuri. Facciamo i precisini: Bandai prevede di lanciare, in coda alla saga videoludica, un'altra serie di videogiochi; e come se non bastasse dopo dotHack-videogioco prende il via dotHack//Tasogare no Udewa Densetsu (letteralmente, La Leggenda del Bracciale del Crepuscolo), soprannominata dotHack//Dusk, un'altra serie animata. Uff, tutto chiaro?

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Okay, veniamo a questo dotHack, dunque. La storia ha un ideale inizio nel 2009, quando il videogioco più famoso del mondo è The World, un MMORPG. Per chi non lo sapesse, un MMORPG (acronimo per Massive Multiplayer Online Role Playing Game) è un gioco che permette di avventurarsi in mondi persistenti gestiti da eventuali server computerizzati, intercalandosi nel ruolo di un personaggio in particolare e interagendo con gli alter ego (o avatar) di altri giocatori umani. Qualche esempio nella vita reale? Ultima Online, Everquest, Final Fantasy XI, Dark Age of Camelot, Ragnarok Online; Phantasy Star Online non è propriamente un MMORPG ma rende comunque bene l'idea. Ad ogni modo, il protagonista di dotHack-videogioco è un neo-giocatore (newbie, in gergo) di The World, e il suo alter ego nel mondo virtuale è Kite; ora, come ogni videogiocatore di MMORPG che si rispetti, anche Kite ha dei compagni di gioco, e uno di questi è il ben più esperto Orca che, conoscendo il "vero" Kite nella realtà, l'ha convinto a giocare a The World con lui. La storia ha inizio proprio durante la prima avventura di Kite insieme ad Orca: i due si imbattono in una creatura sconosciuta che "uccide" Orca: la morte di un personaggio virtuale capita spesso, quindi non è niente di grave, certo... se non fosse che tanto per cominciare Orca è uno dei giocatori più potenti e famosi del network e, sopratutto, contemporaneamente, nel mondo reale "Orca" cade in coma. A quel punto, Kite intuisce che la soluzione al mistero del coma di Orca (che poi in realtà si chiama Yasuhiko) e degli strani fenomeni che si stanno verificando in The World, risiede nel gioco stesso; la sua ricerca, però, lo porta a incontrare una misteriosa ragazza, Aura, che gli conferisce dei micidiali poteri, inizialmente destinati a Orca, chiamati Gate Hacking e Data Drain (lo stesso che han lobotomizzato l'amico), legati al misterioso Book of Twilight, invero un pesante fardello: salvare The World e, di riflesso, il mondo! La trama di dotHack procede così attraverso i quattro volumi che completano l'opera, tra colpi di scena da mozzare il fiato e l'ingresso di nuovi, bizzarri personaggi che aumenteranno lo spessore della trama, che dopo un apparente calo di tensione in Mutation raggiunge vertici di eccellenza in Outbreak e Quarantine, dove l'idea di trovarsi invischiati un qualcosa di veramente terribile diventa sempre più inquietante e opprimente, grazie alla realisticità della struttura meta-ludica approntata da Bandai...

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La localizzazione Italiana

A cura di "Massimo Reina"

La localizzazione del prodotto finale è più che buona, con la traduzione in italiano di tutti i menù e di tutti i dialoghi scritti. Va dato atto all’Atari di aver compiuto un ottimo lavoro in proposito, adattando là dove era necessario certe frasi al nostro modo di esprimerci, diciamo più occidentale, ma cercando in linea di massima di mantenere intatte le prerogative di un titolo che ci vede impersonare espressamente un ragazzo giapponese. Va segnalata inoltre la saggia, a nostro parere, scelta di non tradurre i nomi di tutte le Abilità dei personaggi, eliminando di fatto quel problema che spesso affligge altri prodotti simili, i quali presentano delle traduzioni improprie e poco consone all’elemento stesso trattato. Per quanto riguarda il parlato, invece, nessun doppiaggio nella nostra lingua (e qui esulteranno i puristi del genere poco inclini alla localizzazione “totale” dei J-Rpg). E’ stata infatti mantenuta l’impostazione base della versione americana che prevede la possibilità da parte dell’utente di selezionare le voci dei personaggi in Inglese o in Giapponese, la quale, a nostro modesto parere, risulta essere la migliore delle due.

