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È l’ora della rivoluzione

Siamo volati a Nottingham per provare in esclusiva Homefront: The Revolution, un seguito che dopo mille peripezie è finalmente diventato realtà

PROVATO di Mattia Comba   —   04/08/2015

Ci sono proprietà intellettuali che nonostante un debutto incoraggiante rimangono incastrate in un limbo inaccessibile senza che se ne sappia più nulla per anni. Una di queste è sicuramente Homefront che dopo aver dimostrato un certo potenziale è caduta nel dimenticatoio e quando hanno cercato più volte di rimetterla in carreggiata si è scontrata con diversi problemi finanziari, ora del publisher ora dello sviluppatore. La ricezione altalenante della stampa si è poi trasformata in un disinteresse generale del pubblico che nonostante una campagna ben strutturata dal punto di vista narrativo e il corposo comparto multiplayer non ha dato fiducia al lavoro di Kaos Studios, che ha patito perdite considerevoli aggravando ulteriormente la situazione finanziaria di THQ. E già, Homefront è uno di quei franchise coinvolti nella bancarotta del publisher statunitense, che dopo averne ufficializzato il seguito nel settembre 2011, vendette tutto a Crytek due anni più tardi.

È l’ora della rivoluzione

L'azienda teutonica mise al lavoro sul titolo il team interno di Crytek UK responsabile del multiplayer di Crysis 2 e Crysis 3, che rivoluzionò completamente il progetto iniziale di THQ optando per un parziale reboot a livello narrativo e una struttura votata completamente all'open world, lasciandosi alle spalle la campagna lineare e super scriptata del primo capitolo. Tutto sembrava filare liscio, con Crytek che aveva trovato in Deep Silver il partner ideale per pubblicare Homefront: The Revolution e la presenza all'E3 2014 che finalmente mostrava al mondo le potenzialità del nuovo capitolo. Tuttavia, in meno di un mese tutto cambiò nuovamente con Crytek in grossi problemi economici e numerosi componenti di spicco del team di sviluppo che lasciarono il progetto. Homefront: The Revolution allora passò a Koch Media, proprietaria di Deep Silver, che a Nottingham fondò il team interno Dambuster Studios assumendo parte degli sviluppatori già al lavoro sul titolo, tra cui il game director Hasit Zala. Dopo anni passati in balia degli eventi, la GamesCom 2015 è finalmente il momento per toccare con mano Homefront: The Revolution, ma noi abbiamo avuto la possibilità di volare in esclusiva direttamente nella sede di Dambuster Studios, per una prova approfondita in compagnia degli sviluppatori.

Dopo rinvii e due cambi di publisher, abbiamo finalmente provato in esclusiva Homefront: The Revolution

Welcome to Philly

"Non tutto il male vien per nuocere. In tutti questi mesi di lavoro falcidiati da problemi economici e finanziari, nonostante lo stress e la tensione accumulati per il passaggio di publisher e la creazione di questa nuova software house, abbiamo avuto la possibilità di lavorare in modo approfondito sul gioco, rivoluzionandone le fondamenta, sviluppando nuove tecnologie e studiando a fondo le console di nuova generazione per sfruttarle al meglio". Sono queste le parole con cui ci ha accolto a Nottingham Hasit Zala, game director di Homefront: The Revolution, un uomo che sicuramente preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno. Senza ulteriori indugi ha iniziato a raccontarci delle idee alla base del nuovo titolo. La narrazione con al centro l'invasione degli Stati Uniti da parte delle due Coree unificate, fu uno degli aspetti più affascinanti e riusciti del single player di Homefront, ripreso in parte anche in questo capitolo ma con un cast e un'ambientazione completamente nuovi. Adesso siamo nel 2029, a quattro anni dall'inizio dell'invasione coreana e a due dagli eventi del primo capitolo, a Philadelphia, città importantissima al centro della Rivoluzione Americana, nella cui Independence Hall sono state firmate la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America nonché la Costituzione degli States.

