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Più spietato di Alien

Niente seguiti per Alien: Isolation: il mercato ha ucciso l'alieno?

SPECIALE di Simone Tagliaferri   —   04/10/2015

Ha destato una certa impressione la dichiarazione di Tim Heaton, il director di Creative Assembly, sull'improbabilità di realizzare un seguito di Alien: Isolation a causa delle scarse vendite. Molti sono rimasti stupiti di come 2,1 milioni di copie non siano bastate per dare forza al titolo, altri si sono chiesti più polemicamente quanto si aspettassero di vendere da un horror in prima persona, visto che il genere piace, ma non alle grandi masse di videogiocatori (su questo torneremo più avanti). Si tratta sicuramente di considerazioni interessanti, ma che da sole non permettono di cogliere l'ordine di grandezza reale della questione sollevata da un successo apparente, diventato improvvisamente l'ennesimo segno della crisi del mercato tripla A, settore che forse troverà un po' di requie nel 2016 e nel 2017, quando Xbox One e PlayStation 4 raggiungeranno il picco previsto di giocatori attivi. Partiamo da una singola frase di Heaton, una di quelle che non spicca, ma che merita attenzione pur nella sua apparente banalità: "Realizzare giochi AAA per console è dannatamente difficile." Cos'ha di rilevante, vi starete chiedendo? Be', il capo di uno studio prestigioso come Creative Assembly, che ha decine di titoli di grosso calibro al suo attivo definisce "difficile" lo sviluppo dei videogiochi tripla A. Capiamoci bene: niente che non possa affermare anche l'ultimo degli sviluppatori ma, uscita dalla sua bocca, quella frase suona come un campanello d'allarme che dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore il mondo dei videogiochi. Insomma, quali sono le barriere d'ingresso, soprattutto economiche, per la realizzazione di un tripla A? Quali sono gli investimenti minimi necessari per realizzare un prodotto che sia competitivo sul mercato core? Più di due milioni di copie vendute, cifra che avrebbe sancito il successo di un qualunque titolo della generazione PlayStation 2/Xbox e dei primi titoli della generazione successiva, non bastano più. Di che mercato stiamo parlando?

Alien: Isolation vende 2,1 milioni di copie fallendo i suoi obiettivi. Che ci dice sul mercato attuale?

Mercato sommerso

Il lungo resoconto di Matthew Handrahan da cui è stata estratta la dichiarazione di Heaton andrebbe letto nella sua interezza da chiunque voglia capirne qualcosa di più dell'industria dei videogiochi. Non contiene solo dei dettagli interessantissimi sulla situazione economica di Sega, che spiega il perché di certe scelte, ma anche il racconto di come è cambiata l'industria e del perché alcuni modelli di business sono diventati predominanti e hanno iniziato ad attirare tanti investimenti.

Football Manager: 1 copia originale per 10 pirata
Football Manager: 1 copia originale per 10 pirata

Ad esempio, spiegando come Sega stia provando a raggiungere tutti i tipi di pubblico, Jurgen Post, il COO di Sega Europe, ha anche svelato il perché della diffusione a macchia d'olio del modello free-to-play: "Dovunque siate e qualsiasi siano le vostre esigenze di gioco, vogliamo offrirvi titoli su misura. Per ogni copia di Football Manager venduta, sappiamo che dieci vengono copiate illegalmente. Un potenziale di dieci milioni di unità vendute potrebbe essere di cento milioni di unità... [i pirati] giocano e vogliono videogiochi, quindi se glieli regali magari riesci a convincerli a spendere soldi nelle microtransazioni". Parafrasiamo: il mercato free-to-play è nato (anche) come compensazione dell'eccesso di pirateria, ossia è un modo per provare a catturare un vastissimo pubblico che vuole giocare, ma non acquista giochi a prezzo pieno. Anzi, non li acquista e basta. Preferisce copiarli e non ci sono politiche di prezzo che tengano. Preveniamo: sì, Steam ha leggermente migliorato la situazione, ma non al punto da estinguere il problema. E badate bene che non stiamo parlando di un publisher che snobba il PC, perché attualmente la divisione europea di Sega fonda la quasi interezza del suo business proprio su questa piattaforma (pensate a Relic, oltre alla già citata Creative Assembly). Insomma, c'è un mercato sommerso che in qualche modo si vuole andare a colpire.