Playing The World

Premessa: quanto verrà spiegato in questo paragrafo sarà sempre e comunque riduttivo, perché su The World e su dotHack c'è talmente tanto da dire che non basterebbero due recensioni. Ma vediamo di fare il possibile. Tanto per cominciare, una volta avviato il gioco, questo si trasforma in un vero e proprio desktop da computer. E' possibile cambiare lo sfondo e la musica (le varie possibilità aumenteranno con il raggiungimento di determinate statistiche nel corso del gioco, registrate negli otto mistici Ryu Book) e a sinistra possiamo accedere a delle vere e proprie directory che ci propongono News dal mondo (totalmente inventate, ma così ben architettate - perfino accompagnate da foto di vita reale - da essere assolutamente credibili. Sapevate che Bandai lancerà il Wonderhawk nel 2009?), un sistema di E-mail e, ovviamente, l'eseguibile che lancia The World. Una volta avviato The World, ci ritroviamo nel menù del MMORPG, che ci propone anche un forum dedicato, rigorosamente falso: se non l'avete ancora intuito, il gioco sta già simulando una connessione a internet. Sul forum assistiamo agli scambi di messaggi tra giocatori, che sono peraltro molto utili per comprendere meglio il sistema di gioco di The World; tuttavia, il forum non è un freddo manuale all'interno del game, in quanto è possibile scovare topic semplicemente chiaccherecci, il tutto condito da emoticon che danno ad ogni messaggio e a ogni utente una personalità. Comunque, da questo menù è possibile accedere a The World. E ora entriamo nel vivo del gioco. The World è un MMORPG, questo vuol dire che la telecamera, completamente controllabile (perfino posizionabile in una discutibile prima persona) inquadrerà di default alle spalle il nostro alter-ego (Kite) all'interno di varie ambientazioni, siano città e dungeon. Parliamo delle città: limitate e di piccole dimensioni (tranne l'ampia Fort Ouph), presentano un certo numero di negozi dove fare acquisti di ogni genere, nonchè un punto di salvataggio e un deposito personale. Essendo delle città, comunque, si presuppone che siano popolate... e così è, di fatti: decine di giocatori corrono e girovagano per l'ambiente, fermandosi occasionalmente a fare acquisti. E' possibile interagire con loro, parlandoci (e si rimane sorpresi dalla quantità di battute e dialoghi che Bandai ha preparato) o scambiando oggetti: in quest'ultimo caso, gli scambi avvengono in modo molto originale. Prima di spiegare come, è necessario aprire una parentesi: le classi. Come in ogni MMORPG, anche in The World ci sono delle classi di gioco. Kite, senza possibilità di scelta o variazione, è un Twinblade, una sorta di guerriero specializzato nell'uso dei coltelli e delle magie, molto agile e veloce. Poi ci sono i Blademaster, i guerrieri/maghi. Gli Heavyswordsman e gli Heavyaxeman sono, ovviamente, i guerrieri puri: i primi sono, palesemente, più veloci e meno resistenti dei secondi. Infine, ci sono i Wavemaster, cioè i maghi, esili ma dagli sconfinati poteri magici. Chiusa parentesi, torniamo agli scambi: se decidiamo di scambiare un oggetto con un Wavemaster, dobbiamo considerare che non gli sarà utile in alcun modo un item dedicato a un'altra classe, come una spada o un'armatura pesante. L'IA, infatti, valuta l'utilità degli item proposti e il loro valore, così talvolta per fare uno scambio basta un item soltanto, altre volte, invece, è necessario dissanguarsi per mettere le mani su un item o su un pezzo di equipaggiamento. Gli oggetti, ovviamente, si procurano nei dungeon, ed ecco che ci accingiamo a parlare dei Gate: in sostanza, il giocatore può assemblare un massimo di tre parole chiave, selezionandole da una lista, per generare la locazione che vorrà visitare. Queste parole chiave sono indicative per il tipo di ambiente, la sua difficoltà (cioè la potenza dei nemici) e l'elemento naturale ad esso collegato (in dotHack ve ne sono sei: fuoco, acqua, terra, legno, fulmine e oscurità); man mano che si procede nel gioco, è possibile ottenere parole chiave sia dal forum di The World, sia parlando con i vari giocatori, e talvolta ci vengono forniti direttamente gli "indirizzi" di alcune locazioni per proseguire nella trama. Questo sistema offre un alto tasso di personalizzazione e controllo sul gioco, in quanto è possibile decidere praticamente tutto sul prossimo dungeon che vogliamo affrontare senza seguire la trama, ma allo stesso modo ne limita la varietà, visto che i dungeon e gli ambienti, avendo matrici comuni, tendono ad assomigliarsi un po' tutti. Ad ogni modo... per esplorare un dungeon, un giocatore ha bisogno di un party per facilitarsi la vita, non credete? Ed ecco che entrano in gioco i nostri comprimari.