È l’ora della rivoluzione
È l’ora della rivoluzione

Dopo gli eventi del 2027 gli equilibri sono cambiati, con i coreani che persa la battaglia di San Francisco hanno lasciato gli stati occidentali per ripiegare a est, facendo proprio della capitale della Pennsylvania il loro quartier generale. L'invasione dell'esercito coreano non ha portato altro che oppressione, violenza e morte in città, costringendo i civili ad abbandonare molti quartieri residenziali per rintanarsi stipati nei ghetti a patire la fame e vivere in condizioni di degrado e povertà sorvegliati a vista dall'esercito nemico. Qui nasce la seconda ribellione, capitanata da Ethan Brady, il protagonista di The Revolution che con un manipolo di compagni cercherà in tutti i modi di liberare Philadelphia e i suoi cittadini dal KPA (Korean People's Army), fermando l'invasione. Essendo un open world, a differenza del primo capitolo, qui la città assume una rilevanza fondamentale non solamente dal punto di vista narrativo, ma anche per il gameplay. Seguendo una struttura abbastanza standard, Philly è stata divisa in tre zone a cui corrispondono differenti livelli di sorveglianza. La più esterna è la rossa, già distrutta dalla guerra e praticamente inabitabile; proseguendo c'è la zona gialla che corrisponde al ghetto dove vengono stipati i civili e dove si organizza la rivoluzione per arrivare poi nel centro città con la zone verde, dove hanno sede il municipio e il quartier generale dei coreani. Più ci si avvicina al centro di potere e minore sarà la possibilità di gironzolare in libertà, con ogni zona divisa in numerosi distretti da conquistare prendendo il controllo delle antenne radio e tagliando l'esercito dalla rete di comunicazione. In maniera del tutto analoga a quanto visto in Assassin's Creed o in Far Cry, appropriarsi dei punti di controllo permette alla resistenza di avanzare in città riprendendosi man mano le strade e costringendo i nemici a ritirarsi verso il centro. Da una parte più zone vengono liberate e più cittadini si uniranno dalla rivoluzione, ma dall'altra i presidi restanti tenderanno a rafforzarsi e intensificare le difese, aumentando progressivamente la difficoltà nel proseguo dell'avventura. Questa potrà anche essere giocata in coop, ma non abbiamo avuto informazioni più dettagliate a riguardo.

Libertà d’iniziativa

Purtroppo avendo avuto a disposizione solamente una piccola porzione della mappa per la nostraprova non abbiamo potuto addentrarci nell'esplorazione di Philadelphia ma, pad alla mano, l'idea alla base del gameplay di Homefront: The Revolution è piuttosto interessante: tutto ruota attorno a una guerra asimmetrica dove un gruppo di persone comuni senza un addestramento militare adeguato, si ritrova a fronteggiare un esercito altamente organizzato che può fare affidamento su armi di qualunque tipo, munizioni, veicoli aerei e terrestri, ma anche su scanner, telecamere e droni per sorvegliare le strade e individuare i rivoltosi. Una situazione decisamente impari che costringe Ethan e compagnia ad organizzarsi di conseguenza, pianificando attacchi a sorpresa veloci e precisi evitando il più possibile lo scontro frontale, perso in partenza vista la differenza di armamentario. Al di là di una motocicletta da utilizzare per spostarsi velocemente tra una zona e l'altra della città e un ristretto arsenale, la resistenza non avrà mai a disposizione droni, mezzi corazzati o armi avanzate, costretta costantemente a fare i conti con la penuria di munizioni senza ritrovarsi mai in vantaggio rispetto al nemico, neanche nelle fasi più avanzate del gioco, stando a quanto dichiarato dagli sviluppatori.

È l’ora della rivoluzione
È l’ora della rivoluzione

Durante la nostra prova su Xbox One è effettivamente emerso questo sbilanciamento calcolato delle parti in causa, mettendo in luce un gameplay solido che punta tutto sulla libertà d'approccio insita nella struttura open world di The Revolution. Nella missione provata, ad esempio, ci siamo ritrovati con Ethan e un manipolo di compagni impegnati a distruggere un convoglio coreano per liberare le strade e permettere alla resistenza di avanzare nella riconquista della città. Distruggere un mezzo blindato dotato di torretta mitragliatrice e uccidere i sei soldati al seguito, rientra perfettamente nel concetto di guerra asimmetrica, ma per avere la meglio ci è bastato fargli cadere addosso un gruppo di bidoni esplosivi piazzati astutamente dagli sviluppatori su un balcone sopra la strada. Una volta distrutto il blindato, è stato poi molto più facile fare fuori tutti gli altri. Successivamente abbiamo proseguito verso il secondo obiettivo, provando più approcci che si sono rivelati infruttuosi. Studiare l'ambientazione, il posizionamento e gli schemi di movimento di droni e soldati, ma soprattutto fare affidamento su tutte le armi a disposizione è fondamentale per pianificare una strategia adeguata e finire il combattimento il prima possibile portando a casa la pelle. Oltre ai classici fucile e pistola, abbiamo un balestra per uccisioni silenziose, granate classiche e incendiarie, esplosivo al plastico da attaccare ai veicoli e detonare a distanza, un dispositivo di hacking che permette di prendere il controllo dei veicoli per un breve lasso di tempo e una macchinina telecomandata da utilizzare per distrarre i nemici o ucciderli facendola esplodere. Insomma, una dotazione piuttosto varia che andrà migliorata col passare delle missioni e permette di affrontare gli scontri in modo differente, puntando ora sullo stealth, ora sull'attacco frontale, garantendo varietà e divertimento soprattutto a fronte di una difficoltà maggiore della media che speriamo permanga fino alla release finale. Un paio di colpi e ti ritrovi per terra a rantolare, e per recuperare non basta acquattarsi dietro a un riparo ma occorre utilizzare i medipack, invero piuttosto scarsi nell'ambientazione così come le munizioni con cui riempire i caricatori.

