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Storia di un’insalata di patate

Di come un'insalata di patate rischia di diventare un precedente scomodo per il mondo del crowdfunding

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   27/07/2014

Normalmente quando si esaminano i motivi d'insuccesso di una campagna di crowdfunding, su Kickstarter o su qualsiasi altro portale con funzioni simili, i bene informati vanno a esaminare la qualità della campagna stessa, soppesando il lavoro fatto sulla presentazione delle caratteristiche del progetto, il numero di aggiornamenti e la qualità degli stessi, la capacità del proponente di mantenere alto l'interesse e così via.

Il fascino indiscreto dell'insalata di patate
Il fascino indiscreto dell'insalata di patate

Negli ultimi anni, agli occhi di molti, la via del crowdfunding è diventata la via dell'oro, letta come un modo per svincolarsi dai sistemi produttivi tradizionali per affidarsi direttamente ai clienti, creature sacre e inviolabili nella nostra economia, pizie infallibili del progresso, unici in grado di vedere e indicare il futuro in questo logoro mondo immerso nell'oscurità. Ma un giorno è arrivata l'insalata di patate di Zack Danger Brown a cambiare la percezione del fenomeno, in realtà già messo in crisi da altri fatti poco edificanti di cui parleremo più avanti. Al momento di scrivere questo articolo, mancano ancora otto giorni alla fine della raccolta fondi che permetterà al buon Zack di cucinare la sua insalata di patate. Il nostro aveva chiesto una somma esigua per farcela: appena dieci dollari, ma attualmente ne ha ottenuti più di cinquantamila da quasi seimilacinquecento backer. Cosa avrò convinto tutte queste persone a dare soldi a Zack? Forse l'immagine stock di una buona insalata di patate usata come copertina? Oppure sono stati invogliati dalla descrizione del progetto? Leggiamola: "I'm making potato salad. Basically I'm just making potato salad. I haven't decided what kind yet." (Trad. Sto facendo un'insalata di patate. Sto semplicemente facendo un'insalata di patate, ma ancora non ho deciso quale.) Facile capire l'intento di questa campagna: farsi quattro risate.

Storia di un’insalata di patate

Il perché ci sembra abbastanza chiaro, oppure c'è bisogno di specificare che nessuno si farebbe finanziare la realizzazione di un'insalata di patate da dieci dollari? Eppure qui è avvenuto il corto circuito, perché lo scherzo si è trasformato in altro e nella campagna sono iniziati a fluire fiumi di dollari. Il successo ha portato all'emulazione e sui siti di crowdfunding sono iniziate ad apparire insalate di ogni tipo, tutte con richieste di finanziamento misere e, aggiungiamo noi, tutte intenzionate a sfruttare l'effetto simpatia suscitato da Zack e dalla sua insalata di patate. Se vogliamo fare subito un paragone che ci tornerà utile più tardi, lo stesso è accaduto nel mondo dei videogiochi con fenomeni come Goat Simulator o Rock Simulator 2014: più gli sviluppatori stessi denigravano il proprio lavoro, più la fama dei suddetti giochi cresceva, più era diventato inevitabile parlarne e trovarsi tra i piedi epigoni di ogni sorta. Addirittura, nel caso di Goat Simulator questo "lollare" si è tradotto in vendite per milioni di dollari e nell'arrivo del gioco nei negozi (ormai una rarità nel mondo PC).

Quali sono gli effetti di campagne Kickstarter dissennate come quella dell'insalata di patate?

Lo scherzo perenne

Il problema di questi "scherzi" è che in una società barbara, in senso antropologico, come la nostra finiscono per attivare immediatamente un perverso meccanismo di partecipazione e si trasformano in qualcosa di serio. Il consumatore, in questi casi, non paga perché crede nel progetto, ma perché vuole essere partecipe di quello che percepisce come un fenomeno. Quei soldi "regalati" sono come le faccine da troll che si mettono nei commenti o le battute cicliche riproposte ogni volta che si presentano fenomeni simili: delle provocazioni sterili. Per rubare una battuta al mondo dell'arte, il primo che ha pisciato su una tela era un'artista, il secondo uno che non è riuscito a trattenerla.