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dotHack mette a disposizione del giocatore, man mano che si procede nella trama, una gran varietà di characters, alcuni necessari ai fini della sceneggiatura, altri accessori e recuperabili risolvendo delle subquest. Una volta ottenuto l'Email di uno di questi personaggi, ogni volta che ci si connette a The World è possibile contattarli e invitarli nel nostro party, fino a formare un team di massimo tre personaggi (incluso Kite). A questo punto, se ci si trova in città, il nostro gruppetto si smonterà e i nostri compagni andranno a fare compere per i fatti loro (e le fanno davvero, rifornendosi di item curativi e quant'altro gli possa tornare utile!); se invece ci si trova in un dungeon, i due comprimari si limiteranno a seguirci nell'esplorazione, fino a che non si entra in combattimento. Gli scontri, del resto, non sono casuali, ma prefissati in determinati punti di un dungeon e pienamente visibili: una volta avvicinatisi troppo, i nemici attaccano il gruppo e si entra in modalità di combattimento. In questa fase, il giocatore ha pieno controllo su Kite, e lo scontro si sviluppa in real-time: tramite la pressione del tasto X, è possibile colpire il nemico con attacchi fisici; premendo Triangolo, invece, si ha accesso al proprio menù di skill e magie: le abilità, infatti, sono connesse all'equipaggiamento, e una volta selezionata una magia o un attacco speciale (quest'ultimi sono legati esclusivamente alle armi), basterà selezionare un bersaglio visibile per scatenare su di esso i nostri istinti primordiali (a patto di avere gli Skill Point necessari a eseguirlo, ovviamente, ma che comunque si ricaricano semplicemente camminando) e se le proprietà elementali dell'attacco sono opposte a quelle del nemico, allora si verificherà un Elemental Hit, ovvero un danno raddoppiato. Durante il combattimento, i nostri compagni sono controllati dalla prodigiosa IA della console, che indirizza i loro colpi e usa le loro capacità con precisione e arguzia, dando davvero l'impressione di essere connessi alla rete e di stare giocando con degli esseri umani; ad ogni modo, premendo il tasto Quadrato, è possibile richiamare un menù che permette di ordinare ai personaggi delle tattiche combattive generali (attaccare con le skill, guarire e via dicendo) e o di usare una certa magia, skill o item. Spendiamo un'altra parola sui personaggi e sulla loro caratterizzazione. Tralasciando che è possibile alterare l'affinità fra Kite e i suoi compagni e il loro rapporto facendo dei regali o rispondendo in un certo modo alle E-mail che puntualmente ci vengono mandate, va' detto che la Bandai ha fatto un lodevole sforzo di documentazione per creare dei character il più possibile vicini alle usanze di giocatori umani. Così, BlackRose è la newbie fanfarona e saccente che in realtà gioca da meno tempo di Kite; Mistral, invece, si esprime con un tono tipicamente "kawaii" (= carino), strillando e ponendo dietro ai suoi messaggi emoticon come ;), :), :( e via dicendo (e non sospettereste mai chi realmente muove questa eccentrica Wavemaster...); Piros, invece, è il giocatore più "immedesimato" nel suo ruolo: parla in inglese arcaico e solenne, rivolgendosi a noi esclusivamente come a "He of the fair eyes"; e si preferisce tacere sui caratteri e sui ruoli di Balmung ("Io non parlo con gli hacker!"), Helba, Mia, Wiseman e Elk, personaggi i cui ruoli, nell'economia della sceneggiatura, sono davvero troppo importanti per essere descritti senza rovinare eventuali sorprese. La genialità della Bandai, comunque, nella creazione di questi atipici characters sta nel fatto che ognuno di loro è conscio di stare giocando a un videogioco. Così, quando in una delle sequenze introduttive Balmung, Kite e BlackRose affrontano un certo nemico, Balmung spiega: "Questo mostro non dovrebbe trovarsi in questo server. E' buggato, i suoi HP sono infiniti". Un linguaggio tipicamente videoludico, al quale un utente non dovrebbe sentirsi estraneo, quanto invece esserne meravigliato e, in un certo senso, catturato. dotHack è una simulazione pressocchè perfetta di un videogioco giocato da esseri umani, ed è impossibile non riconoscersi nei nostri compagni che si congratulano con noi quando raggiungiamo un nuovo livello di esperienza, che strillano all'interno di balloon fumettistici assurdi nomi di "mosse speciali" mentre eseguono una skill o un incantesimo (peraltro accompagnato dalla sua stessa vocalizzazione, nel senso che nonostante Piros esclami "Berdish!" quando usa questa skill, contemporanemente può capitare che appaia il balloon in cui c'è scritto "Piros' Ultimate Attack!"...), che ci biasimano per aver ordinato loro di attaccare un nemico quando di questo non vi è traccia o che ci chiedono di conservar loro il prossimo item raro... Insomma, la vera sorpresa, quello che fa davvero riflettere, è come Bandai, la softco che non ha mai rispettato i gusti dei videogiocatori, abbia dimostrato di conoscerli meglio di chiunque altro.

