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Platform à la française

Siamo volati a Montpellier per provare con mano una versione oramai definitiva di Rayman Legends

PROVATO di Umberto Moioli   —   17/07/2013
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La verità è che proviamo una stima incondizionata per Michel Ancel. Come ti devi sentire quanto tutti i tuoi amici game designer di grido hanno in mano progetti multi milionari sorretti da mascotte da urlo e campagne pubblicitarie roboanti, mentre tu puoi contare solo su una vecchia e stanca melanzana priva di carisma? Male, ecco come ti devi sentire. Ancel deve aver vissuto anni difficili a pensare quanto sarebbe stato bello avere tra le mani un personaggio carismatico, immerso in un mondo riconosciuto all'unanimità come "cool", finché nel 2011 non si è rimboccato le maniche e non ha deciso di tornare ad essere lui quel designer fortunato e di riportare in auge un eroe moribondo. Origins, uscito dal nulla, stupì critica e pubblico; si dice che non abbia venduto molto ma il feedback dev'essere stato sufficiente e sufficientemente positivo da convincere Ubisoft che il gioco valesse una seconda volta la candela, quindi a finanziare un ennesimo capitolo. Rayman Legends nasce sotto una stella apparentemente più solida rispetto al suo predecessore ma in realtà quella che sarebbe dovuta essere una produzione conservativa non troppo complessa, ha fatto una gincana che la porta prima ad essere esclusiva Wii U e poi un multipiattaforma pronto ad uscire, in consistente ritardo, anche su PSVita, PlayStation 3 e Xbox 360. Dopo molta salita la strada sembra finalmente in discesa e il titolo è stato completato: un punto fermo festeggiato invitando la stampa specializzata a Montpellier, dove il team ha sede, per provare con mano la qualità di quanto creato.

Rayman Legends mescola sapientemente un gameplay divertente con una componente visiva meravigliosa

Il ritardo che mancava?

Quando Rayman, Globox e i Teens incappano in una misteriosa galleria d'arte, mai si sarebbero aspettati che uno di quei quadri li potesse trasportare in un mondo fantastico, colmo di livelli da completare. Così inizia l'avventura di Rayman Legends, che bada alla sostanza e non prova nemmeno a imbastire una storia complessa: Ubisoft Montpellier ha creato mondi ispirati a periodi storici, riferimenti culturali e tematiche molto diverse tra loro, per poi unirli con un sottile filo conduttore.

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Gli schemi, come in Origins, propongono una cosmesi ed un gameplay rigorosamente bidimensinali, un'infinita sequenza di salti, piattaforme e nemici da giocare da soli o fino in quattro in compagnia di tre amici. In cinque nel caso di Wii U, dove il giocatore con il GamePad controlla Murfy, esserino volante capace di interagire con gli scenari per facilitare la fuga dei compagni. Manovrato con il pennino sulla console ultima arrivata di casa Nintendo, Murfy si sposta automaticamente sulle altre piattaforme casalinghe dove però le sue azioni possono ugualmente essere attivate dagli utenti attraverso la pressione di un pulsante. Ad ogni modo la differenza è minima e nell'economia dell'esperienza non si può dire che ponga una versione nettamente davanti alle altre. Davvero riuscita, invece, l'introduzione degli schemi musicali: nati per caso dopo che un executive di Ubisoft aveva chiesto contenuti adatti ad un pubblico attratto dalle moderne sirene del social gaming, questi speciali livelli scorrono al ritmo di arrangiamenti di celebri pezzi, sfidando il giocatore su due piani, quello dell'abilità e quello del ritmo. Ne abbiamo visti solo una manciata ma vi possiamo garantire che Eye of the Tiger rivista in chiave mariachi è assolutamente esilarante e riuscita.

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I mesi di posticipo seguiti al passaggio multipiattaforma, una decisione di marketing, sono serviti da una parte per le conversioni e dell'altra per rimettere in moto il processo di creazione dei contenuti e aggiungere nuova sostanza. Il risultato oggi prende la forma di boss fight riviste e ingigantite, scontri dove gli enormi nemici sono gli unici elementi a schermo disegnati in tre dimensioni ma renderizzati con un cel shading che rende omogenea l'immagine. Il risultato, ad esempio nel caso di un enorme drago che si muove tra i piani di parallasse di un antico castello, sono riusciti e visivamente coerenti con il resto del gioco. L'altra sorpresa maturata oramai ad opera conclusa sono i così detti "Invasion Level", versioni modificate di ambienti già portati a termine, che vengono contaminati da nemici ed elementi architettonici di altri mondi proponendosi in una formula da time attack che premia i più veloci con medaglie di bronzo, argento e oro a seconda della performance. Non si tratta certo di chissà quale rivoluzione ma quello che sarebbe benissimo potuto essere un contenuto scaricabile post lancio, ora verrà pubblicato assieme al disco dal primo giorno.

