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Assassin’s Creed Valhalla, un viaggio per immagini

In questo viaggio per immagini vi accompagneremo, attraverso parole e scatti in-game, all'interno dei selvaggi territori dell'Inghilterra di Assassin's Creed Valhalla

SPECIALE di Mattia Pescitelli   —   20/01/2021

È passato un po' dall'ultimo "viaggio per immagini" (che aveva visto come protagonista Ghost of Tsushima), ma siamo felici di tornare a proporvi questo format, il quale (per chi non lo conoscesse) consiste nel racconto di una nostra sessione di gameplay passata all'interno di un titolo, senza alcun obiettivo specifico prefissato; il tutto attraverso parole e immagini.
A lasciarci trasportare, questa volta, è stato il nuovo, apprezzato capitolo della saga di Assassin's Creed.
Partendo dall'ultimo salvataggio, ci siamo abbandonati alle sensazioni, alle atmosfere e agli eventi che accadevano intorno a noi, il che ci ha condotti in un lungo viaggio attraverso l'Inghilterra, fino a raggiungere gli invalicabili confini del fu Impero romano, segnati dalla sinuosa e antica cicatrice che segna le terre di Britannia, il Vallo di Adriano.
Non indulgiamo oltre e immergiamoci in questo viaggio per immagini all'interno di Assassin's Creed Valhalla.

Il seguente articolo contiene alcuni spoiler visivi riguardanti pezzi di equipaggiamento e ambienti di gioco. Se volete evitare anticipazioni, vi consigliamo di non continuare la lettura, anche se ciò che viene mostrato non riguarda sezioni importanti della storia principale.

Partenza da Dover

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Il legno marcio di un vecchio pontile scricchiola sotto i nostri piedi. Le onde del mare si abbattono leggere sui piloni immersi nelle acque costiere della Manica, dove le correnti del Mar del Nord e dell'Oceano Atlantico si incontrano.
Il sole è sulla via del tramonto; sta concedendo l'ultimo inchino alle bianche scogliere alle spalle di Eivor. Lei ha il cappuccio calato sul volto, probabilmente per via dell'ultima attività che abbiamo svolto con lei, oppure solo per un vezzo stilistico del quale non abbiamo memoria. Sappiamo solo che ci troviamo su di una vecchia e squallida passerella nei pressi di Dover.

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Il nostro equipaggio aspetta dinanzi a noi, sulla nostra nave lunga. Attirati dal fruscio delle onde e dall'immaginifico sentore di salsedine che sembra permeare ogni singola superficie nei pressi di questo molo malandato, saliamo a bordo e prendiamo il comando della nave. Non sapendo verso quale direzione prendere il largo, decidiamo di lasciarci guidare dal tramonto.

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Gli ultimi raggi del sole si abbattono con tutta la loro forza sulle frastagliate coste meridionali dell'isola britannica.
Synin, il nostro falco (in origine corvo), sorveglia la nostra imbarcazione dall'alto e si lascia trasportare dal forte vento che gonfia la nostra vela.

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Piccole imbarcazioni vengono mosse dalle calme onde serali, mentre i pescatori su di esse si apprestano a catturare le ultime prede prima della fine della giornata.
La luce inizia a calare sempre più, fino a che le prime stelle non cominciano ad apparire per introdurre alla nostra vista l'immensa Via Lattea.

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Risalendo il fiume

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Con il calare del sole, decidiamo che è arrivato il momento di lasciare la costa e di addentraci negli intricati dedali fluviali che squarciano l'Inghilterra. Eivor intima ai suoi guerrieri di abbassare la vela e iniziare a remare.
Questo è un viaggio che va assaporato. Fin troppe volte ci siamo lasciati guidare dai fiumi del gioco, ma non ci siamo mai lasciati veramente "trasportare" da essi.

Il vento cessa il suo chiassoso monologo; i remi spezzano l'incedere delle tranquille acque del fiume mentre il drakkar lo dilania delicatamente con la sua prua.

Sembrerebbero le rive di una terra inesplorata, se non fosse per le sporadiche capanne in paglia che ogni tanto sbucano dalla fitta vegetazione fluviale e per i decadenti ponti in pietra eretti dai precedenti invasori romani. Nessun volto umano, nessun corpo, nessuna figura in lontananza.
Gli aironi e i pesci sembrano essere gli unici abitanti di questo luogo, e non si trovano neppure sulla terraferma.

