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Cosa i videogiochi ci hanno insegnato sulla vita

Non solo passatempi, ma una vera scuola di vita!

SPECIALE di Lorenzo Fantoni   —   14/02/2016

I videogiochi sono passatempi favolosi, a volte scemi, a volte geniali. Ci fanno piangere, ridere, arrabbiare, esaltare: un caleidoscopio di emozioni che solo chi gioca può capire e apprezzare. Quello che forse non tutti si aspettano è che nascoste tra le righe di codice possono esserci vere e proprie lezioni di vita, che spesso ci sfuggono perché siamo troppo impegnati e concentrati sulla fine del livello. Eppure sono proprio là, che aspettano di essere colte, perle di saggezza che potrebbero togliere dal volto di chi disprezza la nostra passione quella smorfia di disgusto quando prendiamo il joypad in mano. Noi ne abbiamo scelte cinque, ma siamo sicuri che ce ne sono molte di più, diteci le vostre!

Ecco cinque lezioni di vita che ci hanno insegnato i videogiochi. Le vostre quali sono?

I successi svaniscono, i problemi si accumulano

Ripensate con calma all'ultima volta in cui avete fatto qualcosa di bello. Quanti vi hanno fatto un complimento? Quanto è durata la gioia per esserci riusciti? Avete ricevuto premi o riconoscimenti? Ecco adesso ripensate all'esame fallito, al lavoro arretrato, a un litigio nato in seguito a un malinteso. Per quanto tempo l'eco negativo di questa cosa si è accumulato sulla vostra "scrivania mentale"? Per quanto ci siete stati male? Probabilmente riflettendoci un po' vi renderete contro che le cose belle passano e spariscono molto più velocemente dei problemi che, anzi, tendono a schiacciare sotto il loro peso anche i momenti più belli della nostra vita. Sapete quale fantastico gioco ci insegna molto sotto questo punto di vista? Tetris. In questo puzzle game non c'è tempo per gioire delle cinque linee che abbiamo fatto sparire perché un nuovo pezzo, una nuova sfida, sta già arrivando dall'alto e dobbiamo capire subito come gestirlo. Al contrario, quel maledetto pezzo a T che non avevamo incastrato alla perfezione ci perseguiterà per chissà quanto tempo prima di sparire del tutto. E semmai accadrà, non aspettatevi doni dalla fortuna, perché il pezzo lungo che tanto desiderate non arriverà solo perché lo volete voi.

Meglio lasciar perdere le utopie

Un uomo ricco di idee e di carisma, una città che nasce con le migliori intenzioni e poi l'inevitabile declino verso un disastro dalle proporzioni immani. Se c'è una cosa che BioShock ci ha insegnato è che tentare di creare una civiltà perfetta in cui tutti vanno d'amore e d'accordo (magari su principi simil cristiani) è una facile ricetta per la catastrofe. Sia BioShock Infinite che i capitoli precedenti si basano sull'idea di un uomo illuminato, un patriarca caratterizzato da slogan altisonanti e visionari che vuole modellare il futuro secondo alcuni principi di benessere condiviso e universale che però col tempo vengono puntualmente distorti fino a trasformare quella promessa di paradiso in una dittatura. Quello che questi giochi ci ricordano è che il mondo ideale non esiste e chiunque cerchi fortemente di creare una società utopistica e priva di ogni forma di dissenso sta molto probabilmente solo plasmando qualcosa che sia al servizio dei suoi personali valori, bisogni e obiettivi. Se poi nel mix si dovessero inserire anche modifiche genetiche, bambine inquietanti, portali dimensionali e gente in grado di evocare fiamme o stormi di corvi, la situazione di certo non potrà che precipitare.

Catarsi e grandi imprese richiedono sacrificio

La saga di Metal Gear Solid è piena di lezioni importanti sulla natura dell'uomo e sul suo essere fondamentalmente una creatura alla continua ricerca di conflitto e potere. La lezione più grande tuttavia non ci arriva dal suo protagonista, ma da due delle sue più importanti figure femminili: Sniper Wolf e The Boss. La prima è perennemente alla ricerca di se stessa dopo che profondi traumi infantili l'hanno portata a filtrare il mondo attraverso la lente di un mirino di precisione, nella speranza che prima o poi arrivi qualcuno a strapparla da quella vita che non ama, ma che è troppo codarda per mollare. The Boss ci ha dato una grandissima lezione agendo sotto copertura e compiendo una missione importantissima senza chiedere né ottenere alcun riconoscimento, anzi, morendo da traditrice per mano del suo pupillo. Forse non sarà valido per ogni situazione, ma entrambe ci hanno senza dubbio trasmesso un messaggio: le imprese veramente grandi della vita non terminano con qualcuno che ci stringe la mano o con una parata, ma sono anzi molto spesso costellate di sacrifici che solo chi li compie può capire.

È importante avere al nostro fianco la persona giusta

Master Chief è un soldato unico nel suo genere, una macchina da guerra racchiusa in un uomo, in grado di seminare morte e terrore tra le fila nemiche, tanto da essersi guadagnato il soprannome di "Demone" presso le truppe Covenant. John-117 sembra infatti il classico tipo in grado di cavarsela da solo in ogni situazione, l'eroe capace di sopportare il peso del mondo e affrontare centinaia di battaglie per salvare l'umanità... ma vi siete mai chiesti cosa sarebbe senza Cortana? Che fine avrebbe fatto il guerriero leggendario senza quel piccolo ologramma blu in grado di aprirgli ogni porta, hackerare ogni sistema o confortarlo nei momenti più difficili? Master Chief è senza dubbio uno stratega fenomenale, ma nello strano rapporto che si è creato nel corso degli anni tra l'uomo e la macchina, lui è il braccio e Cortana è la mente. In questo la saga di Halo ci insegna che per fare grandi cose è indispensabile avere accanto la persona giusta, qualcuno che sappia incoraggiarci e darci la spinta giusta quando ne abbiamo bisogno. Talvolta questa persona arriva quando meno ce lo aspettiamo, spesso la incontriamo per caso e dobbiamo proteggerla da tutto e da tutti perché avvertiamo subito che è lei a dare senso alla nostra vita, che senza di lei perderebbe di ogni significato.

La vita non diventa più facile, siamo noi che diventiamo più bravi

Demon's Souls e Dark Souls sono fondamentalmente una lezione di vita nascosta nel codice di un videogioco. Sono tra i pochi titoli in un mare di esperienze facili e guidate che non ti prendono mai per mano, non ti dicono niente e anzi ritengono che il giocatore sia abbastanza intelligente per farcela da solo. Sono giochi che ci aprono gli occhi e ci insegnano che chi ci stima davvero, chi crede in noi e vuole realmente aiutarci non ci tratta come fossimo dei bambini, ma come uomini. Ma non solo, perché morte dopo morte, errore dopo errore capiamo che la vita non diventa più facile solo perché lo vogliamo, piuttosto siamo noi che col tempo, attraverso mille ferite e tantissime esperienze, diventiamo più forti. Giocando a Dark Souls arriva sempre il momento in cui volgiamo per un attimo lo sguardo indietro, ripercorrendo con le memoria i primi minuti di gioco e pensiamo: "guarda fin dove sono arrivato, pensare che all'inizio sembrava così difficile...". Be', lo era, ma è bello scoprirsi talmente bravi da averlo superato, soprattutto di sorprenderci perché in principio non lo sapevamo.