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Zoe Quinn, il sesso e i misogini

La vita sessuale e affettiva di una sviluppatrice messa in piazza ha scatenato una guerra estiva di cui ancora non è stato dichiarato il cessate il fuoco

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   31/08/2014

"Guarda che è il caso dell'anno". Nelle descrizioni che ci erano state fatte per telefono sembravano esserci tutti gli ingredienti per una storia di grande impatto che mescolasse sesso, corruzione, etica del giornalismo e complotti sotterranei tra importanti operatori della scena indipendente videoludica.

Zoe Quinn, il sesso e i misogini

I protagonisti poi, come ignorarli? La sviluppatrice impegnata piena di nemici che già in passato era stata al centro di un caso di vessazioni pubbliche su internet a causa del suo lavoro. Una delle firme di punta di due testate di primissimo livello. La femminista impegnata che ogni volta che dice qualcosa scatena un putiferio nel mondo videoludico. Phil Fish (lui non ha bisogno di presentazioni). Lo youtuber di successo. E poi 4chan, associazioni benefiche varie, due jam in competizione tra loro, un noto sito di crowdfunding e una quantità impressionante di altri nomi che si sono accavallati nel comporre la storia, che pur nella sua frammentarietà e apparente mancanza di ogni soluzione di continuità, sembrava avere molte possibili fughe verso ambiti polemici tutti da esplorare. Insomma, il cosiddetto Quinnsgate sembrava avere tutti gli ingredienti giusti per cavarne fuori qualcosa di buono a livello giornalistico. E poi quelle parole "Il caso dell'anno...", come ignorarle? Bisognava solo ricostruire i fatti e capire cosa fosse effettivamente successo. Le fonti non mancavano certo e alcune conclusioni che giravano in rete erano davvero esplosive...

Il Quinnsgate è il caso dell'estate? Oppure è solo una grossa bolla creata da un gruppo di misogini?

La moneta sessuale

Se vivete in questo mondo da qualche anno, saprete sicuramente che il sesso è una moneta molto usata in scambi di diverso tipo.

Zoe Quinn, il sesso e i misogini

Oltretutto è corrente e scambiabile in tutto il globo, senza bisogno di agenzie di cambio, di banche, borse e così via. Spesso ci si imbatte in situazioni professionali compromesse dalla sfera sessuale/affettiva, agente prepotente capace di indirizzare scelte, far fallire realtà consolidate, annebbiare la capacità di giudizio e determinare squilibri di ogni tipo. Non è sempre così, ma dovreste avere abbastanza chiaro a cosa ci stiamo riferendo. Probabilmente è proprio perché come genere umano riconosciamo la forza della leva sessuale sugli individui, che è nata un'etica atta a sanzionare certi comportamenti. Pensateci bene: il giudizio morale nei riguardi del sesso è enormemente cambiato con il passare dei secoli, ma se a livello sociale c'è stata una maggiore apertura dei costumi, a livello professionale la condanna del dare/avere umorale è diventata sempre più stringente. Il motivo è molto semplice: quando si è impegnati in una relazione con una persona non si è in grado di giudicarla con la freddezza necessaria a un ambito lavorativo. Tanto più viene condannato l'uso consapevole del sesso per ottenere favori, ottenere ruoli in cui non si hanno competenze (o in cui se ne hanno meno di altri colleghi) o, come presumono alcuni per il caso oggetto dello speciale, giudizi positivi sulla propria opera.

Il Quinnsgate

L'accusa mossa a Zoe Quinn è molto precisa e molto grave: la sviluppatrice di Depression Quest si sarebbe concessa sessualmente al giornalista videoludico Nathan Grayson, firma di punta di Kotaku e Rock, Paper, Shotgun, per ottenere copertura per il suo gioco.

