20

Le criptovalute per i videogiochi: opportunità e incognite

Termini come blockchain e crypto stanno per invadere anche i videogiochi, con i primi progetti già ai cancelletti di partenza: opportunità e rischi di una rivoluzione

SPECIALE di Umberto Moioli   —   22/03/2018

Da un anno a questa parte le criptovalute sono entrate prepotentemente nella quotidianità di tutti noi. Non importa che sappiate qual è il numero di Bitcoin che potrà essere "estratto", come funziona il mining di qualche esotico alt coin russo o in che modo fare trading utilizzando le Elliot Wave, le Ichimoku Cloud oppure la lettura delle candle giapponesi. Vi basti sapere che con ogni probabilità delle migliaia di criptovalute in circolazione e di tutte quelle che verranno, la maggior parte farà una brutta fine ma quelle che resteranno assumeranno un peso crescente nella vita di tutti i giorni. Il mercato dei videogiochi, uno dei più attenti e reattivi alle novità in ambito tecnologico, non è stato a guardare e già alla GDC 2018 abbiamo assistito al fiorire di monete dedicate, pensate per entrare a far parte della quotidianità di noi giocatori. Le più interessanti vogliono risolvere problemi legati alla monetizzazione e alle micro transazioni per l'acquisto di oggetti in game. L'orizzonte è molto interessante ma le sfide e le insidie non mancano.

Le criptovalute per i videogiochi: opportunità e incognite

Oggetti virtuali, problemi reali

La necessità dietro a iniziative come EnJin e Dmarket, la problematica a cui vogliono dare una risposta è semplice: oggi come oggi qualsiasi oggetto virtuale acquistato in un gioco resta all'interno dello stesso e non è effettivamente posseduto dal giocatore. Ci sono alcune eccezioni ma sono poche e sempre confinate entro certi limiti. Se il gioco cala d'interesse e va offline, l'oggetto si perde; se il giocatore cambia passatempo o titolo, lo stesso finisce in un limbo dal quale non emergerà quasi certamente più. Tramite la tecnologia blockchain, proprietaria oppure no, dato che ad esempio EnJin sfrutta quella molto apprezzata di Ethereum, queste compagnie permettono di portare gli oggetti al di fuori del gioco e tenerli custoditi all'interno del proprio portafogli virtuale. Questo vuol dire che in un certo senso quella spada o quel pezzo di armatura, ma anche quelle monete, sono effettivamente nostre e, in teoria, possono accompagnarci da un prodotto a un altro. Per rendere l'idea di come questa cosa possa funzionare, facciamo un esempio. Lo sviluppatore compra degli EnJin attraverso un qualsiasi exchange che lo scambia, diciamo Binance per citare il più popolare, quindi avrà uno strumento che gli permetterà di trasformare questi EnJin Coin nella valuta virtuale del suo gioco, utile per acquistare un'arma, dei pacchetti di carte e qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Oppure direttamente negli item stessi.

Le criptovalute per i videogiochi: opportunità e incognite

Lo scambio di queste monete e questi oggetti avverrà di fatto al di fuori del gioco, così come il loro salvataggio, quindi saranno protetti dagli inconvenienti sopra citati e potranno essere trasportati da una parte all'altra. Un po' come accade per qualsiasi bene fisico. Il processo di trasformazione non è inoltre definitivo, quindi l'utente può prendere le sue valute e i suoi oggetti virtuali per fargli fare il percorso inverso, trasformandoli in EnJin Coin e, volendo, andando su quello stesso exchange (o un altro) utilizzato dallo sviluppatore per scambiarli con un hard o alt coin di suo piacimento, quindi in denaro vero e proprio. L'idea è accattivante e il supporto di motori come Unity, Godot, Unreal Engine e Lumberyard farà sì che la monetizzazione di ogni gioco, anche il più piccolo, diventi facile per ciascuno sviluppatore a prescindere dalle sue possibilità. A quel punto per il team di sviluppo non resta che scegliere come guadagnarci: una percentuale sulle transazioni, vendendo a prezzo maggiorato la valuta in game e così via. Fare una casa d'aste simile nella sostanza a quella di Diablo III delle origini, per capirci, non sarà molto complesso. In maniera analoga pensate a un titolo competitivo dove per accedere a un torneo bisogna depositare un tot di monetine del gioco fatte con gli EnJin, e chi vince si prende tutto: sarebbe come vincere del denaro. Le possibilità sono molte e non è assolutamente detto che ci siano risvolti negativi perché a decidere il successo di qualsiasi prodotto sono i suoi utenti, quindi i giocatori avranno l'ultima parola su ogni iniziativa. Però è indubbio che sta per arrivare un'era in cui sarà più facile che mai attribuire un valore in denaro a qualsiasi bene virtuale, scambiarselo, vincerlo o perderlo. Molto dipenderà dalle prime storie di successo, se ci saranno, che porteranno a una più rapida adozione di questo genere di prodotto, mentre non sappiamo come i grandi publisher si porranno rispetto a questa per ora piccola ma potenzialmente travolgente rivoluzione. Per il momento non sembrano esserci segnali di apertura ma le cose possono cambiare in fretta e fino a qualche anno fa i colossi del settore non avevano nemmeno dimestichezza con concetti come come microtransazioni, DLC e free to play, oggi la realtà è diversa. Il fiorire di siti sui quali vendere esternamente beni virtuali suggerisce che c'è molta richiesta, abbastanza da giustificare l'impegno necessario per usare questi portali, perciò soluzioni integrate potrebbero avere presto la meglio. I tempi in cui facevano notizie certe proprietà di Second Life vendute a prezzi folli saranno presto un lontano ricordo, superate in magnitudine da ben altri exploit.

Le criptovalute per i videogiochi: opportunità e incognite