Storia di un’insalata di patate

Ora, gli analisti tentano di rendere situazioni del genere attraverso freddi dati e spiegazioni complesse. Noi ci abbiamo provato, ma più ragionavamo intorno all'insalata e più ci appariva l'immagine di un ragazzotto di media ricchezza e media cultura, che nella solitudine dell'apparecchio che usa per accedere alla rete, saltella annoiato tra un social network e un sito porno, imbattendosi per caso nella condivisione dell'insalata di patate di Zack Danger Brown. Dopo il click, il suo cervellino è costretto a considerare la cosa divertente, magari vede che altri ne parlano, bene o male poco importa in questo caso (l'insalata vive in un presente che non ammette futuro, se non nella sua digestione e defecazione, e di convesso non non ha neanche un passato). Molti altri. Come mai così tanti? Poco importa. Vede anche che qualcuno se la ride dopo aver offerto i suoi soldi all'illuminante progetto. La nostra cultura, fatta di condivisione globale, che è una pratica identitaria, l'urlare "io esisto" nella solitudine di una grotta da cui nessuno può sentirti, non gli consente l'unico sentimento positivo verso l'intera faccenda: l'indifferenza (gli dedicheremo il paragrafo finale). Il ragazzotto deve, in qualche modo, partecipare al fenomeno schierandosi. Non è una sua libertà, come molti vorrebbero credere, è un suo dovere. È l'accettazione passiva che un dato oggetto intorno a cui si concentra l'interesse sociale, anche solo per pochi giorni, merita quell'interesse a prescindere dalle qualità dell'oggetto stesso.
Il nostro ragazzotto, se non riesce ad astrarsi dal fenomeno, ha solo due possibilità: partecipare pagando, facendosi quindi alfiere della bontà dello scherzo, o partecipare criticando, cioè censurando il fenomeno, ma alzandolo comunque a un livello che non merita. Lo scherzo diventa il centro di un ragionamento collettivo che non ha vie d'uscita, se non l'esaurirsi delle onde che ha propagato, come fosse un sasso lanciato in uno stagno.

Digestione lenta

Esauritosi il fenomeno, dello stesso rimane poco se non alcune scorie, che vanno a proiettarsi pesantemente sull'intero sistema e la sua percezione: l'immensa risonanza mediatica di una delle tante insalate di patate che si sono alternate sulla scena nel corso degli anni, ha finito per coprire il suono più delicato di quei progetti che si sono dimostrati invece un successo e che, soprattutto, avevano senso in un contesto di crowdfunding.

Un gioco open world sviluppato con cinquecentomila dollari? Chi ci ha creduto?
Un gioco open world sviluppato con cinquecentomila dollari? Chi ci ha creduto?

Ad esempio in pochi sanno che esistono moltissime campagne umanitarie che raccolgono soldi con questo sistema, magari non offrendo nessuna ricompensa a chi paga, se non la possibilità di seguire l'evolversi della campagna stessa nei suoi effetti benefici. Insomma, il primo danno dell'insalata, intesa come allegoria di una più complessa serie di fenomeni collegati, non è l'aver sottratto risorse monetarie a progetti più meritevoli, ma averle oscurate con una cappa di stupidità virale. Il secondo effetto negativo, più grave perché si manifesta sul lungo periodo, è la distorsione della già citata percezione collettiva del crowdfunging. Chi conosce siti come Kickstarter sa come funzionano e conosce i rischi che si corrono investendo dei soldi nei vari progetti. Il problema è che il successo di alcuni di questi ha attirato numerosi nuovi "clienti", che danno i loro soldi pensando di preordinare un prodotto con il benefit di gadget molto fighi che in pochi altri potranno avere acquistandolo una volta arrivato sul mercato. Ovviamente non dovrebbe essere così, ossia va bene volere le ricompense, ma ci troviamo sempre di fronte a una forma d'investimento, che per sua natura presuppone la possibilità del fallimento, soprattutto se fatto verso progetti di persone o team con poca esperienza. Purtroppo molti backer, scottati da alcuni insuccessi, hanno iniziato a chiedere più tutele finendo per alterare e diffamare la funzione del crowdfunding stesso.

Storia di un’insalata di patate

Progetti impossibili

Prendiamo un caso molto recente. Il falimento Yogventures. Ora, ci dispiace affermarlo, ma il progetto faceva acqua da tutte le parti già solo leggendo la campagna Kickstarter. A molti di voi 250.000 dollari (obiettivo base) potranno sembrare molti, e sicuramente i 567.665 raccolti effettivamente vi sembreranno una cifra enormemente maggiore.