Zoe Quinn
Zoe Quinn

Da dove nasce un'affermazione simile? Da un lungo post del suo ex-fidanzato, Eron Gjoni, che ha rivelato i suoi tradimenti, quindi da un video che ha razionalizzato ed esplicitato le accuse. Ora, il racconto di tutta la faccenda finisce qui. Per scrivere questo articolo abbiamo letto il lunghissimo post di Gjoni, abbiamo visto il video, abbiamo scartabellato nella famigerata board /v/ di 4Chan, ci siamo letti con attenzione tutte le accuse, abbiamo visionato tutte le prove portate contro la donna e così via. Purtroppo, più prendevamo appunti, più ci sembrava di stare scrivendo un brutto e patetico romanzo d'appendice, pieno di nomi esotici come Wizardchan e The Fine Young Capitalists. Il problema è che tra Fish che accusa quelli di 4Chan e i videogiocatori in generale di essere degli stupratori, iniziative dei sessisti per negare le accuse di sessismo, patatine fritte e articoli cancellati per motivi misteriosi, ci stavamo perdendo per strada il nocciolo fondamentale della questione: c'è stata o no corruzione? Se non si riesce a rispondere a questa domanda, tutto il resto perde qualsiasi interesse e può essere catalogato nel gossip. Sinceramente evitiamo di raccontarvi i dettagli più piccanti emersi sulla vita della Quinn, così come sorvoliamo sulla guerra santa scatenata da 4Chan contro di lei. Non si tratterebbe di informazione, ma di fango gettato su di una persona su cui già ne è stato gettato abbastanza gratuitamente in tempi più o meno sospetti.

Questioni di coverage

Torniamo all'unica questione che ci interessa come sito d'informazione, ossia l'avvenuta corruzione o meno del nostro collega Grayson. Appena ci siamo resi conto di quanto tutta questa storia avesse deviato verso l'infantilismo, siamo andati alla ricerca degli unici oggetti che potessero fare luce sulla faccenda: gli articoli di Grayson su Depression Quest. Fate attenzione alle date.

Nathan Grayson
Nathan Grayson

Tra Kotaku e Rock, Paper, Shotgun, Grayson ha scritto un solo articolo in cui ha citato il gioco della Quinn, datato 31 marzo 2014. Si tratta del resoconto di un evento che ha coinvolto diversi sviluppatori indipendenti e i loro giochi, tra i quali Depression Quest, che viene citato appena due volte senza particolare enfasi. Per ammissione dello stesso Gjoni, arrivata qualche giorno dopo la pubblicazione del suo resoconto, la donna e Grayson avrebbero iniziato la loro relazione nell'Aprile 2014, ossia il mese successivo all'evento e alla pubblicazione dell'articolo. Certo, qualcuno potrà dire che la loro simpatia poteva essere nata prima, ma questo non dimostra niente, perché comunque il coverage di Grayson su Depression Quest rientra nel fisiologico (non poteva certo ignorare il gioco o fare finta che non esistesse, visto che la Quinn partecipava all'evento raccontato). Già questo basterebbe per smontare le accuse, ma c'è dell'altro da raccontare e non riguarda inseminazioni multiple. Depression Quest ha ricevuto l'attenzione della stampa specializzata in due occasioni precise: la prima quando Zoe Quinn è stata attaccata in modo molto violento per la pubblicazione su Greenlight (il servizio gestito da Valve che garantisce ai giochi più votati dalla comunità l'accesso a Steam), quindi dopo il Quinnsgate. Per il resto del gioco se ne è parlato davvero poco, sia quando uscì nel 2013 come browser game gratuito (non è stato possibile risalire a una data di pubblicazione precisa), sia quando è stato pubblicato su Steam l'11 agosto 2014, sempre in forma gratuita, nonostante l'accusa alla Quinn di voler sfruttare la morte per suicidio di Robin Williams, malato di depressione, come volano pubblicitario.

Zoe Quinn, il sesso e i misogini

Insomma, è un dato incontrovertibile che la pubblicità più efficace di Depression Quest sia stata fatta proprio dai suoi più acerrimi detrattori, che hanno compattato parte della comunità intorno alla Quinn proprio per come hanno condotto la loro battaglia colma di colpi bassissimi, come la diffusione di dati sensibili della donna e le minacce fisiche alla sua persona. Delusi? Purtroppo non c'è altro. Abbiamo cercato ovunque, ma a quanto pare questo enorme coverage ottenuto dalla Quinn in seguito a ripetuti accoppiamenti con Grayson non esiste in nessun luogo, virtuale o reale che sia. Nemmeno i segugi di 4chan sono riusciti a trovare nulla con le loro indagini a tappeto, immaginiamo molto più approfondite delle nostre, vista l'ossessione che hanno per il personaggio. Quindi si sono messi a tagliare in quattro ogni capello della Quinn, arrivando a partorire tesi assurde quanto spesso contraddittorie, che però non son riuscite a dimostrare nulla. Magari una certa antipatia del personaggio e la spregiudicatezza nel portare avanti le sue battaglie, ma niente di più.