Irrisione perversa

Ma torniamo al nostro Alien: Isolation e alle sue vendite che fino a pochi giorni fa i videogiocatori credevano ottime. Riprendiamo anche una delle domande che i videogiocatori si sono posti con una certa forza, quasi a voler irridere la dichiarazione di Creative Assembly: non sapevano che gli horror in prima persona non vendono?

Più spietato di Alien

Rispondiamo con un'altra domanda: bene, avete ragione, vendono poco e non garantiscono risultati, quindi cosa ci volete dire, che i publisher farebbero bene a produrre solo titoli mono genere che gli garantiscano dei guadagni? Con la vostra irrisione ci state dicendo che non è giusto rischiare qualcosa di diverso in un mercato dei tripla A ormai stantio? I tripla A sono difficili da sviluppare. I tripla A costano e non è possibile ridurre questi costi oltre una certa quota, perché i giocatori pretendono un certo livello tecnologico da questa fascia di titoli, livello che solo un grosso investimento permette di raggiungere. Se ogni tentativo di diversificazione viene frustrato dalla scarsa risposta del pubblico, quale futuro ci viene prospettato se non l'omologazione completa delle produzioni per cercare di limitare i danni? Come vedete è in quell'irrisione che risiede parte della spiegazione di ciò che è diventato il mercato core. Ed è in un contesto del genere che si sono insinuati dei nuovi mercati, unici capaci di ridurre i costi di produzione e andare a colpire un'utenza che altrimenti non si sognerebbe minimamente di spendere soldi in videogiochi (quindi con molte meno pretese).

Liberi di giocare

Immaginiamo che un publisher investa cinquanta milioni di euro (nemmeno troppi, viste le cifre che girano) per un videogioco tripla A con un ciclo di produzione di tre anni. Quella cifra sarà di fatto sospesa tutto il periodo di sviluppo, passata la quale dovrebbe iniziare a rientrare con le vendite. Come sappiamo sono pochi i titoli del mercato tradizionale che hanno garantito il rientro degli investimenti fatti, ma mettiamo che le vendite del nostro titolo garantiscano il pareggio e un utile di due milioni di dollari. Si tratta di un risultato positivo? Sì, ma solo se non si hanno alternative.

Ricordate Max Payne 3? 5 milioni di copie vendute, ma fu un insuccesso
Ricordate Max Payne 3? 5 milioni di copie vendute, ma fu un insuccesso

Adesso prendete la stessa cifra investita per il nostro gioco e mettetela in quanti? Settanta titoli free-to-play mobile sviluppati da studi che spesso non raggiungono nemmeno le dieci persone? Ovviamente non sarebbero fatti uscire tutti lo stesso anno, ma sarebbero distribuiti in periodi differenti. Così anche l'investimento sarebbe dilazionato e, di conseguenza, più controllabile. Ora, se anche soltanto il 20% di quei prodotti iniziasse a generare utili, potete stare certi che sulla lunga distanza si tratterebbe di un affare migliore di quello del singolo tripla A di cui sopra. Un po' perché i free-to-play di successo hanno un'onda decisamente lunga e non si esauriscono commercialmente dopo un mese di ingresso sul mercato, garantendo invece grossi introiti per un periodo molto più lungo; un po' perché i titoli che il successo non l'hanno ottenuto potrebbero essere rimossi dai vari store senza grossi contraccolpi economici. Certo, non è un mercato privo di rischi, ma è molto più fluido di quello dei tripla A, segnato da step che se sbagliati possono significare l'andata in fumo di decine di milioni di dollari. Così, in proporzione, quei due milioni guadagnati con il nostro gioco tripla A sono molto più rischiosi di, per dire, un milione guadagnato con un free-to-play. Mettiamoci anche un altro fattore che non va sottovalutato: i minori investimenti richiesti per produrre un gioco free-to-play (o vicino a questo modello di business) permettono a più operatori di provare a entrare sul mercato. Ricordate? "Realizzare giochi tripla A per console è dannatamente difficile", e non tutti possono permettersi di affrontare quella difficoltà, ma sono molti quelli alla ricerca di una possibilità. Insomma, il caso di Alien: Isolation ci racconta molto di più di quello che poteva sembrare in apparenza, perché ci permette di spiegare in modo più completo le dinamiche del mercato attuale, che nella sua atomizzazione appare incomprensibile ai più. Ne trarremo qualcosa? Oppure continueremo a far finta di niente?