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Data Loading

Diamo inizio alle danze tecnicistiche con il grande nome dietro a dotHack: Yoshiyuki Sadamoto! Sadamoto è uno dei più famosi e apprezzati mangaka (autori di fumetti) del Sol Levante, conosciutissimo anche in Occidente per aver dato i natali ai personaggi di Neon Genesis Evangelion, Fushigi no Umi no Nadia (Il mistero della Pietra Azzurra, in Italia), Le Ali di Honneamise. Il tratto delicato e caldo di Sadamoto, la sua grandissima capacità nel rendere letteralmente "emotivi" i suoi disegni, nel saper gestire con magistrale abilità le espressioni facciali e nel realizzare originali e peculiari caratteristiche grafiche, impreziosiscono senza alcun dubbio la qualità di dotHack: i personaggi, benché tradizionalmente e fumettisticamente nipponici, godono di una realizzazione individuale eccelsa, che li rende praticamente vivi. Il ruolo di Sadamoto, purtroppo finisce qui, e sono gli sviluppatori di Bandai, a questo punto, a prendere in mano la situazione. Graficamente, diciamolo subito a scanso di equivoci, dotHack non è di certo un capolavoro: assolve il suo dovere egregiamente, presentando modelli poligonali decisamente sopra la media, animati molto bene, ma non troppo dettagliati nè curati nella texturizzazione. Le ambientazioni esterne, d'altro canto, godono di una certa varietà estetica e di una grande complessità visiva, ma i dungeon, probabilmente per via della generazione pseudo-casuale, tendono a somigliarsi un po' tutti, sopratutto visivamente. Insomma, una realizzazione degna di nota ma non eclatante, di certo non dopo aver visionato l'eccelsa grafica di titoli come Final Fantasy X-2, Suikoden III o Kingdom Hearts anche se la qualità generale comunque sale esponenzialmente nelle cut- scene in real-time. Per quanto riguarda l'aspetto sonoro, ci troviamo di fronte a una colonna sonora molto buona anche se non sempre ispiratissima, come dimostrano le tracce sonore dei dungeon, molto simili fra loro, e di contro alcuni brani davvero splendidi; mentre il doppiaggio è eccellente: tutti i dialoghi story-driven sono parlati, e ogni personaggio dispone di una vocalizzazione specifica per ogni skill o magia presente nel gioco. A questo proposito, va' precisato che Bandai ha inserito la possibilità di selezionare l'audio giapponese al posto dell'inglese e viceversa. Un'aggiunta davvero gradita per i puristi o gli amanti dei (bravissimi) doppiatori nipponici, che compensa alla mancanza del Parody Mode (del quale parleremo fra poco).

