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The Legend of the Mystical Ninja - Recensione

Un ninja mistico si fa spazio nel Giappone feudale a colpi di pipa, elargendo monete in testa ai passanti, aiutato da un obeso partner mascherato di blu: tutto questo è Ganbare Goemon.

RECENSIONE di Alessandro Bacchetta   —   22/05/2007
The Legend of the Mystical Ninja - Recensione
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Cos'era ieri

Ganbare Goemon: Yukihime Kyuushutsu Emaki uscì nel 1991 in Giappone, primo episodio della serie per Super Nintendo, primo in assoluto ad approdare in occidente: venne pubblicato nel 1992 negli Stati Uniti e nel 1993 in Europa col nome di Legend of the Mystical Ninja. Le diversificazioni linguistiche non si limitarono solamente al titolo, ma vennero estese ad alcune battute, eliminate perché ritenute inadatte al pubblico occidentale, e ai nomi dei protagonisti, diventati Kid Ying (Goemon) e Doctor Yang (Ebisumaru). Questa saga fin dalla sua nascita ha oscillato tra il platform e l’action rpg, a volte spostandosi totalmente da una parte, a volte posizionandosi in mezzo ai due generi. Non avendo mai avuto un sistema di controllo all’altezza di Sonic né degli enigmi paragonabili a quelli di Zelda, Goemon ha sempre dato il massimo quando è riuscito a trovare l’equilibrio tra queste due inclinazioni, unica situazione finora capace di lasciar emergere la sua identità. Solo Wonder Boy riuscì in quegli anni ad addentrarsi altrettanto brillantemente in questa area, ma se il gioco SEGA era probabilmente più rifinito, quello Konami poteva vantare un inconfondibile marchio di fabbrica: la modalità multiplayer cooperativa, una vera rarità per giochi di questo tipo. Proprio quest’ultimo fattore, insieme al caratteristico stile grafico, riuscì a far riaffiorare dal mare della mediocrità Mistical Ninja per Super Nintendo: rispetto agli altri episodi della serie non era bilanciato molto bene, il level design non offriva nulla di particolarmente originale, le fasi esplorative erano impostate male.

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Cos'è oggi

Se queste pecche erano evidenti all’epoca ora lo sono ancora di più. Le sezioni ambientate nei villaggi, o più in generale tutte quelle non prettamente platform, da giocare adesso sono molto fastidiose: prive di qualsiasi cura per il dettaglio, inadatte all’azione ma incredibilmente dedite ad essa, decisamente poco inclini all’esplorazione come invece sarebbero dovute essere. Tali zone occupano più della metà del gioco, ma stranamente rappresentano solo il preludio ai dungeon; questi ultimi in Goemon non sono altro che dei livelli plaftorm a scorrimento orizzontale, non eccelsi ma sicuramente godibili, soprattutto in multiplayer. Esattamente come all’inizio degli anni ’90 ci sono due motivazioni che possono indurvi all’acquisto di Mistical Ninja: la prima è l’affetto nei confronti di questi personaggi e della loro comicità, la seconda è la modalità multiplayer, oggi ancora più rara che all’epoca in questo genere di giochi.

Mario, Sonic, Mega Man, Pac-Man e Goemon: se chiedessimo ad un qualunque giocatore occidentale di trovare l’intruso tra questi nomi sicuramente risponderebbe Goemon. Questo ninja però ha scritto la storia della Konami, per un breve periodo ne è stata l’icona, ed è ancora oggi un personaggio molto popolare in Giappone. Nel corso degli anni ha fatto capolino su quasi ogni piattaforma da gioco, i titoli che lo vedono protagonista stanno per diventare venti, però non è mai riuscito ad entrare nei cuori dei giocatori occidentali: forse perché troppo marcatamente legato ad una certa cultura, forse perché troppo altalenante sotto il profilo qualitativo, Goemon è lentamente scomparso dagli scaffali dei negozi nostrani, tanto che gli ultimi tre giochi, sebbene quello per DS sia un titolo di rara qualità, sono rimasti confinati in terra natia.