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Dragon's Dogma 2: la strada impossibile verso il GDR perfetto

Dragon's Dogma 2 rappresenta la realizzazione del sogno di una vita di Hideaki Itsuno: ripercorriamo tutta la storia che ha portato fino all'esordio del sequel.

Dragon's Dogma 2: la strada impossibile verso il GDR perfetto
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   30/03/2024

Probabilmente il mondo è pieno di grandi creativi che stanno covando nel silenzio il proprio grande capolavoro, impegnati a rimuginare costantemente sugli snodi centrali di una vicenda, sulle note di una canzone o sulle meccaniche di un gioco, senza mai sapere con certezza se e quando tali opere vedranno la luce del sole. Nel mondo dei videogiochi queste situazioni possono rivelarsi ancor più logoranti rispetto agli altri media, perché anche le ambizioni più grandiose e promettenti devono costantemente confrontarsi con la volontà dei finanziatori, con le correnti del mercato e soprattutto con l'immensa mole di risorse ormai necessarie per costruire gli universi virtuali di una certa scala.

Questa è stata praticamente la storia della vita professionale di Hideaki Itsuno: approdato nel 1994 nelle file di Capcom, nel ruolo di game designer si è trovato a lavorare a strettissimo contatto con il genere picchiaduro, trovandosi costretto a chiudere dentro un cassetto il grande sogno che l'aveva accompagnato per tutta la vita, fin dagli istanti in cui ancora frequentava le scuole, ovvero quello di realizzare un grande gioco di ruolo di stampo fantasy.

Hideaki Itsuno al momento del debutto di Devil May Cry 5
Hideaki Itsuno al momento del debutto di Devil May Cry 5

Un sogno d'infanzia: è proprio così che potremmo definire il concetto alla base di Dragon's Dogma, considerato a lungo un titolo per certi versi irripetibile, una gemma sospesa nel tempo e diversa da tutte le altre. Fu solo nel 2000, maturati i primi sei anni di servizio, che Itsuno si mise concretamente al lavoro sulle fondamenta del progetto, tratteggiando i contorni dei primissimi sistemi - fra cui figuravano le leggendarie pedine - che sperava di poter presentare al direttivo dell'azienda. Tuttavia, prima che potesse ultimare il documento di design e dal momento che aveva da poco concluso i lavori su Capcom vs SNK 2, fu assegnato dai superiori alla direzione di un Devil May Cry 2 che allora si trovava nel caos più totale, finendo per trovarsi imprigionato in un loop di produzioni che l'avrebbero tenuto impegnato per altri otto anni.

Il momento tanto atteso giunse solo nel 2008, quando Capcom domandò ai dipendenti di presentare attivamente idee col potenziale di vendere almeno un milione di copie. Allora colse al volo l'occasione per assemblare il pitch che aveva inseguito per quasi vent'anni: questa è la storia di Dragon's Dogma, nonché di tutte le idee, gli inciampi, i problemi e i sogni che sono infine confluiti in Dragon's Dogma 2.

Primo contatto: un'idea impossibile

La prima versione del documento di design di Dragon's Dogma ruotava attorno a tre pilastri fondamentali
La prima versione del documento di design di Dragon's Dogma ruotava attorno a tre pilastri fondamentali

C'è stato un momento in cui l'evoluzione tecnologica ha convinto Hideaki Itsuno che, per quanto folle, forse la sua idea sarebbe potuta diventare realtà: quello di un gioco di ruolo all'occidentale basato su un sistema di pedine - immaginate per replicare l'esperienza delle classiche "bulletin board" agli albori di internet - era ancora poco più d'un miraggio nel Giappone di inizio 2000, ma l'industria aveva iniziato a spalancare inattesi spiragli. Il medesimo discorso vale per la struttura a mondo aperto, che nonostante l'enorme diffusione conosciuta a partire dalla settima generazione di console - nell'era di Xbox 360 e PlayStation 3 - non sembrava ancora in grado di convincere né l'industria orientale né tanto meno Capcom, dal momento che nessuno prima di Itsuno aveva osato presentare un concept di quel genere. Tutte queste ispirazioni confluirono nei tre pilastri alla base dell'originale documento di design di Dragon's Dogma, risalente al 2008: un sistema di comunicazione asincrona basato sulle rivoluzionarie pedine, un'architettura da gioco di ruolo all'occidentale orientato verso l'azione, nonché l'implementazione della struttura a mondo aperto, allora osservata con grande diffidenza.