Complottismo 2.0

Insomma, stabilito che né Grayson, né altri giornalisti videoludici hanno dedicato spazio ingiustificato a Depression Quest in seguito a favori sessuali, quindi che non c'è stata la corruzione tanto favoleggiata, di cosa dovrebbe parlare la stampa specializzata? O, meglio, di cosa avrebbe dovuto parlare? Perché ovviamente a finire sul banco degli imputati non sono stati solo la Quinn e Grayson, ma anche tutti quelli che non hanno affrontato il caso sui siti maggiori, dimostrando, secondo i cavalieri dell'apocalisse, di far parte di una cospirazione mondiale dei poteri forti videoludici che vuole proteggere la sviluppatrice e con lei il sistema tutto.

Anita Sarkeesian
Anita Sarkeesian

A parte che si tratta di una tesi ridicola solo a leggerla, in quanto presupporrebbe una gangbang della Quinn con l'intera stampa videoludica mondiale (oppure qualcuno pensa che Grayson possa influenzare l'industria tutta perché scrive su Kotaku?) cerchiamo di spiegare un po' la gravità della situazione. Accusare una persona di aver corrotto sessualmente un professionista per avere dei vantaggi, in assenza di prove concrete e verificabili assume lo stesso nome in tutto il mondo civilizzato: diffamazione. Come abbiamo dimostrato nel paragrafo precedente, la favoleggiata corruzione non esiste. Non si tratta di un'opinione, ma di un fatto, perché in caso contrario il beneficio ottenuto dalla Quinn, che ripetiamo dovrebbero essere degli articoli elogiativi di Depression Quest, non sarebbe celabile in nessun modo. Per i detrattori della Quinn la stampa specializzata avrebbe dovuto tirare fuori tutta la storia con lunghi speciali dedicati e farsi cassa di risonanza dello 'scandalo', appoggiando le tesi dell'accusa. Ovviamente gli articoli non sono stati scritti non perché in assenza di prove si sarebbe trattato semplicemente di mettere in pubblica piazza la vita sentimentale di una persona, ma perché siamo un branco di corrotti anche noi e qualcuno di molto potente vicino alla Quinn deve aver bloccato centinaia di siti in tutto il mondo, censurando giovani e valenti giornalisti videoludici, i quali altrimenti avrebbero volentieri raccontato quanto emerso dal post di Gjoni. Il fatto che, venuta a mancare la presunta corruzione, le abitudini sessuali della Quinn, di Grayson e di tutti gli altri attori coinvolti nella storia diventino semplici affari privati che non andrebbero discussi in pubblico, in nessun contesto giornalistico (magari nella sezione "Studio Aperto"...), non è passato per la mente dei giustizieri assetati di sangue, ancora adesso alla ricerca di un modo per recuperare un minimo di credibilità per aver ingigantito e fatto deragliare una faccenda che doveva riguardare solo la Quinn e Gjoni.

Eventi rotolanti nel nulla

L'aspro intervento di Phil Fish, che ha portato al presunto defacciamento del suo sito, con successiva rabbia del noto sviluppatore e messa in vendita di Polytron e della proprietà intellettuale di FEZ. La solidarietà ricevuta dalla Sarkeesian che ha scatenato altre polemiche riguardo al femminismo integralista nei videogiochi. Il patetico tentativo di salvare la faccia al mondo ruotante intorno a 4Chan, con l'iniziativa di un gruppo chiamato The Fine Young Capitalists che ha lanciato una campagna su IndieGoGo per favorire l'ingresso delle donne nello sviluppo dei videogiochi al grido di "noi non siamo sessisti".