Storia di un’insalata di patate

Il problema è che ogni cifra va rapportata al progetto che deve finanziare, e, se con quei soldi è sicuramente possibile sviluppare videogiochi di qualità appartenenti a diversi generi, tra questi non figura quello degli open world, che per sua natura è costosissimo, visto che richiede un'immensa quantità di risorse grafiche e di programmazione delle varie meccaniche di gioco. Quantomeno non un open world dalle ambizioni di Yogventures. Facile, direte voi, fare affermazioni simili quando ormai la polvere si è posata. Certo, ma volendo è possibile fare lo stesso ragionamento per moltissimi altri progetti, tra i quali citiamo il recente Areal: davvero qualcuno dei backer ha pensato che con 50.000 dollari si potesse realizzare il seguito spirituale della serie S.T.A.L.K.E.R.? Suvvia, non scherziamo. Insomma, chi investe dovrebbe in primo luogo considerare la fattibilità del progetto su cui sta investendo. Se con quella cifra devi pagarci per più di un anno un team di dieci persone e sostenere tutti gli altri costi di produzione, come fai? Ecco, quando un team si presenta composto da così tanto personale e vi chiede un'inezia per realizzare lo sparatutto open world del secolo, potete dare per scontato il probabile fallimento, a meno che il progetto non sia già finanziato da altri e Kickstarter serva solo come piattaforma pubblicitaria.

La somma delle parti

Storia di un’insalata di patate

Comunque, torniamo a noi perché stiamo viaggiando lontano. È ora dell'aritmetica. Sommiamo il vociare nato intorno a progetti come quello dell'insalata di patate, al comportamento assurdo di quelli che l'hanno finanziata, alla rabbia di quelli che dopo aver dato dei soldi si sono ritrovati con il progetto fallito. Il risultato sarà la nascita di un grosso pregiudizio intorno al crowdfunding che non colpirà tanto chi già conosce il sistema, ma che farà da respingente a molti di quelli che vogliono avvicinarvisi per la prima volta, perché sarà difficile far capire che a fronte di una decina di fallimenti clamorosi e di qualche progetto infattibile, ci sono centinaia di idee più o meno interessanti da scoprire e alle quali dare fiducia. A pagare non saranno quindi le varie "insalate di patate", che avranno invece sempre il loro bel palco da cui esibirsi, e non saranno neanche quei cialtroni che pensano di poter fare ogni cosa senza averne le competenze (non è detto che un ottimo programmatore sappia anche gestire un progetto complesso su cui devono lavorare diverse persone. La coscienza dei propri limiti è il primo segno di saggezza), ma proprio i progetti più seri, che subiranno l'onta del prepotente pregiudizio e dovranno faticare il doppio per dimostrare le proprie qualità. Se ci pensate bene è successo qualcosa di molto simile con i già citati simulator: la fama e il successo, anche solo mediatico, di progetti insulsi hanno comportato la nascita di un pregiudizio gigantesco sull'intero genere, con persone che non avendone mai giocato uno, associano i vari Rock, Rage, Blue Screen of Death Simulator a titoli di ben altra caratura come i Farm Simulator, che hanno una loro precisa dimensione videoludica, nonché una grande dignità realizzativa. Così si è iniziato a connotare negativamente il termine "Simulator", quando in realtà di negativo non ha davvero nulla (è addirittura una delle parole fondanti dei videogiochi, storicamente nati come "simulazioni").

La soluzione è l’indifferenza

Come uscire da questa spirale rovinosa? In realtà esiste una sola soluzione: l'indifferenza. Badate bene, nessuno sta affermando che non sia lecito farsi una risata di fronte a uno che architetta una campagna su Kickstarter per cucinarsi un'insalata. Anzi, di nostro vi invitiamo a riderne di gusto.

Storia di un’insalata di patate

La parte difficile viene dopo la risata ed è la comprensione immediata della reale dimensione di ciò che si sta fruendo, che non merita né apprezzamenti, né rabbia, ma solo indifferenza. Dante tiene gli ignavi fuori dall'inferno, dal purgatorio e dal paradiso. Non li ignora completamente. Anzi, si ferma a osservarli e, per bocca di Virgilio, li descrive come coloro "che visser sanza 'nfamia e sanza lodo". Ecco, fare campagne contro o assecondare le insalate di patate significa dare loro un ruolo che non hanno e non avranno mai, per quando possano sembrare provocatorie. La condivisione, di qualsiasi tipo, è colpevole perché ne glorifica l'inutilità, diventandone la spessa cornice. Ci direte che anche se lo si incornicia, il nulla rimane tale. Certo, però gli si è consegnata l'illusione della forma, facendogli occupare uno spazio reale e contemporaneamente, si è rinunciato a dare la stessa dignità a qualcosa di magari più meritevole e degno di attenzione. Insomma, bisognerebbe iniziare a praticare la sana arte dell'indifferenza verso certe realtà, facendola diventare una regola di vita. Purtroppo non è così facile come sembra non ragionar di lor, ma guardare e passare.