Particolare enfasi fu posta proprio sul sistema delle pedine, un'idea che non fu mai realmente compresa dai dirigenti e dai colleghi dell'autore fino al momento del debutto ufficiale: definiti in fase di sviluppo come "CMC", ovvero "Custom Mercenary Characters", questi personaggi non giocabili avrebbero dovuto dimostrarsi in grado di apprendere nozioni, di comunicare con il giocatore, ma soprattutto di accompagnarlo in un'avventura altrimenti indecifrabile, gettando le fondamenta di un intricato e innovativo modello di multigiocatore asincrono ricamato sull'anima della più pura delle avventure. In parole povere, Itsuno mirava a replicare il fenomeno delle prime board di internet, i nostri forum, sfruttando questi particolari avatar integrati nel gameplay: inviando una pedina in viaggio con un altro giocatore, quella sarebbe poi tornata all'ovile per condividere tutto quanto imparato, specialmente i segreti, la zoologia e la geografia del mondo di gioco.

Inizialmente le pedine avrebbero dovuto essere anche personaggi non umani, mostriciattoli e mostri veri e propri
Inizialmente le pedine avrebbero dovuto essere anche personaggi non umani, mostriciattoli e mostri veri e propri

A margine, Itsuno aveva tenuto sotto stretto controllo determinate esperienze pubblicate nel corso degli anni precedenti, enormi successi dei quali tuttavia il consiglio d'amministrazione della vecchia Capcom non sapeva praticamente nulla, ovvero The Elder Scrolls IV: Oblivion e Fallout 3 di Bethesda, seguiti a stretto giro da Fable II di Lionhead Studios. L'autore si era domandato a lungo quale fosse il minimo comune denominatore che aveva permesso a tali produzioni di vendere oltre due milioni di copie, giungendo alla conclusione che si trattasse di una miscela a base di tre elementi fondamentali: il realismo, l'elevato grado di libertà, ma soprattutto l'accessibilità della formula d'azione, che si dimostrava sempre prevalente sull'impianto 'ruolistico' che allora dominava la scena giapponese.

Questa divenne l'anima di Dragon's Dogma: quella di un gioco di ruolo d'azione ricamato attorno a quattro personaggi, di cui uno controllato dal giocatore e tre diverse pedine destinate a tramutarsi nella spina dorsale dell'intero sistema; prendendo ispirazione dai grandi successi dell'epoca, avrebbe poi aggiunto alle ricette la straordinaria esperienza di Capcom con il combattimento e la gestione dei controlli, prima di dedicarsi a quella che sembrava la sfida più grande: nella storia della casa, non era mai stato pubblicato un videogioco che non presentasse transizioni fra diversi livelli o diverse aree. Alla fine il consiglio d'amministrazione decise di approvare il progetto, ma si trattò di un'accettazione condizionata che impose una tassa pesantissima: i tempi di sviluppo ristretti, il budget ridotto e i mutamenti nell'allocazione della forza lavoro, avrebbero irrimediabilmente intaccato l'idea originale.

Dragon's Dogma, il sogno a metà

La prima versione della mappa di Dragon's Dogma avrebbe dovuto essere molto più vasta del risultato
La prima versione della mappa di Dragon's Dogma avrebbe dovuto essere molto più vasta del risultato

Dragon's Dogma fu ridimensionato più volte in fase di sviluppo: il lavoro di concetto dovette scontrarsi in almeno due occasioni con le restrizioni imposte dal budget e con la necessità di presentarlo al pubblico a cavallo fra il 2010 e il 2011. In occasione di una conferenza risalente alla GDC del 2013, Itsuno ha condiviso tantissimi retroscena, quelle che lui chiama "storie di guerra", raccontando un'opera decisamente più vasta e ambiziosa rispetto al prodotto finito. La prima versione della mappa consisteva per esempio di una vastissima isola punteggiata di oltre il doppio delle località presenti in Dragon's Dogma, accogliendo ambientazioni peculiari come la superficie della Luna e soprattutto la Endless Tower, ovvero un costrutto interdimensionale volto a integrare anche nella costruzione del mondo le meccaniche relative alle pedine. Quel mondo fantasy sarebbe stato poi condensato nella sola penisola di Gransys, la Luna venne tagliata assieme ad altre location, mentre la Endless Tower si trasformò nella base del dungeon Everfall.

Allo stesso modo, l'impianto narrativo era immaginato come un costante intreccio di missioni principali, attività secondarie, nonché eventi unici e irripetibili determinati a generare effetti l'uno nei confronti dell'altro, al fine di trasmettere l'illusione di muoversi nei confini di un mondo vivo e decisamente più profondo di quanto allora fosse possibile. In seguito ai primi tagli l'opera iniziò ad assottigliarsi e a rassomigliare il prodotto finito, tanto sul fronte geografico quanto su quello contenutistico, ma nonostante gli sforzi sforava ancora del 30% il tetto delle risorse a disposizione. Ciò accadeva attorno al 2010, anno in cui era prevista la pubblicazione del cosiddetto "The Phantom Trailer", un filmato di presentazione poi rimpiazzato in favore del trailer ufficiale rilasciato l'anno successivo. Con la data di lancio ormai dietro l'angolo, Dragon's Dogma andò incontro all'ultimo ciclo di rifinitura prima di consegnarsi nelle mani del pubblico a maggio del 2013.

