134

Perché il mercato tradizionale dei videogiochi è destinato a essere spazzato via dai mercati mobile e free-to-play

Quantomeno ne sarà ridimensionato. I numeri parlano chiaro: l'accesso gratuito e le tecniche racket di vendita dei contenuti stanno vincendo

NOTIZIA di Simone Tagliaferri   —   23/12/2016

Monster Strike. Immaginiamo che molti di voi non sappiano nemmeno cosa sia. Altri magari sì, ma probabilmente lo hanno adocchiato velocemente sull'App Store o su Google Play e poi si sono concentrati su altro. Eppure non stiamo parlando di un titolo qualsiasi, ma di quello che ha prodotto più ricavi nel 2016 dopo League of Legends per PC. Sì, più di Call of Duty: Infinite Warfare, più di Overwatch e probabilmente più di Grand Theft Auto V nell'anno di lancio. Installandolo occupa appena una manciata di megabyte e giocandoci scoprirete che è sicuramente curato, ma che complessivamente non va oltre il passatempo casual. Eppure è un colosso capace di muovere 1,3 miliardi di dollari nel solo 2016.

E se citassimo Dungeon Fighter e Crossfire? Che giochi sono? Chi ne parla? Eppure sono due giganti per PC capaci di generare ognuno 1,1 miliardi di dollari.

La caratteristica che accomuna tutti questi titoli è il loro modello economico, ossia quello free-to-play, ormai una realtà consolidata del mercato videoludico. Pensate che sommando i primi cinque titoli mobile per ricavi del 2016, ossia il già citato Monster Strike (1,3 miliardi di dollari), Clash of Clans (1,2 miliardi di dollari), Clash Royale (1,1 miliardi di dollari), Game of War: Fire Age (0,91 miliardi di dollari) e Mobile Strike (0,90 miliardi di dollari), si ottiene una cifra molto vicina a quelli che sono i ricavi dell'intero mercato console (6,6 miliardi di dollari) e al mercato premium per PC (5,4 miliardi di dollari).

Se prendiamo in considerazione il solo mercato free-to-play per PC abbiamo la cifra mostruosa di 18,6 miliardi di dollari, ossia un valore più che triplo rispetto al mercato premium. I primi cinque titoli sono il già citato League of Legends (1,7 miliardi di dollari), Dungeon Fighter (1,1 miliardi di dollari), Crossfire (1,1 miliardi di dollari), Wolrd of Tanks (0,40 miliardi di dollari) e DoTA 2 (0,26 miliardi di dollari).

Il mercato premium sembra essere sempre più un abbaglio, quasi un incidente di percorso. Tra PC e console genera ricavi per 11 miliardi di dollari. Un'inezia se pensiamo che l'intero mercato dei videogiochi muove 91 miliardi di dollari tra mobile, PC, console, esport, mercato video (Twitch, YouTube e affini) e realtà virtuale.

Prendiamo in considerazione il mercato premium PC: i titoli che hanno venduto di più sono quelli che garantiscono un supporto simile ai titoli free-to-play, ossia con nuovi contenuti pubblicati a ritmi regolari e un sistema di microtransazioni che spinge i giocatori a spendere altri soldi dopo l'acquisto iniziale. Non stupisce trovare al primo posto Overwatch (585,6 milioni di dollari), seguito dall'immancabile Counter-Strike: Global Offensive (257,2 milioni di dollari), quindi da Guild Wars 2 (91 milioni di dollari), da Minecraft (88,7 milioni di dollari) e da Fallout 4 (74,9 milioni di dollari). Da notare che, a parte Overwatch, gli altri quattro titoli non sono stati pubblicati nel 2016.

Per il mercato console si può fare un discorso simile, visto che troviamo in testa Call of Duty: Black Ops III (591,1 milioni di dollari), seguito da FIFA 16 (387,4 milioni di dollari), da Grand Theft Auto V (378,9 milioni di dollari), quindi da Tom Clancy's The Division (261,8 milioni di dollari) e infine da Destiny (214,1 milioni di dollari). In questo caso ci sono titoli più recenti, ma tutti con alcune caratteristiche simili: forte, quando non esclusiva, presenza dell'online, supporto costante e microtransazioni.

Insomma, è arrivato il momento di guardare in faccia alla realtà: quei mercati che venivano visti come secondari o accessori rispetto a quello tradizionale hanno ormai preso il sopravvento ed è logico che nei prossimi anni gli investimenti si spostino in quella direzione. Il mercato tradizionale ormai è diventato quasi il nonno scomodo, pieno di acquirenti perennemente insoddisfatti e malati di una strana sindrome per cui chiedono ciò che poi non acquistano (quantomeno a prezzo pieno). Non è un dramma, visto che ognuno fa le sue scelte, ma non si può chiedere ai publisher di investire in prodotti che non hanno clienti. Difficile prevedere un cambio di rotta nei prossimi anni.

Insomma, il futuro sembra essere fatto di giochi slot machine che come dei bravi spacciatori ti regalano la prima dose e poi ti fanno pagare le successive a caro prezzo. Nessuno ne parla, quasi ci si vergogna di giocarci, ma sono ovunque. Un po' ce la siamo voluta, ammettiamolo.

Nota finale: i dati riportati nell'articolo sono stati forniti dalla società di analisi SuperData Research. Registrandovi al loro sito potete scaricarli gratuitamente.