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La nave pare essere l'unica causa e fonte dei rumori che ci circondano.
D'un tratto, lo scaldo inizia a intonare un canto che ripercorre una delle nostre imprese in Inghilterra. La sua voce diventa la colonna sonora di quella silenziosa notte sul fiume; totalmente anomala, eppure inesorabilmente armoniosa.

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In lontananza, dalla fitta nebbia emerge il campanile di un monastero, ora adibito a torre di guardia per prevenire eventuali assalti vichinghi.
La croce celtico-cristiana, simbolo privo di interesse per i viaggiatori fluviali che si stanno apprestando ad attraversare il fiume senza dare troppo nell'occhio, è fieramente esposta in una colorazione dorata su di un candido stendardo.
Le guardie sassoni sulla riva non sembrano far caso al nostro lento passaggio. Senza trattenerci oltre, procediamo, cullati dalle calme acque del fiume.

La via bloccata

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Una brusca curva del corso d'acqua apre dinanzi a noi uno scenario tutt'altro che pacifico. La soave voce dello scaldo cessa il suo canto.
Il percorso è bloccato da una spessa catena di ferro che fuoriesce da un forte di modeste dimensioni per raggiungere una torre di guardia sull'altra riva. Se decidessimo di procedere, sicuramente la corsa della nostra nave verrebbe arrestata dal possente blocco fluviale.
Così decidiamo di colpire il nemico di sorpresa con una fulminea e non ponderata razzia.

Eivor estrae il suo corno da battaglia e soffia al suo interno con tutto il fiato che ha nei polmoni.

Il suono squarcia improvvisamente la stretta di Morfeo che avvolgeva delicatamente gran parte del plotone sassone.
Synin sorvola il forte, entrato improvvisamente in uno stato di caos scandito dai tintinnii del metallo. La nostra piccola armata riesce a superare con facilità le difese perimetrali nemiche.
Come una furia, Eivor si abbatte sui nemici, i quali cascano ai suoi piedi man mano che procede verso il torrione principale.

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Raggiunto il mastodontico meccanismo che mette in funzione la catena, Eivor impugna il suo arco e scaglia due frecce sulle giunture lignee che bloccano quest'ultima.
Con un grande tonfo, il passaggio è libero e la minaccia debellata.

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Mentre saliamo nuovamente a bordo, un corno alleato avvisa i membri dell'equipaggio che è arrivato il momento di rimettersi in marcia.
Il sole, nel frattempo, torna a mostrarsi attraverso i primi raggi del mattino, che si adagiano candidamente sul volto dei guerrieri, riscaldandone il corpo e lo spirito.

Un luogo di potere

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Accecati dalle prime luci mattutine, seguiamo a stento l'andare del fiume, quando, all'improvviso, scrutiamo un imponente megalito sulla riva alla nostra sinistra. Decidiamo immediatamente di fermarci.

L'aria sembra addensarsi nei pressi dell'antico sito. Su di un monolito si trovano le testimonianze del viaggiatore Brandano da Clonfert, che riportano la sua esperienza in questo luogo di potere.

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Eivor ricorre alla Vista di Odino per scrutarne i segreti. Alcune rocce vengono solcate improvvisamente da un deciso bagliore.
Cerchiamo di spostarci in modo tale da riuscire a far coincidere le linee di quello che ha tutta l'area di essere un antico simbolo celtico. Per fare ciò, usufruiamo di una piccola imbarcazione ormeggiata a riva, portandola nella direzione migliore dalla quale osservare il segno.
All'improvviso, un suono grave e l'intensificarsi della luce emanata dal simbolo ci indicano che abbiamo completato la sfida. Eivor, allora, si inginocchia e inizia a meditare.

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Il paesaggio sonoro inizia ad animarsi con maggiore intensità. Alcuni uccelli cinguettano tra i rami degli alberi. Qualche pesce salta sporadicamente fuori dall'acqua, per poi ripiombarci dentro con egual decisione.
Una volpe si avvicina furtiva e si ferma a guardare la donna, per poi fuggire non appena quest'ultima fa ritorno dal suo viaggio spirituale per riprendere il lungo cammino verso mete ignote.