Alla fine Dragon's Dogma vide la luce del sole in una versione ridimensionata che divenne comunque un culto
Alla fine Dragon's Dogma vide la luce del sole in una versione ridimensionata che divenne comunque un culto

Dragon's Dogma conobbe un'accoglienza per certi versi simile a quella del Demon's Souls di FromSoftware: ottenne buone valutazioni ma certamente non eccelse, raccolse una comunità di appassionati fedelissima ma assolutamente non enorme, e raggiunse infine numeri soddisfacenti nelle vendite, oltrepassando quel milione di copie cui la compagnia tanto anelava. Se li abbiamo accomunati, è perché entrambi raggiunsero lo stato di culto pur andando incontro a destini completamente diversi: mentre da una parte la formula fu evoluta e trapiantata nei confini di Dark Souls, dall'altra vide luce Dragon's Dogma: Dark Arisen, una versione riveduta e corretta dell'opera originale che teneva in grande considerazione il feedback ricevuto dagli utenti, prima di arricchire l'amalgama attraverso elementi inediti quali per esempio la celebre Bitterblack Isle.

A oggi Dragon's Dogma è arrivato a vendere oltre 7.9 milioni di copie grazie solo ed esclusivamente al potere del passaparola, che ha convinto orde di appassionati del genere a cercare dalle parti di Capcom un'esperienza RPG diversa da tutte le altre, radicata in un concetto d'avventura estremamente difficile da incontrare su altri lidi, soggetta a regole che talvolta possono sembrare strane, contro intuitive, magari anche arcaiche, ma che incapsulano fino in fondo la particolare visione dell'autore. Hideaki Itsuno, dal canto suo, non è mai stato davvero soddisfatto: fin dall'anno successivo alla pubblicazione ha espresso pubblicamente la volontà di cimentarsi in un sequel - esattamente com'era accaduto dieci anni prima in occasione della pubblicazione di Devil May Cry 2 - per tentare di portare sul palcoscenico un'opera che fosse più vicina possibile alla sua visione originale.

La strada verso Dragon's Dogma 2

Dragon's Dogma 2 mira a rendere realtà il sogno di Itsuno, ma il pubblico sarà disposto ad accettarne le regole?
Dragon's Dogma 2 mira a rendere realtà il sogno di Itsuno, ma il pubblico sarà disposto ad accettarne le regole?

L'originale Dragon's Dogma è spesso inquadrato come il primo spartiacque fra le due grandi ere di Capcom, una compagnia che nel corso degli ultimi dieci anni è cresciuta e si è soprattutto aperta al punto tale da trasformare la maggior parte dei suoi brand - sovente considerati come delle piccole nicchie - in alcuni fra i più grandi successi sul piano internazionale. È stato allora che Hideaki Itsuno, dopo aver restituito spolvero anche alla serie Devil May Cry, ha manifestato la volontà di riassemblare parte del team responsabile di Dragon's Dogma per mettere in cantiere un sequel, anzi, una produzione che fosse capace di arricchire e affinare tutti gli elementi che, in ragione delle restrizioni di tipo tecnologico e finanziario, allora non arrivarono mai a vedere la luce del sole.

Come abbiamo sottolineato nella recensione di Dragon's Dogma 2, ciò che più traspare dall'esperienza è la volontà di proiettare nel futuro gran parte delle idee concepite in passato, che per loro stessa natura possono risultare forti, disorientanti, proprio come fu all'epoca il primo capitolo, che in un certo senso torna in vita assieme a questo sequel. A spiccare è ancora una volta il senso d'avventura, strettamente legato a un sistema di missioni che riserva tutta la responsabilità al giocatore, rifiutandosi di tenerlo per mano e affidando invece alla simulazione e al solo sistema di pedine - di nuovo tra le fondamenta del progetto - il compito di dipanare la nebbia che avvolge il mondo di gioco e tutte le sue variabili.

Ancora una volta, Dragon's Dogma è un'avventura diversa da tutte le altre
Ancora una volta, Dragon's Dogma è un'avventura diversa da tutte le altre

La visione del gioco di ruolo open world portata avanti da Hideaki Itsuno durante gli ultimi sedici anni è qualcosa di molto diverso dalle formule a cui il grande pubblico è abituato, anche alla luce delle produzioni più innovative che sono emerse nel corso degli ultimi anni: il confine tra la scelta ponderata e il difetto non è mai stato tanto sottile. La speranza è che, questa volta, l'autore sia riuscito a esprimersi in totale libertà, trasformando in realtà quelli che erano i suoi sogni da bambino e consegnandoli nelle mani di un pubblico volenteroso di dargli un'occasione.