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Mythic Entertainment - Monografie

È calato il sipario sullo storico sviluppatore di Dark Age of Camelot: ripercorriamo la sua storia

RUBRICA di Christian Colli   —   20/06/2014

La notizia della chiusura definitiva degli uffici di Mythic Entertainment a Fairfax, in Virginia, ci ha spezzato il cuore, sì, ma non ci ha preso del tutto alla sprovvista.

Mythic Entertainment - Monografie

La Mythic di Dark Age of Camelot era ormai tramontata da parecchio tempo, inghiottita dalle torbide acque del business e delle ristrutturazioni fin da prima dell'acquisto da parte di Electronic Arts, che nel 2006 aveva messo le mani sulla società. Mythic, diventata famosa appunto per Dark Age of Camelot e, in misura sfortunatamente diversa e minore, per il flop di Warhammer Online, ha contribuito a plasmare il volto dei MMO moderni tanto quanto World of Warcraft o EverQuest, e forse anche di più. Abbiamo pensato di dedicargli questo Monografie per rendere omaggio alla sua fine e ricordare alle nuove generazioni i suoi successi e i suoi fallimenti...

La strana e triste storia di Mythic Entertainment, il developer di uno dei MMO più famosi di sempre

Storia di due società

Mark Jacobs
Mark Jacobs

La trama di questo film non è particolarmente convulsa, ma inizia in modo abbastanza singolare. In principio, infatti, c'erano due software house. Una si chiamava Adventures Unlimited Software Inc. (abbreviata in AUSI) ed era stata fondata nel 1984 da Mark Jacobs. Il primo gioco ad essere sviluppato da questa piccola società di Georgetown era stato Aradath, una specie di RPG online con una sottoscrizione mensile salatissima. Il titolo attirò l'attenzione di Bill Louden, il fondatore del servizio online GEnie (General Electric Network for Information Exchange) della GEIS che proponeva ai suoi utenti svariati giochi di ruolo testuali e MUD da giocare via Internet: cominciata una collaborazione, la AUSI di Jacobs sviluppò per Louden anche una versione online di Diplomacy e Dragon's Gate, un MUD basato su Aradath che rese la AUSI davvero famosa. Ricominciamo da capo: in principio c'erano due società. L'altra, infatti, si chiamava Interesting Systems, Inc. ed era stata fondata da Rob Denton, Don Campbell, Roger Shropshire e Matt Firor. Sì, esatto, Matt Firor è proprio il lead designer che oggi lavora a The Elder Scrolls Online, ma ci arriveremo.

Matt Firor
Matt Firor

Gli uffici di Interesting Systems (anche detta ISI) erano stati aperti a Fairfax, in Virginia, nel 1990. La ISI, in realtà, non fece molto, tranne un MUD intitolato Tempest che, anni dopo, avrebbe gettato le fondamenta per Darkness Falls, il quale a sua volta sarebbe stato la base su cui costruire Dark Age of Camelot. Ci arriveremo tra poco, perché in realtà la nostra vera storia inizia nel 1995, quando la AUSI e la ISI si fondono e diventano Interworld Productions, prima, e poi Mythic Entertainment a partire dal 1997. In quegli anni, il piccolo sviluppatore di Fairfax si impegnò nella realizzazione di svariati giochi appartenenti soprattutto ai generi degli sparatutto in prima persona e degli RPG online. Tra questi ricordiamo il suddetto Darkness Falls: The Crusade, ma anche Magestorm Millennium, Silent Death Online e Splatterball. È nel 2001, però, che scoppia il botto: in quell'anno, infatti, Mythic Entertainment pubblica Dark Age of Camelot.