Terre ancestrali

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I remi iniziano nuovamente a incidere forsennatamente le fredde acque inglesi. Mentre il sole continua ad alzarsi, lo scaldo torna a intonare le sue melodie seguendo il fruscio delle foglie al vento.
All'orizzonte appare Glowecestre. Dai confini della quieta cittadina si alzano ancora le ceneri di quell'atto rituale così bizzarro, eppure così familiare agli occhi di Eivor, al quale abbiamo assistito tempo addietro.
Come in una sorta di gesto di reverenza, il nostro drakkar si inclina leggermente a causa della brusca virata dovuta al flusso del corso d'acqua.

Con la stessa, rilassata andatura, raggiungiamo le terre del maestoso Sciropescire.
Più di una volta siamo rimasti ammaliati dalla bellezza di questa regione. Di conseguenza, ci è sembrato inopportuno continuare a seguire il fiume e perdersi le sbalorditive vedute che questa terra ha da offrire. Così, abbiamo ordinato all'equipaggio di fermarsi.

I piedi di Eivor hanno nuovamente toccato la terraferma. Tutt'intorno, un'esplosione di colori. In questo luogo il cielo e la terra vivono una costante lotta; un contrasto primordiale e inscindibile.
Con il cappuccio alzato e lo sfarzoso mantello che copre gran parte del corpo di Eivor, ci incamminiamo su per la collina.

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A differenza della numerosa fauna dei territori fluviali, sui pendii dello Sciropescire non si trovano troppi esseri viventi di grandi dimensioni.
Solo qualche insetto abita questi territori privi di riparo, troppo aperti per qualsiasi preda o predatore (compreso l'uomo). Eppure, proprio questa assenza, questo costante senso di solitudine, è ciò che rinvigorisce.
Un luogo che non ha nulla da offrire se non lo stupore nato da un ambiente inospitale.

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Arrivati in cima all'altura, siamo in grado di scrutare un panorama che toglie il fiato: sulla destra, le rovine di antichi templi e costruzioni romane decorano uno scosceso pendio; a sinistra, le montagne innevate della Northumbria si estendono a perdita d'occhio; di fronte, un lago funge da smistatore di acque. Il fiume sul quale stavamo navigando ci avrebbe portato proprio all'interno di quest'ultimo.

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Toltici questo piccolo e soddisfacente sfizio, scendiamo verso la riva del lago, passando per un piccolo boschetto di alberi, rossi come il fuoco.
Arrivati nei pressi del lago, decidiamo di tornare a navigare con la nostra nave lunga, che prontamente risponde alla nostra chiamata.

Un altro tramonto

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Il vento accarezza nuovamente il volto di Eivor mentre il suo equipaggio rema in direzione del prossimo fiume. Più stretto del precedente, questo nuovo corso è scandito da diversi ponti, anch'essi di più modeste dimensioni.

Questa è una terra di monasteri; l'ultimo baluardo cristiano prima delle conquiste pagane a nord.
Ci troviamo improvvisamente nei pressi di un villaggio di pescatori. L'acqua qui è molto bassa e il drakkar rischia spesso di arenarsi, ma riusciamo comunque a superare il tratto fluviale, abbastanza trafficato.

Diversi individui testano la loro fortuna lanciando la lenza nei punti dove i pesci nuotano in maggiore quantità. Alcuni bambini giocano lungo la riva, lanciano pietre in acqua, pescano con i genitori.

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Il fiume si allarga improvvisamente, sfociando in un grande lago.
La palafitta di un pescatore, accesa dagli intensi raggi solari, coglie subito la nostra attenzione. Ci voltiamo verso questi ultimi. Un altro giorno è passato.

Un mare di nebbia

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Man mano che procediamo, la pietra dei luoghi di culto lascia spazio al legno degli insediamenti criminali.
Maggiormente sospetti e aggressivi rispetto all'armata reale, i banditi non gradiscono il nostro passaggio e più di una volta la sensazione di pericolo imminente ci assale. Tuttavia, il loro interesse decade come il sole, ormai coperto dalle fronde degli alberi che delimitano la riva. In men che non si dica, la notte è su di noi.

Il fiume si apre nuovamente, portandoci all'interno di un vasto lago, ancora più grande del precedente.
Qui, un monastero in rovina sorveglia l'area in tutta la sua inquietante decadenza. Sono presenti delle luci, quindi è sicuramente abitato e, presumibilmente, fortificato per proteggere i preziosi beni custoditi dai monaci.

