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Full Throttle - Che fine hanno fatto?

Distribuita da LucasArts nel 1995 e ideata dal genio di Tim Schafer, l'avventura della banda dei Polecats non ha trovato seguito.

RUBRICA di Massimo Reina   —   04/04/2015

Che fine hanno fatto... è una rubrica a cadenza regolare che cerca di riportare alla luce quei franchise che per un motivo o per un altro sono caduti un po' nel dimenticatoio, raccontandone la storia, con la speranza di rivederli prima o poi sui nostri schermi.

Di Tim Schafer abbiamo tessuto le lodi più e più volte su queste pagine, definendolo come un autentico genio del settore videoludico. D'altronde gettando uno sguardo al suo curriculum, dove può vantare tra le altre cose il lavoro su alcune delle migliori avventure punta e clicca della storia, da The Secret of Monkey Island, di cui il nostro scrisse gran parte dei testi insieme a Dave Grossman, allo splendido Grim Fandango fino a Full Throttle, non si può non riconoscerne il talento. Proprio Full Throttle è stata probabilmente l'avventura un po' meno riuscita di Schafer, ma al contempo quella che più di ogni altra ha segnato a suo modo una svolta nelle produzioni di LucasArts. Rispetto alle classiche opere della compagnia fondata da George Lucas, infatti, il titolo presentava toni più seriosi, ed era impregnato da una inusuale dose di violenza e cinismo. E questo nonostante al team di Schafer fossero state imposte alcune limitazioni da LucasArts, cosa che portò per esempio a scartare dal gioco una sequenza nella quale il protagonista, dopo aver ingerito un peyote, viveva una vera e propria esperienza psichedelica (l'idea verrà riutilizzata poi dal game designer nel suo successivo Psychonauts).

Che fine ha fatto Full Throttle, una delle avventura grafiche più controverse sviluppate da Tim Schafer?

Curiosità

Ben è il protagonista assoluto dell'avventura, ma nel gioco non ne viene mai citato il cognome, menzionato invece nel manuale come Whatsisname, probabilmente inventato dopo il completamento del gioco. Tim Schafer affermò infatti che il personaggio avrebbe dovuto chiamarsi Ben Throttle, ma che fu costretto a eliminare questo cognome in fase di sviluppo per paura di un'azione legale da parte dei produttori di Biker Mice from Mars, che aveva nel cast un personaggio chiamato Throttle.

Born to be wild

Ma non erano solo le tematiche o certe situazioni "adulte" a differenziare il prodotto da titoli come The Secret of Monkey Island. Proprio Ben, il protagonista di cui potete leggere qualche dettaglio in più nel box qui di fianco, nulla aveva a che vedere con personaggi come il timido e imbranato Guybrush. Anzi, a dirla tutta ne era praticamente l'opposto: tosto, sicuro di sé, non disdegnava di usare le maniere forti per venire a capo di certe situazioni, e perfino di uccidere qualche cattivo. D'altronde la storia omaggiava a suo modo le atmosfere "on the road" di pellicole cinematografiche come Easy Rider, ma anche quelle di film ambientati in un futuro distopico alla Mad Max e lo stile di vita anticonvenzionale dei membri delle bande motociclistiche americane. Nel dettaglio, la trama raccontava di Ben e della sua gang di biker chiamata Polecats, che a seguito di una serie di eventi venivano ingiustamente accusati del brutale omicidio del presidente della Corley Motors, la più importante azienda locale produttrice di moto, tale Malcolm Corley.

Full Throttle - Che fine hanno fatto?
Full Throttle - Che fine hanno fatto?