L'era oscura del QQ

Il panorama in cui fa capolino Dark Age of Camelot in quel fatidico ottobre del 2001 è completamente diverso da quello di oggi. Tanto per cominciare non c'era World of Warcraft, che sarebbe uscito soltanto quattro anni dopo, e non erano ancora nati i bambini che frignano ad ogni nuovo MMO perché vogliono giocarci gratis senza pagare la sottoscrizione. Inoltre gli unici, veri competitor in ambito MMORPG erano EverQuest e il sempreverde Ultima Online, i quali comunque offrivano un tipo di esperienza decisamente diversa da quella che avevano avuto in mente Jacobs, Firor e Denton.

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Com'era diversa l'ambientazione: sempre fantasy medievale, certo, ma ispirato pesantemente alla mitologia arturiana, a quella norrena e a quella celtica. Nel mondo di Dark Age of Camelot, re Artù è morto e il suo regno si è spaccato in tre reami - Albion, Hibernia e Midgard - abitati da diverse razze più o meno umanoidi. L'idea delle tre fazioni era il cuore dell'intero gioco, per certi versi, perché su essa si fondava il gameplay Player Vs. Player che con Dark Age of Camelot assunse un nuovo nome: Realm Vs. Realm o, appunto, RvR. E ora sapete da dove proviene.

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Sì, Dark Age of Camelot proponeva ai giocatori missioni e PvE in abbondanza, ma soprattutto la Frontiera, un'area gigantesca dove si sviluppavano gli scontri veri e propri tra gli avatar degli utenti: lì i giocatori potevano accrescere non solo la potenza ma anche il prestigio del loro personaggio e del reame che rappresentava, sbloccando al contempo abilità particolari ed esclusive. Chiedete ai giocatori più attempati cosa ricordano, oggi, di Dark Age of Camelot, e quasi sicuramente non vi parleranno dei dungeon o del crafting, ma delle immense battaglie campali che coinvolgevano decine e decine di giocatori, assedi e scontri indimenticabili a tarda notte. A quei tempi non c'era un'alternativa altrettanto complessa per questo genere di esperienza, ed era lì che si concentravano tutti i videogiocatori che la cercavano. Non a caso il gioco vendette praticamente il doppio di quanto si era aspettata Mythic soltanto nei primi quattro giorni dal lancio, mantenendo più o meno costante il numero di utenti attivi e paganti (circa duecentocinquantamila) fino all'uscita dei suoi principali concorrenti qualche anno dopo, e cioè EverQuest II e World of Warcraft. Nel frattempo, però, Dark Age of Camelot avrebbe generato anche una nutrita serie di espansioni, cominciata nel 2002 con Shrouded Isles e finita nel 2006 con Labyrinth of the Minotaur, ampliandosi con nuovi dungeon, campi di battaglia, oggetti, missioni e storyline. Dark Age of Camelot è giocato ancora oggi, nonostante il numero di utenti sia ovviamente risicatissimo: la gestione è passata lo scorso febbraio a Broadsword Online Games. Matt Firor, nel frattempo, aveva lasciato Mythic Entertainment per fondare, prima, una società di consulenti chiamata Ultra Mega Games, e per unirsi poi al team di ZeniMax Online Studios in qualità di presidente: non è un caso se The Elder Scrolls Online, per molti aspetti, ricorda il suo capolavoro Dark Age of Camelot. E purtroppo Firor non fu l'unico a fiutare guai...

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La martellata finale

Uno degli elementi chiave per capire il tracollo di Mythic ve l'abbiamo già accennato, e nemmeno troppo tra le righe: Dark Age of Camelot non aveva incontrato nessuna resistenza alla sua uscita, e ci vollero un paio d'anni prima che Blizzard e Sony ricamassero sulle sue idee innovative per dare inizio a una nuova generazione di MMORPG mainstream. La storia la conoscete tutti: nel 2005 esce World of Warcraft e Vivendi, il publisher, comincia a tirar su i milioni, suscitando l'invidia di tantissime compagnie, tra le quali Electronic Arts. Cosa c'entra tutto questo con Mythic? Molto semplice. Mentre Dark Age of Camelot cominciava a perdere colpi, anche perché basato su una tecnologia ormai vecchia, lo sviluppatore di Fairfax si stava concentrando sul suo prossimo MMORPG, prendendo a modello la struttura del kolossal Blizzard in una specie di inversione di ruoli rispetto al passato.