Inizia a cascare qualche fiocco di neve, ma nulla di paragonabile alle vette innevate che riusciamo a scrutare in lontananza, a nord.
Una minacciosa foschia si abbatte sulle acque fluviali, fino a creare una sorta di soglia, impossibile da penetrare con lo sguardo.
Ci addentriamo nel banco di nebbia. Riusciamo a indirizzare il nostro cammino solo facendo affidamento ai lembi di terra che ogni tanto spuntano ai lati dell'imbarcazione.

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Man mano, la nebbia inizia a diradarsi e la neve inizia a cadere con maggiore intensità.
Viriamo a sinistra, in quanto sentiamo provenire da un affluente delle voci che ci incuriosiscono. Sono quelle di una pattuglia che sorveglia l'area. Ci ignorano, quindi continuiamo lungo la via.

Terra acquisita

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La neve copre completamente il terreno e la vegetazione, ma precipita calma e sporadica.
La corrente ci porta in vista di un grande tempio norreno. Eppure, siamo lontani dalle coste scandinave.
Che la nebbia ci abbia magicamente riportato nel materno ventre della nostra terra natia? Ovviamente non è così.

Quella che vediamo è Jorvik, un luogo completamente mutato dalla presenza norrena, tanto che sembra difficile associarla all'odierna York.

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Il fiume squarcia la città, dividendo le sue tre nature: quella britannica, quella romana e quella norrena. Ma, anche nella divisione, il centro culturale pare comunque un crogiolo di influenze e suggestioni senza soluzione di continuità. Superato l'alto ponte romano in rovina, ma adeguatamente rattoppato dalla nuova "fauna locale", continuiamo il nostro lungo viaggio, anche se sentiamo che il capolinea è ormai vicino.

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Il Vallo

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L'aria sembra gelida. La notte inizia a mostrare i primi segni di debolezza. Il fiume sul quale navighiamo ormai da parecchio tempo inizia a stringersi sempre più. D'un tratto, si tramuta in un piccolo torrente. Siamo arrivati al capolinea.

Il fiume è finito, ma sentiamo che il nostro viaggio non lo è ancora. Siamo arrivati fino a qui: tanto vale andare a vedere la "fine del mondo".
Così, facciamo scendere nuovamente Eivor dalla sua barca e la facciamo proseguire nel freddo territorio ghiacciato dello Eurvicscire settentrionale.

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I campi, coperti dal candido e uniforme manto di neve, iniziano ad accendersi. Alla nostra destra, il cielo comincia a mostrare i primi segnali della vittoria del giorno.
Imperterriti e spinti dallo spettacolo di colori che inizia a circondarci, continuiamo la nostra ascesa.

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Finalmente, scrutiamo i segni della civilizzazione, seppur appartenenti a una civiltà decaduta. Questa costruzione appare dapprima come un piccolo bastione immerso nella neve, ma in breve tempo diventa un infinito serpeggiare di pietre che si estende da oriente a occidente, apparentemente senza sosta.
Eivor lo potrebbe scambiare per Jǫrmungandr, il serpente che cinge il mondo, ma noi lo conosciamo come Vallo di Adriano, dove l'Impero romano trovava il suo limite ultimo in Britannia.

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Ci arrampichiamo perché vogliamo scrutare ciò che c'è oltre; quel mondo selvaggio che neanche il più grande impero occidentale è riuscito a domare.
Dinanzi a noi, solo neve. Chilometri e chilometri di terre innevate, apparentemente vuote, inospitali, letali. Eivor si toglie il cappuccio, mentre Synin si adagia sulla sua spalla, probabilmente esausta per il lungo viaggio alla quale la abbiamo sottoposta.
I caldi raggi del mattino scaldano i loro corpi, ricompensa ultima di un'avventura che le ha portate a seguire l'ignoto così a lungo da essere riuscite ad arrivare al suo cospetto.

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Qui si conclude il nostro viaggio per immagini dedicato ad Assassin's Creed Valhalla.
Speriamo sia stato di vostro gradimento tanto quanto è stato piacevole per noi scriverlo e catturarlo attraverso la photo mode del gioco.
Come al solito, aspettiamo i vostri pareri qui sotto, nei commenti.