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Rare, quanta nostalgia - La bustina di Lakitu

Rare ormai ha trascorso più tempo sotto Microsoft che con Nintendo, quindi è ora di chiedersi: chi ci ha guadagnato?

RUBRICA di Alessandro Bacchetta   —   05/04/2014
Rare, quanta nostalgia - La bustina di Lakitu

Nell'estate del 2001 Zinedine Zidane, a quel tempo considerato il più valente giocatore del mondo, passò dalla Juventus al Real Madrid per la cifra record di 150 miliardi di Lire. L'anno dopo segnò uno dei gol più belli della storia della Champions League, in finale, decidendo la partita contro il Bayer Leverkusen. Un sinistro chirurgico, stilisticamente perfetto, una sfida alla gravità e ai limiti dell'umana coordinazione. Pochi giorni prima la Juventus aveva festeggiato il suo 25° scudetto, grazie ad una squadra ripopolata dai nuovi acquisti, resi possibili proprio dai soldi ricavati dalla cessione di Zidane. Un affare per tutti, insomma. Ho visto allo stadio la prima partita di quella nuova Juve, privata del suo faro ma arricchita da tanti eccellenti calciatori, tali, nel numero, da bilanciare la perdita subita; all'epoca stava per uscire il GameCube, almeno in Giappone, e si facevano sempre più insistenti le voci sulla vendita di Rare. Una bestemmia, eventualità orrida da tapparsi le orecchie e nascondere la testa sotto terra: si trattava di privarsi del proprio braccio destro, di separarsi da un'azienda che, grazie alle opere su Nintendo 64, da molti era apprezzata quanto la casa madre. Da alcuni addirittura di più. Con una Retro ancora equivalente a un punto interrogativo, era idea comune che la cessione di Rare avrebbe drammaticamente danneggiato il futuro Nintendo. Poco dopo la pubblicazione dell'ultimo gioco sviluppato assieme, Star Fox Adventures, quell'orrida prospettiva, a fine 2002, divenne realtà: l'azienda britannica da lì in poi sarebbe stata posseduta interamente da Microsoft, e Nintendo avrebbe incassato (circa) 170 milioni di dollari come compenso. Ma non si trattò di una cessione. Non propriamente.

Mr.Conker ora disperso, caro Banjo ora meccanico, cara Joanna ora top model. Ci mancate. Mondo crudele.

Il declino

Nintendo, detentrice del 49% delle azioni Rare, aveva un'opzione per acquistare la restante parte della società, prima che potesse essere offerta ad altri: non la sfruttò. Così iniziarono le trattative dei fratelli Stamper - fondatori e proprietari della software house britannica - con Microsoft e Activision: sembrava tutto concluso con quest'ultima, che poi si ritirò ad affari praticamente ultimati, evento che spianò la strada all'azienda di Bill Gates. Che acquistò non solo la parte degli Stamper, ma anche quella Nintendo: più che di una cessione in senso assoluto, fu una mancata acquisizione.

Rare, quanta nostalgia - La bustina di Lakitu

Yamauchi (o Iwata, era il momento del passaggio di consegne) evidentemente ritenne più conveniente incassare 170 milioni piuttosto che spenderne altrettanti per continuare a possedere Rare. E i fatti nell'immediato sembrarono dargli ragione, contro ogni aspettativa dei fan dal cuore dolente. Rare subì un rapido declino, passando in pochi anni da punta di diamante degli sviluppatori europei a team, come dire, "buono". E per chi ha fatto la storia, essere "buono" non è, e non sarà mai, abbastanza. Le cause certe e presunte che hanno portato a cotanto declassamento occupano un intero oceano, richiederebbero un articolo a parte, vanno dall'amore dei dipendenti per Nintendo (e il suo genere di giochi) alla nuova gestione Microsoft, passando per la generale mutazione dell'industria dei videogame. Oltretutto a Iwata le cose andavano bene: Eternal Darkness e - soprattutto - Metroid Prime sembravano garantire un roseo futuro anche in occidente, perfino in generi inesplorati a Kyoto. Con l'arrivo del Wii e del trionfo commerciale, con la fruttuosa acquisizione di Monolith e le tante collaborazioni "a progetto" coi team giapponesi, Rare pareva ormai archiviata a fotoricordo. Eppure l'attuale asfissia del Wii U, concomitante all'ascesa del gaming occidentale, ha riportato alla mente l'età del Nintendo 64: un'età ricca di pause e difficoltà, ma anche di capolavori e grandissimi videogiochi. Molti dei quali made in Rare.