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Gli Extra del DVD


Ecco i contenuti speciali inclusi nel DVD inserito nella confezione del videogioco, tutti sottotitolati in italiano:

Video interviste a Kazunori Ito (sceneggiatore e direttore) e Koichi Mashimo (direttore dell'animazione).

Galleria di immagini delle "Capsule Station", I distributori di action figure .hack che saranno distribuiti in Italia da Aprile.

Un breve documentario che presenta nel dettaglio i vari media inclusi nel progetto .hack e spiega come essi siano collegati tra loro.

La sigla di apertura della serie TV .hack//SIGN in widescreen anamorfico.

Il trailer del videogico .hack//INFECTION.

Una breve video presentazione del gioco online The World.

Liminality

Il titolo di tre dei quattro OAV che compongono la mini-serie Liminality, e cioè "In the Case of...", sono evidenti citazione di alcuni episodi di Neon Genesis Evangelion... visto che i 45 minuti stessi dell'OAV ricordano l'ormai leggendario polpettone psicologico, almeno nel ritmo e nei temi trattati. Perché se cercate azione, fantasy e combattimenti in Liminality, state pur tranquilli che non ne troverete; troverete invece i risultati della combinazione del genio creativo di talenti come Yoshiyuki Sadamoto, Kazunori Ito (Ghost in the Shell) e del regista Koichi Mashimo (L'Irresponsabile Capitano Taylor, Noir). Del resto, i protagonisti non sono neanche videogiocatori, ma individui coninvolti loro malgrado nell'inquietante serie di tragedie che sta colpendo i videogiocatori di The World. Tutto inizia "nel caso di Minase Mai": la liceale era in compagnia del suo ragazzo, quando a quest'ultimo viene l'idea di far provare a Mai l'MMORPG che sta spopolando in Giappone, The World. E una volta nel gioco, succede qualcosa di strano, qualcosa che per poco non uccide il boyfriend di Mai, mandandolo in coma, e che fa perdere i sensi alla ragazza stessa. Ma cosa è successo, esattamente, in quei pochi minuti? E' quello che Mai si rifiuterà di ricordare, qualcosa di così terribile e sconcertante che solo il pensiero la fa uscire pazza. E a questo punto entrano in gioco il fratello del suo ragazzo, un cauto giocatore di The World, e un uomo solare quanto misterioso, che sembra conoscere proprio bene sia The World, che la società che sta dietro al videogioco. E per scoprire la verità dietro ai piani della Altimit e provare a sventare quella che sta diventando una possibile minaccia mondiale, Mai dovrà ricordare... anche se questo potrebbe portare anche lei alla morte. Tutta la mini-serie Liminality è quindi una storia molto riflessiva, quasi angosciante, che concede al videogioco stesso di salire sul palcoscenico solo per pochi minuti, lasciando molto più spazio a quello che succede nel mondo reale. La qualità visiva di questo OAV è impressionante: il character design di Sadamoto è come sempre di assoluta eccellenza, i disegni sono definiti e dettagliati, le animazioni molto fluide, i colori cambiano tonalità e luminosità in perfetta armonia con il ritmo e l'atmosfera delle sequenze sul video, il tutto impreziosito dalla bontà video anamorfico e da problemi di compressione praticamente inesistenti. L'audio in Dolby Digital è all'altezza della sorprendente qualità video: la colonna sonora ci delizia dall'inizio alla fine con brani di assoluta efficacia emotiva e, nelle sequenze più tese, semplicemente da brivido; il doppiaggio americano non è all'altezza della produzione stessa o di quello giapponese, ma si difende davvero bene. La serie Liminality, che ingrana decisamente dal terzo episodio, insomma, è un'aggiunta graditissima agli episodi di dotHack- videogioco, e ne valorizza sorprendentemente l'acquisto.