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Il nuovo titolo si sarebbe basato sulla prestigiosa licenza di Warhammer e si sarebbe intitolato Warhammer Online: Age of Reckoning. Il piccolo problema era che nel 2006, l'uscita prevista nel 2007, non aveva ancora un publisher. Ed ecco che cosa c'entra Electronic Arts: il colosso californiano decise di acquistare Mythic Entertainment e di cambiarle nome in EA Mythic, modificandone parzialmente lo status quo. Jacobs sarebbe rimasto al timone della società con Denton come vicepresidente, e il loro obiettivo sarebbe dovuto essere quello di sfondare nel sempre più promettente mercato dei MMO con l'erede di Dark Age of Camelot che avrebbe dovuto schiacciare la concorrenza. Non ci riuscì. Warhammer Online fu lanciato con non pochi problemi che nel giro di qualche mese ribaltarono completamente l'opinione persino dei suoi sostenitori più sfegatati. Una volta Mark Jacobs disse che per capire se un MMORPG ha successo bisognava vedere se, a qualche mese dal lancio, venivano aggiunti altri server. Nel caso di Warhammer Online, i server invece diminuirono, finché non ne restò uno che fu chiuso poi nel 2013, quando il gioco cessò definitivamente la sua corsa. Sembrò quasi che a sviluppare Warhammer Online fosse stata un'altra azienda, perché dei punti di forza di Dark Age of Camelot non ne era rimasto neppure uno. Due fazioni invece di tre, zone RvR anonime che non generavano alcun senso di patriottismo, un'eccessiva enfasi sull'itemization e altre ingenuità che costarono a Mythic la sua reputazione. I server erano stabili come una sedia con tre gambe. E i bug... non parliamone nemmeno. Quello che cominciò a scalare contemporaneamente più e più mensilità in un colpo solo, svuotando i conti in banca dei giocatori a loro insaputa, resta probabilmente il più imbarazzante e nocivo bug nella storia dei videogiochi. Il quale, ovviamente, azzerò la fiducia dell'utenza nei confronti di Mythic.

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Tra il 2008 e il 2009 Electronic Arts aveva perso qualcosa come un miliardo di dollari: certo, non fu tutta colpa di Warhammer Online, ma con i suoi trecentomila utenti in caduta libera - contro i milioni di World of Warcraft - fu facile usare EA Mythic come capro espiatorio. La decisione presa dalle alte sfere fu quindi quella di fondere la società con un altro sviluppatore che Electronic Arts aveva acquistato da poco, e cioè la ben nota BioWare: la nuova divisione sarebbe stata capitanata da Ray Muzyka di BioWare e si sarebbe concentrata sullo sviluppo di RPG e MMORPG. A Mark Jacobs la cosa non piacque e, ufficialmente, fu lui a dare le dimissioni e a lasciare la società che aveva contribuito a fondare quattordici anni prima. Oppure fu allontanato dai capoccia di Electronic Arts, per nulla soddisfatti delle disastrose performance di Warhammer Online? Non lo sapremo mai. Sta di fatto che, con la nascita di BioWare Mythic, poi rinominata Mythic Entertainment nel 2012, qualcosa era tramontato per sempre. Lo studio lavorò a Warhammer Online: Wrath of Heroes, un MOBA ispirato ad Age of Reckoning che però non superò neppure la fase di beta, e poi allo spin-off di Ultima, intitolato Ultima Forever, e di Dungeon Keeper, entrambi per sistemi mobile. Titoli minori che non risollevarono la leggendaria società dal suo triste declino: l'agonia si è conclusa giusto il mese scorso, quando Electronic Arts ha chiuso gli uffici di Firefax, mettendo fine a una delle software house più influenti degli ultimi quindici anni.