Phil Fish
Phil Fish

La ricerca di collegamenti tra giornalisti di settore e sviluppatori, che ha fatto scoprire, pensate un po', come alcuni di noi abbiano finanziato dei progetti sui siti di crowdfunding, tipo Kickstarter, agire che non ci renderebbe sereni nei nostri giudizi (recensire ciò che si paga, dove andremo a finire?), con la conseguenza che Kotaku ha vietato a qualunque collaboratore di offrire soldi su Patreon, più per placare le polemiche strumentali che come ammissione di colpa. Insomma, tutto quello che è avvenuto dopo la pubblicazione del post di Gjoni, in mancanza dell'indimostrata e indimostrabile corruzione sessuale, assume l'aspetto grottesco di un bombardamento contro la Quinn premeditato da tempo, che aveva solo bisogno di un "casus belli" adeguato per essere lanciato; bombardamento nato dal rifiuto di ritirare definitivamente Depression Quest da Greenlight, come chiesto da alcuni che all'epoca affermarono che le donne non sono in grado di capire e rappresentare la depressione (questo come lo si può chiamare?). Quella piccola scaramuccia le aveva fruttato parecchi nemici già nel 2013, quindi prima di tutta questa faccenda, ed è da allora che sono iniziate le persecuzioni ai suoi danni, sfociate in quella che agli occhi di alcuni sociopatici con un sacco di tempo libero a disposizione è dovuta sembrare la possibilità di avviare una battaglia campale per abbattere definitivamente i due nemici più odiati del momento: le donne che parlano di sessismo nei videogiochi e i giornalisti videoludici.

La vittoria della paranoia

Purtroppo qualcosa rimane. Esaminando tutta la faccenda è chiaro come il Quinnsgate non sia altro che un attacco politico verso una persona che una certa ala oltranzista del mondo videoludico percepisce come un nemico da abbattere. Scrivendo queste righe non vogliamo sancire l'intoccabilità sua o della Sarkeesian o di Phil Fish, ma stabilire una serie di principi di massima che dovrebbero valere in qualsiasi ambito.

Zoe Quinn, il sesso e i misogini

Usare la vita sessuale di Zoe Quinn o di chiunque altro per creare un caso, ricorda quanto accadeva (e accade) nei regimi dittatoriali, in cui per eliminare gli avversari o le persone scomode le si faceva e le si fa passare per pazze o per pervertite. Certamente qui ci troviamo di fronte a un fatto di portata minore, ma gli esseri umani sono sempre gli stessi, siano essi dei feroci dittatori, siano essi dei ragazzi marginalizzati dall'allargamento del mercato di un medium che percepivano come cosa loro e di cui non accettano i cambiamenti già avvenuti e quelli in atto. Con questo non vi stiamo invitando ad abbassare la guardia e ad accettare supinamente ogni deriva dell'industria videoludica in particolare, o della società in generale. Anzi, mantenere saldi alcuni principi permette di rendere più forti le proprie obiezioni e di dare un valore diverso alle proprie tesi. Ma quelli che si sono coalizzati contro la Quinn ricordano molto quei gruppi radicali che si immolano in nome di divinità, partiti politici o quant'altro, mirando non tanto a far capire la validità delle proprie tesi, quanto a distruggere l'avversario con ogni mezzo, anche illecito, lì dove si sbatte contro la difficoltà di penetrazione delle proprie idee. Cosa rimane, quindi? Intanto la percezione che qualcosa sia cambiato e che il mondo dei videogiochi non sia più quell'isola felice che era un tempo, in cui anche gli scambi più accesi su questo o quel gioco si spegnevano al versarsi di una birra e in cui i conflitti si combattevano di fronte a qualche picchiaduro, non certo sui social network. Il Quinnsgate purtroppo, è politica nella peggiore accezione del termine, perché radicalizza le posizioni in campo trasformandole in atti di fede e in ripicche tra fazioni, più che in spunti critici di riflessione. Per questo, nonostante ogni possibile analisi razionale renda chiarissimo quello che è successo, in molti soggetti in cerca di facili consolazioni per la loro esistenza rimarrà latente il tarlo che qualcosa sotto ci sia comunque, e ogni sbattere di porta sarà letto come un tentativo di insabbiamento o di difesa dell'esistente, comunque percepito come marcio. Insomma, il seme della paranoia è stato gettato e lì dove troverà terreno fertile crescerà e darà i suoi frutti.