La bella Vita

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Rischia di passare inosservato rispetto alle controparti casalinghe, ma Rayman Legends uscirà anche su PS Vita. Trasposizione portatile che, tra l'altro, si presenta come solida e contenutisticamente ben studiata. Il gioco, di fatto, resta immutato anche sulla piccola di casa Sony se non fosse che la cooperativa scala a due giocatori, purtroppo solo in locale, e il ruolo di Murfy viene espletato tramite il touch screen. Sono stati fatti alcuni accorgimenti sul ritmo di gioco e certe sequenze risultano modificate per permettere di passare dai controlli fisici all'interazione con il piccolo monitor, ma la sostanza è pressoché la medesima. Una manciata di mappe esclusive, cinque, e l'integrazione con Facebook per condividere con gli amici i risultati, chiudono un'offerta che sembra prestarsi naturalmente alla natura rapida e compulsiva del gaming portatile. Se possedete una PS Vita, dovreste tenerlo d'occhio.

Una carrellata di mondi?

Pad alla mano, il gameplay di Rayman Legends non si discosta quasi in nulla dal suo predecessore se non per una serie di accorgimenti, legati ad esempio alle animazioni e al disegno dei personaggi. Piccolezze necessarie per rendere meno confusionaria la coop a quattro giocatori. Si tratta comunque di dettagli che non cambiano la sostanza di una giocabilità molto classica e immediata, che porta avanti per tutta l'avventura gli stessi personaggi con i medesimi poteri e si affida quindi alla varietà dei livelli per dettare i ritmi della sfida. Mondi dedicati alla mitologia e alle divinità greche lasciano spazio ad altri che affondano mani e piedi nel classico fantasy medievaleggiante.

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Un secondo prima stai giocando una versione in salsa Rayman di Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne e quello successivo ti destreggi per saltare sulle lanterne volanti di uno schema che mescola suggestioni tratte dalle diverse tradizioni orientali. Il massimo, soprattutto in termini di follia, resta però l'omaggio al Dia de los Muertos, il giorno dei morti messicano: l'antica festa precolombiana offre lo spunto per un mondo fuori di testa che si conclude su un ring dove sfidare un enorme luchador, ovvero uno dei combattenti mascherati che negli ultimi anni hanno acquisito una discreta popolarità anche al di fuori dei territori nazionali. Dopo aver portato a termine una decina di livelli diversi, da soli e in compagnia, ci siamo fatti l'idea che Rayman Legends riesca davvero a unire tutti gli elementi necessari per rendere vincente un platform: immediatezza e divertimento riescono a non stancare, sorretti da una componente visiva meravigliosa, un caleidoscopio di colori che nell'era del 3D non ha molti termini di paragone di equivalente qualità. Merito soprattutto di un tool di sviluppo, il motore UbiArt, che ha permesso ad Ancel e ai suoi di creare un numero impressionante di contenuti bidimensionali senza soccombere ai tempi e ai costi tipici della tecnica 2D, soprattutto quando in alta definizione. Con oltre cento livelli, le sfide e la cooperativa ci dovrebbe essere abbastanza carne al fuoco per tener occupati a lungo.

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Tra i bonus, inoltre, ci sarà una selezione di ambientazioni prese da Origins e riadattate per Rayman Legends, così da dare ai nuovi arrivati un assaggio di quello che si sono persi e far rivivere a tutti gli altri le emozioni di allora. Come chicca finale, Ubisoft ha sviluppato un minigame che mescola kung fu e calcio, mettendo due squadre da due giocatori una contro l'altra con l'obiettivo di segnare nelle porte avversarie il maggior numero di reti entro il tempo limite. Si tratta di un divertissement o poco più, però evidenzia la propensione del team di sviluppo a non limitarsi al compitino e anzi aggiungere piccoli tocchi che andranno ad aumentare il monte ore complessivo dell'offerta. Una prova soddisfacente quella concessaci, in definita, che invita a mantenere gli occhi aperti in vista dell'uscita. Nel corso della nostra visita abbiamo anche potuto intervistare Michel Ancel e gironzolare per il suo studio di sviluppo così da approfondire i processi produttivi adottati, aspetti di cui parleremo tra qualche giorno in un articolo dedicato.

CERTEZZE

  • Eccellente resa grafica
  • Tantissimi contenuti
  • Modalità cooperativa per quattro giocatori

DUBBI

  • Se giocato da soli, non presenterà un gran numero di novità rispetto al predecessore