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Commento

dotHack rappresenta una sorprendente evoluzione del genere JRPG. Intendiamoci, il genere è sempre quello, ma la geniale idea di Bandai è racchiusa in The World: un mondo online simulato per un gioco offline. Di certo è un approccio originale e senza precedenti, che non manca di stupire inizialmente e poi semplicemente catturare il giocatore. Tuttavia, nella sua unicità concettuale, dotHack soffre di problemi non proprio di secondo piano. In primo luogo, la durata: è possibile completare ogni Volume in una ventina di ore scarse; certo, è possibile ricaricare il file dopo il finale, per esplorare il resto di The World, potenziarsi e guadagnare nuovi oggetti per poi caricare lo stesso salvataggio all'inizio del prossimo capitolo, ma una volta finito il gioco l'attenzione tende inevitabilmente a scemare. Inoltre, dal terzo volume, e specialmente nel quarto, si assiste a un esponenziale e traumatico aumento della difficoltà, catalizzata tutta nel recuperare i Virus Code necessari a completare i Gate Hacking e accedere alle aree protette, tra mostri sempre più forti e resistenti. Collegato alla scarsità della durata, peraltro, è un altro difetto: la trama. Una trama eccellente e coinvolgente, tipica di un buon cartone animato giapponese, ma che inevitabilmente risulta sconclusionata... ovvio, bisogna aspettare il seguito! A questo punto, l'utente deve chiedersi se è disposto ad acquistare tutti i volumi della stessa serie per seguire fino in fondo la vicenda, considerando che dopo il mediocre secondo volume, Mutation, il più breve e di transizione, si assiste a un notevole miglioramento sia della varietà ludica che della trama. Il sistema di gioco poi, va' detto, per quanto completo e soddisfacente, è senz'altro migliorabile, sopratutto nelle fasi belliche. Insomma, è difficile spiegare l'esperienza- dotHack, visto che è quel genere di gioco che, per quanto oggettivamente sopra la media, alla fine dipende dai gusti personali. E soggettivamente, chi vi scrive ha trovato dotHack decisamente bello, assuefante a dir poco, per non parlare dei DVD in omaggio, di altissima qualità. dotHack è infine consigliato a tutti coloro che cercano un'esperienza ludica nuova e originale, e che sono disposti a seguire un videogioco come se fosse un manga... Un'ultima nota: in sede di recensione si è accennato al Parody Mode. Ebbene, nella versione giapponese era possibile sbloccare, una volta terminato il gioco, uno script alternativo della trama, reso decisamente esilarante dal classico e talvolta incomprensibile umorismo nipponico, basato su luoghi comuni e giochi di parole; ragion per cui Bandai ha deciso di eliminare questa feature e consentire, come già detto, la selezione dell'audio. C'est la vie.

    Pro
  • Character design sensazionale
  • Concept originale e senza precedenti
  • Realizzazione di un mondo online fittizio pressochè perfetta
  • Ottima sceneggiatura
  • DVD animato di altissima qualità incluso nella confezione
    Contro
  • Ripetitivo
  • Ogni episodio è piuttosto breve
  • Traumatico aumento della difficoltà
  • Sistema di combattimento migliorabile

Bandai: un nome, una garanzia.
Sapete contare quanti giochi appena decenti ha prodotto Bandai nel corso degli anni (che ormai sono anche tantini)? Non scomodate il pallottoliere, per farlo basta una mano e, a gusti, qualche dito in più. Bandai, del resto, è prima di tutto una produttrice di giocattoli che detiene i diritti di un buon 90% delle serie animate e dei manga giapponesi, e sui quali ha costruito un piccolo impero sfruttando ogni risorsa della sempre attuale arte del merchandising sfrenato. Oltretutto, Bandai è tristemente famosa per aver realizzato per oltre dieci anni i videogiochi basati su Dragon Ball, solo raramente producendo qualcosa di un certo valore (Dragon Ball Z Bu Yu Retsuden per Genesis, Dragon Ball Z Hyper Dimension per SNES, ad esempio). Ma non è il caso di essere così severi, in fondo senza Bandai non avremmo alcune fra le migliori action-figures mai prodotte, serie animate, gadget di ogni tipo e, perché no, anche qualche giochino che, tutto sommato, è piacevole sia a guardarsi che a giocarsi (chi ha detto WonderSwan?). Un grande giocattolaio, certo, ma anche una softco di nicchia, quindi.
Almeno fino ad oggi. Sì, perché Bandai si è lanciata in una mega-produzione destinata a cambiare, forse per sempre, i sentimenti che i videogiocatori provano per questa contraddittoria società. E non solo quelli...