Riprendersi la città

Il punto è adottare differenti stili di gioco, studiare prima l'ambientazione e non buttarsi a testa bassa in qualsiasi situazione, perché le cose tendono a precipitare velocemente una volta che si viene individuati. Per via di droni, elicotteri, telecamere e quant'altro basta poco per trovarsi circondati dai soldati del KPA con ulteriori rinforzi in arrivo, e l'unica cosa da fare rimane darsela a gambe per tornare all'attacco una volta riorganizzati. In tal senso, emerge l'importanza dell'ambientazione cittadina, fitta di strade, vicoli, edifici abbandonati e semidistrutti dove trovare riparo durante gli scontri e nascondersi per non essere visti. In pieno stile open world, Philadelphia assume quindi un'importanza palpabile, essenziale e necessaria per concretizzare tutte le potenzialità di Homefront: The Revolution, il cui successo passerà sicuramente attraverso la vita e i pericoli nei quartieri della metropoli americana.

È l’ora della rivoluzione
È l’ora della rivoluzione

Visivamente il risultato del lavoro fatto dai ragazzi di Dambuster Studios con il CryEngine 3 è molto positivo, sebbene ancora sporco e bisognoso di ottimizzazione sopratutto sul lato del frame rate. Ambientazione e modelli poligonali dei protagonisti sono tutti molto curati e dettagliati, con quest'ultimi realizzati utilizzando la tecnologia FaceScan che scatta 12 fotografie in contemporanea da angolazioni differenti dello stesso soggetto, dalle quali si passa alla renderizzazione da parte degli artisti che si occuperanno poi dei movimenti e dell'espressività di ognuno. Il risultato, soprattutto per i personaggi principali, è notevole, alla pari di quello della città. Sebbene non vi sia una riproduzione uno a uno, gli sviluppatori hanno speso giornate intere a vagare per la capitale della Pennsylvania scattando foto a edifici e monumenti più importanti, riprodotti fedelmente a partire dalla Independence Hall diventata quartier generale degli invasori. Essendo per la maggior parte ex Crytek, i programmatori si sono cimentati nello sviluppo di alcune feature specifiche relative ad effetti particellari e volumetrici per nebbia ed esplosioni che hanno fatto bella mostra di sé anche nel nostro breve provato. Abbiamo iniziato la missione durante un temporale che si è progressivamente placato lasciano spazio a un timido sole sbucato al diradarsi delle nubi, il tutto in real time. Contestualmente le pozzanghere in strada hanno iniziato ad asciugarsi, la luce solare ha giocato a nostro sfavore rendendoci più visibili e i piccoli droni di sorveglianza sono tornati a volare una volta passata la pioggia torrenziale. Oltre al meteo dinamico ci sarà anche il ciclo giorno/notte, e anch'esso avrà implicazioni dirette sul gameplay: ad esempio possiamo aspettare il calar delle tenebre per iniziare una specifica missione aumentando le nostre chance di non essere visti dei soldati nemici di ronda. Anche per quanto riguarda il mondo di gioco le variabili da considerare sono quindi molteplici e ampliano ulteriormente il ventaglio di possibilità offerte al giocatore, lasciandoci ben sperare per un ritorno in grande stile di una serie che all'esordio non riuscì a far breccia nel cuori dei videogiocatori.

CERTEZZE

  • Tante possibilità di approccio per ogni missione
  • Occorre pianificare ogni attacco
  • Ciclo giorno/notte e meteo dinamico aumentano le possibilità
  • Visivamente molto bello...

DUBBI

  • ...anche se necessita ancora di pulizia
  • Frame rate ballerino
  • La narrazione rimane un'incognita
  • Dinamiche cooperative da verificare