In realtà a compiere l'assassinio era stato il vicepresidente della società, Adrian Ripburger, desideroso di prenderne in mano le redini per avviare la produzione di altri tipi di vetture. I membri dei Polecats venivano quindi incastrati e arrestati, mentre Ben, che era stato messo KO dagli scagnozzi di Ripburger e abbandonato dentro ad un cassonetto dell'immondizia prima dell'atto criminale, veniva dato per latitante. Per l'uomo iniziava così una lunga fuga attraverso il deserto per sfuggire alla polizia e alle gang rivali, ma anche una lotta disperata per cercare di riabilitare il proprio nome, salvare la sua banda e impedire che i piani di Ripburger giungessero a compimento. Full Throttle era un po' differente rispetto ad altre avventure grafiche punta e clicca di LucasArts anche per alcune meccaniche. Per esempio vantava delle fasi arcade caratterizzate da combattimenti con altri motociclisti lungo le strade a bordo del motore, sfruttando il mouse per impartire i comandi. Un'altra novità era costituita poi dall'introduzione di un nuovo tipo di interfaccia (utilizzata in appresso anche in La maledizione di Monkey Island) che di fatto "eliminava" dallo schermo la presenza fissa della lista delle azioni che il protagonista poteva compiere e l'inventario. Entrambi si potevano quindi richiamare tenendo premuto il pulsante sinistro del mouse in prossimità o sopra un oggetto con cui era possibile interagire. A quel punto in video apriva appariva in sovrimpressione un menu raffigurante un tatuaggio, attraverso il quale era possibile selezionare le azioni da far eseguire a Ben. Allo stesso modo, per visualizzare l'inventario era sufficiente premere il tasto destro. Per quanto concerne la parte tecnologica, Full Throttle utilizzava il motore grafico proprietario INSANE e la versione 7 del famoso linguaggio di scripting chiamato SCUMM, creato da LucasArts quando ancora si chiamava Lucasfilm Games (dal 1982 fino agli inizi degli anni '90). Il risultato fu un prodotto visivamente curato per l'epoca, soprattutto a livello di cutscene, presenti in gran numero, con un buona caratterizzazione estetica dei personaggi e un adeguato numero di animazioni a renderne più naturali i movimenti. Anche se a spiccare maggiormente fu probabilmente la parte audio: in tal senso Full Throttle, distribuito su CD-ROM, presentava una bella colonna sonora rockeggiante e un doppiaggio di ottima fattura, che vantava nella versione originale le voci di professionisti del calibro del compianto Roy Conrad (Ben), Kath Soucie (Maureen), la Cooke di Lost Odyssey, e quelle di Maurice LaMarche (Nestor), la futura voce di Kif Kroker in Futurama, e Mark Hamill (Ripburger), l'attore che interpretò Luke Skywalker nella saga di Star Wars. In Italia Full Throttle venne importato da C.T.O. che lo fece uscire prima in una versione preliminare in inglese, e successivamente in un'edizione doppiata e sottotitolata in italiano.

Full Throttle - Che fine hanno fatto?

I seguiti mai completati

Full Throttle - Che fine hanno fatto?

Per queste ragioni, nonostante fosse stato "accusato" di essere un po' troppo lineare, corto e limitato in alcuni aspetti, visto che ad esempio non consentiva agli utenti di combinare gli oggetti dell'inventario tra loro, il gioco ricevette generalmente giudizi positivi dalla critica e dal pubblico, che col tempo l'ha poi eletto come uno dei titoli cult tra le avventure LucasArts. Quest'ultima era tra l'altro decisa a sviluppare un seguito del gioco, su PC e pare PlayStation 2, e per ben due volte provò a finanziare un progetto. Il primo, chiamato Full Throttle II: Payback, era stato affidato a Larry Ahern come project lead, e a William Tiller come direttore artistico, dopo che Schafer aveva lasciato la compagnia. La storia sarebbe ripartita da Ben e dalla sua gang, questa volta alle prese con un Governatore ostile, il tentativo di difendere Father Torque minacciato di morte, e nuove bande rivali. Ma mentre lo sviluppo procedeva spedito raccogliendo tra l'altro feedback positivi fra gli altri dipendenti di LucasArts, il gioco venne inspiegabilmente cancellato dai vertici dell'azienda nel novembre del 2000. Secondo Tiller, che assieme ad Ahern lasciò l'azienda dopo questa vicenda, la causa dello stop sarebbe da attribuire ad una serie di disaccordi interni sullo sviluppo tra il suo team e un personaggio "influente" in seno alla dirigenza.

Full Throttle - Che fine hanno fatto?

Un secondo tentativo venne allora compiuto nel 2002, quando venne annunciato Full Throttle: Hell on Wheels, progetto affidato questa volta al veterano Sean Clark, designer di giochi del calibro di Sam & Max Hit the Road e Fuga da Monkey Island, e a un nuovo gruppo di sviluppatori. Il prodotto era in lavorazione per PC, PlayStation 2 e Xbox, avrebbe dovuto presentare una nuova grafica 3D, una storia differente rispetto a Payback, e un cambio radicale nel gameplay, più incentrato sull'azione e sui combattimenti corpo a corpo con tanto di combo e armi (ne erano state previste addirittura una quarantina). Anche questa produzione procedette abbastanza spedita, e addirittura all'E3 del 2003 fu mostrata pure una demo giocabile. Ma poche settimane dopo l'evento di Los Angeles anche questo sequel venne cancellato da LucasArts, ufficialmente perché l'azienda non era soddisfatta della qualità generale dell'opera, soprattutto dal punto di vista estetico, e non la riteneva quindi meritevole di pubblicazione. Di fatto con questa mossa LucasArts scriveva probabilmente la parola fine sul franchise: fare abortire due progetti su una serie a distanza di pochi anni l'uno dall'altro, e dopo averci speso tempo e denaro, lascia probabilmente poche speranze alle possibilità che un giorno a qualcuno dei dirigenti dell'azienda possa venir voglia di tentare l'operazione per una terza volta. Ma siccome noi rimaniamo degli inguaribili sognatori, incrociamo sempre le dita e rimaniamo seduti in attesa, speranzosi che un giorno, in lontananza, i fan di Ben e dei Polecats possano risentire il rombo di un motore, e vedere spuntare all'orizzonte la sagoma di un grosso veicolo a due ruote Coguidato da un mascellone col giubbotto di pelle.

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