L'impero occidentale

La prima ipotesi da scartare, se Nintendo avesse investito quei soldi, è che Rare si sarebbe evoluta allo stesso modo. Il cambio gestionale ha cambiato troppe cose, dall'amministrazione interna ai progetti richiesti, senza contare l'ambito motivazionale dei dipendenti. La seconda ipotesi da scartare, altrettanto certamente, è che sarebbe rimasta la stessa incredibile società degli anni '90, capace da sola di giustificare l'acquisto di una console. I tempi sono cambiati, impensabile credere che una software house possa sfornare un grandissimo titolo all'anno, altrettanto assurdo credere che i singoli, piccoli team interni che avevano caratterizzato Rare in epoca Nintendo 64 si sarebbero ingranditi e avrebbero mantenuto la loro indipendenza creativa.

Rare, quanta nostalgia - La bustina di Lakitu

Molto più probabilmente si sarebbero uniti in un unico imponente gruppo, o al limite accorpati in due sezioni di grandi dimensioni. Nintendo quindi avrebbe avuto tra le mani due team occidentali (Retro e Rare) di eccezionale valore, che avrebbero garantito una proliferazione quasi annuale di titoli di qualità e, soprattutto, stilisticamente ed endemicamente in linea col mercato attualmente dominante. Anche in generi storicamente ignorati a Kyoto (FPS et similia). Oltre ad aver spezzato i cuori degli appassionati e aver contributo al declino di Rare, a più di dieci anni di distanza possiamo dire che Nintendo non ha ottenuto altri risultati certi dall'operazione: basti pensare che le perdite accusate nell'ultimo anno fiscale sono maggiori, senza contare l'inflazione, all'intero guadagno derivato dalla cessione delle quote dell'azienda britannica. Anzi, un'altra conseguenza sicura c'è: la caduta dei platform 3D, da imputare anche al mancato operato Rare dal 2001 in poi. Sebbene le vette del genere siano sempre state associate a Mario, è indubbio che il battaglione a supporto del caposquadra fosse principalmente di origini britanniche, perché il team degli Stamper aveva l'esperienza, la qualità e il know-how per domare un ambito ostico e impervio come quello dei platform 3D "esplorativi".

Rare, quanta nostalgia - La bustina di Lakitu

Un ambito che un'altra società occidentale, molto meno prestigiosa di Rare ma dal ruolo simile (in Sony), che nessuno avrebbe mai osato mettere sulla stessa riga, ha toccato altrettanto spesso, forse con più successo, mai però con la stessa grazia e competenza. Uno sviluppatore che avrebbe fatto di tutto per essere considerato dalla critica come vero rivale dell'azienda degli Stamper. Una società, per farla breve, che negli ultimi anni ha creato Uncharted e The Last of Us. Ecco, anche se Rare non avesse più sfornato un gioco all'anno come prima, anche se si fosse concentrata su uno o due progetti alla volta e avesse abbandonato gli sparatutto; se si fosse limitata a mantenere la regale distanza che la separava da Naughty Dog, e avesse pubblicato solo due giochi a generazione... vorreste davvero dire che non vi sarebbe piaciuto e vorreste seriamente sostenere che a Nintendo, ora e adesso, senza un nuovo Wii Sports in gestazione e con un agonizzante Wii U tra le mani, non sarebbe servita?